Sono proseguite ieri nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato le audizioni sullo schema di decreto legislativo riguardante la presunzione di innocenza e il diritto di presenziare al processo nei procedimenti penale. In altre parole si tratta del provvedimento in cui è contenuta la norma che vieta la pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare. Il testo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, è ora al vaglio di Palazzo Madama e Camera per i pareri non vincolanti. Da segnalare che, da quando sono iniziate le audizioni, sono stati spesso sentiti in entrambe le commissioni stessi soggetti o associazioni: non di certo un buon esempio di economia parlamentare.

Comunque ieri a Palazzo Madama è intervenuta la vicenda presidente dell’Anm Alessandra Maddalena: «Non può parlarsi di legge bavaglio, non si vieta di pubblicare per riassunto ma di pubblicare testualmente l'ordinanza. Ma l'osservazione che facciamo è che sostanzialmente in questo modo ci si affida alla sintesi più o meno corretta del giornalista ed è questo il vero vulnus che può subire l'indagato». Dalla Camera ha aggiunto il presidente del “sindacato” delle toghe, Giuseppe Santalucia: «Riteniamo che questa norma non sia in linea con la direttiva Ue» che «non prevede alcun impedimento a conoscere quanto avviene nel processo, e non contempla alcuna norma di secretazione degli atti. Tutto deve essere conosciuto, la direttiva non prevede il segreto sull'atto di custodia cautelare che non è un atto segreto» e solo la «pubblicazione dell'ordinanza, e non la sintesi dei suoi contenuti che può essere distorta, è utile a garantire la presunzione di innocenza» della persona indagata o imputata. Invece il capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia alla Camera, Tommaso Calderone, nel porre alcune domande agli auditi ha fatto notare che «Ogni giorno c’è una notizia criminis perché vengono pubblicate le intercettazioni, come avvenuto in questi giorni con gli audio dell’inchiesta della Procura di Milano sui tifosi di Milan e Inter. Si tratta di un reato per il quale non occorre la querela, quindi procedibile d’ufficio. Come è possibile che nessuna Procura si sia mai accorta di questa violazione della legge e non sia intervenuta. Se gli uffici requirenti in questi anni avessero indagato su chi ha violato la norma, forse non staremmo qui oggi. Si è arrivati a questo punto per la disapplicazione sistematica e totale degli artt 114 cpp e 684 cpp».

Enrico Costa ( Fi), nel replicare ai rappresentanti dell’associazione Ossigeno per l’informazione per i quali «la norma è inutilmente dannosa per libertà di stampa che sconta un sacrificio non richiesto dalla direttiva europea», ha pungolato invece rilanciando la sua proposta di legge che punta a potenziare le attribuzioni del Garante per la protezione dei dati personali affinché possa intervenire entro 48 ore se il direttore o il responsabile di una testata giornalistica, radiofonica, televisiva

o online non dia notizia della sentenza assolutoria o di proscioglimento su richiesta dell’interessato nello stesso modo in cui è stata data notizia dell’indagine.

La Commissione poi ha ritenuto poi di chiamare in audizione giornalisti come Lirio Abbate, Marco Lillo e Luigi Ferrarella tutti contrari alla norma. Per il primo si crea «un buio nell’informazione. Non è solo un bavaglio ai giornalisti ma al diritto dei cittadini a essere correttamente informati». Se la norma fosse stata già in vigore «nulla avremmo saputo dell’omicidio di Giulia Cecchettin, delle accuse contro l’ex presidente della Liguria Toti e dei motivi per cui ha chiesto di patteggiare la pena, nulla su quello che accade nelle curve, nulla su tutti i favoreggiatori del boss latitante Matteo Messina Denaro».

Per Abbate «chi si nasconde dietro la bandiera del garantismo per promuovere provvedimenti oscurantisti in realtà vuole solo nascondere notizie scomode per il potere di turno». Ha replicato sempre Costa: «Fino al 2017 io non ho sentito volare una mosca.

La legge prima del 2017 era analoga a quella in fase di approvazione in Parlamento. Non avevo sentito volare una mosca perché o ve ne fregavate perché l’articolo 684 prevede una sanzione irrisoria o perché l’ordinanza era allineata a tutti quegli atti dell’indagine preliminare». Il parlamentare poi al termine delle audizioni ha sintetizzato: «Ho ascoltato con molto rispetto le audizioni in Commissione giustizia sul decreto relativo al divieto di pubblicazione alla lettera” delle ordinanze di custodia cautelare. Anche chi ha espresso disaccordo sul testo che deriva dal mio emendamento alla legge di delegazione europea, lo ha fatto con argomentazioni interessanti e civili, che tuttavia santificano il processo mediatico e sacrificano la presunzione di innocenza, un principio nel nostro Paese troppo spesso calpestato. Confido che la prossima settimana si possa rendere un parere al governo per arrivare all'approvazione definitiva del testo».

Ci chiediamo se prima verranno auditi anche giornalisti che la pensano diversamente da quelli ascoltati ieri, Intanto il 14 ottobre l’Ordine nazionale dei giornalisti ha organizzato una conferenza stampa dal titolo «Giustizia, informazione a rischio» da un sottotitolo che lascia intendere, ca va sans dire, la loro posizione: «Presunzione d’innocenza, diritto all’oblio, diffamazione: tutte le criticità che mettono a rischio il diritto di cronaca» .