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L'ex Ilva di Taranto
Tutto da rifare per il processo “Ambiente Svenduto” relativo al reato di disastro ambientale contestato alla gestione Riva. Oggi pomeriggio con un’ordinanza la Corte d’Assise d’Appello ha annullato la sentenza di primo grado del maggio 2021 e disposto il trasferimento del processo a Potenza. La richiesta era stata avanzata dalla difesa di alcuni imputati in ragione del fatto che a Taranto non c’era un contesto sereno per il giudizio e che gli stessi giudici, vivendo nei quartieri delle parti lese, potevano ritenersi colpite potenzialmente dall’inquinamento della fabbrica.
La richiesta di trasferire il processo a Potenza era già stata avanzata in primo grado ma venne respinta dal collegio della Corte d’Assise, che arrivò regolarmente sino alla sentenza di fine maggio 2021. Le motivazioni della sentenza vennero depositate a novembre 2022 (oltre 3.700 pagine): in primo grado, furono inflitte 26 condanne (tra dirigenti della fabbrica, manager e politici) per 270 anni complessivi di carcere. La Corte d’Assise dispose inoltre sia la confisca degli impianti dell’area a caldo, che la confisca per equivalente dell’illecito profitto nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva forni elettrici per una somma di 2,1 miliardi. Tra gli elementi principali, spiccava la condanna, rispettivamente a 22 anni e 20 anni di reclusione, per Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, che rispondevano di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.
Va evidenziato che dall’inchiesta giudiziaria che a luglio 2012 portò al sequestro degli impianti siderurgico di Taranto per reati ambientali, non è nato solo il processo ma anche il commissariamento dell’Ilva da parte dello Stato (avvenuto nel giugno 2013) e l’uscita degli allora proprietari e gestori, i Riva. Commissariamento che è in atto sia in Ilva che in Acciaierie d’Italia, l’azienda intervenuta in seguito con la gestione del gruppo (entrambe le società sono in amministrazione straordinaria).
Il processo in Corte d’assise d’appello è invece cominciato a Taranto lo scorso aprile. E in questa sede, i legali degli imputati hanno rilanciato la richiesta di trasferire il processo a Potenza che oggi è stata accolta dalla Corte d’Assise d’Appello. Secondo la difesa, «il processo non può essere celebrato davanti ai magistrati tarantini perchè non avrebbero la serenità necessaria a giudicare, in quanto anch’essi sarebbero persone offese e danneggiate del reato di inquinamento». I legali delle parti civili, invece, hanno insistito anche oggi nel mantenere a Taranto il processo d’appello.
E in appello anche i pubblici ministeri Raffaele Graziano e Giovanna Cannarile, insieme con il procuratore generale Mario Barruffa, hanno evidenziato come una recente sentenza della Cassazione abbia espressamente chiarito che è da considerare parte di un processo chi sceglie di attivare un’azione di diritto, mentre nessuno dei magistrati di Taranto lo ha fatto e, quindi, non essendo parte del procedimento penale, non vi sono i presupposti perché il processo venga spostato.
Nei mesi scorsi, prima della pausa estiva, c’era già stato un colpo di scena: il presidente Antonio Del Coco aveva sospeso il pagamento delle provvisionali da parte degli imputati del processo Ambiente Svenduto nei confronti delle parti civili costituite in giudizio, ben 1.500 tra cittadini di Taranto e associazioni. Le provvisionali (ciascuna da 5.000 euro), da intendersi come primi risarcimenti, erano state disposte a maggio 2021 con la sentenza della Corte d’Assise.
«La decisione di primo grado annovera numerose criticità», ha scritto il presidente Del Coco nell’ordinanza di sospensione delle provvisionali, emessa su istanza di alcuni imputati, tra cui Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e gestori dell’Ilva, Salvatore Capogrosso, ex direttore dello stabilimento di Taranto, Adolfo Buffo, ex dirigente Ilva, i "fiduciari” dei Riva - figure delegate dalla proprietà al controllo della produzione e degli impianti -, la Regione Puglia, attraverso il suo presidente e gli ex presidenti di Regione Puglia (Nichi Vendola) e Provincia di Taranto (Gianni Florido).
La delusione degli ambientalisti: ora rischio prescrizione
«È con profonda delusione che abbiamo assistito all’esito dell’udienza di oggi. Lo spostamento del processo d’appello a Potenza ha conseguenze gravissime per l’intera comunità tarantina»,dicono gli esponenti dell’associazione ambientalista Peacelink, in prima fila nella battaglia contro l’inquinamento dell’Ilva.
Secondo Peacelink, «lo spostamento comporta l’annullamento del processo di primo grado e questo significherebbe un allungamento dei tempi della giustizia e un rischio concreto di prescrizione per reati gravissimi come la concussione e, probabilmente, l’omicidio colposo. Lo spettro dell’impunità incombe sul processo Ambiente Svenduto. Ricordiamo - dice Peacelink - che i pubblici ministeri, nel corso delle udienze, si sono espressi in modo chiaro e deciso contro il trasferimento del processo, sottolineando l’infondatezza delle eccezioni delle difese degli imputati. La lotta contro l’inquinamento dell’Ilva prosegue comunque - annuncia Peacelink - continueremo a garantire la nostra presenza in tutte le iniziative utili a proteggere la popolazione. Saremo sempre dalla parte delle vittime in quella che l’Onu ha definito “Zona di Sacrificio”».