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«La giustizia riparativa funziona», dice l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti. A dimostrarlo sono le testimonianze raccolte nell’indagine che la Garante ha condotto in collaborazione col ministero della Giustizia e l’Istituto degli innocenti e che è stata presentata ieri a Roma. All’evento, ospitato nella sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio, sono intervenuti il capo dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità Antonio Sangermano e numerosi esperti, tra i quali Gherardo Colombo.
«La giustizia riparativa produce effetti positivi», ha spiegato Garlatti, «sia rispetto alla considerazione che si ha di sé sia in termini di relazione con l’altro e con la giustizia». E soprattutto, ha aggiunto la Garante, «va chiarito che non è previsto uno sconto di penaù: si tratta di uno strumento volontario che si affianca al procedimento giudiziario. Non bisogna rappresentare la giustizia riparativa in maniera semplicistica attraverso una contrapposizione tra buonisti e forcaioli, come talora è accaduto. Inoltre, non ha senso pensare di circoscriverla solo ad alcuni reati e impedirla per altri: con le opportune cautele è anzi molto utile anche nelle situazioni più complesse».
Sulla scorta dei risultati dell’indagine, Garlatti ha proposto di estendere il ricorso ai programmi di giustizia riparativa agli autori di reato che non sono imputabili: «È il modo per far prendere consapevolezza, anche a chi ha meno di 14 anni, dell’azione compiuta. In Italia già accade, ma non in tutti i Tribunali per i minorenni. Le rilevazioni ci dicono che se nel 2018 ciò avveniva in 8 distretti di Corte d’Appello, nel 2021 è accaduto in 13: ne mancano ancora 9, e per i restanti 7 il dato non è disponibile».
Secondo la Garante per l’infanzia sarebbe necessario innanzitutto aumentare il numero dei centri per la giustizia riparativa. Complessivamente oggi in Italia ce ne sono 36, e dalla ricerca risultano presenti, in varia misura, in tutti i distretti di Corte d’appello, a eccezione di quello di Campobasso, dove il dato non è stato rilevato. «È indispensabile che vi sia una capillare distribuzione delle realtà che realizzano percorsi di giustizia riparativa», per Garlatti. «Questo permetterebbe, tra l’altro, di agevolare l’accesso da parte delle vittime e di invertire la tendenza attuale che vede l’attivazione del percorso prevalentemente da parte dell’autore del reato. Inoltre, permetterebbe di realizzare la maggior parte degli incontri in presenza, evitando il ricorso all’online che rende meno efficace l’incontro».
Soprattutto, per la Garante, sarebbe necessario «diffondere la cultura della giustizia riparativa, investire in una maggiore conoscenza dei suoi strumenti e del suo potenziale tra le istituzioni e gli operatori del terzo settore che lavorano con i minorenni».