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Oggi la prima sezione penale della Corte di Cassazione, riunita in Camera di Consiglio, dovrà pronunciarsi sul caso di Salvatore Pezzino, detenuto che, seppur ergastolano ostativo non collaborante, aveva chiesto l’accesso alla liberazione condizionale ben due anni fa. Questa vicenda va ormai avanti dal 2020 e tra continui rimpalli non si è mai giunti a dama.
LE PUNTATE PRECEDENTI
Ripercorriamo brevemente le tappe. La sua richiesta di accesso al beneficio era stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di sorveglianza de L’Aquila, in assenza di una sua dichiarata collaborazione con la Giustizia. L’istanza per ottenere la declaratoria circa l’impossibilità della collaborazione venne dichiarata inammissibile.
Contro tale ordinanza l'avvocato di Pezzino, Giovanna Beatrice Araniti, aveva proposto ricorso in Cassazione. Piazza Cavour aveva sollevato dubbio di legittimità costituzionale. Il relatore Giuseppe Santalucia aveva scritto: “L'esistenza di preclusioni assolute all'accesso alla liberazione condizionale si risolve in un trattamento inumano e degradante, soprattutto ove si evidenzino progressi del condannato verso la risocializzazione; e ciò perché, in tal modo, il detenuto viene privato del diritto alla speranza”.
Con l’ordinanza 97/ 2021 (relatore Nicolò Zanon) la Corte Costituzionale ritenne l’ergastolo ostativo incompatibile con la Costituzione stigmatizzando la preclusione assoluta all’accesso ai benefici per i mafiosi che non collaborano ma diede un anno al Parlamento per fare una nuova legge in materia. Dinanzi a un Legislatore incapace di assolvere il suo compito, a maggio 2022 la Consulta concesse incredibilmente nella solita ottica di “leale collaborazione istituzionale” altri sei mesi a Camera e Senato per portare a termine l’elaborazione di una legge, passata poi solo a Montecitorio ma in stallo a Palazzo Madama.
E arriviamo all’autunno dello scorso anno quando il governo di destracentro, pochi giorni prima della ennesima udienza in Corte costituzionale, ha introdotto una nuova disciplina mediante decreto legge (nel pacchetto dl anti- rave) poi convertito in extremis dal Parlamento a fine dicembre. Preso atto di ciò, la Consulta l’ 8 novembre 2022 (ord. n. 227/ 2022) ha restituito gli atti alla Cassazione.
LE PARTI IN CAUSA
Oggi dunque non ci sarà udienza pubblica ma gli ermellini decideranno nelle loro stanze. La Procura Generale non ha presentato memoria. Si rimette a quella del 2020 in cui chiedeva il rigetto del ricorso di Pezzino per accedere alla libertà condizionale, in quanto non era stata accertata l’inesigibilità/ impossibilità della collaborazione. La difesa invece con l’avvocato Araniti ha presentato una memoria di 19 pagine, alla fine della quale chiede alla Cassazione di sollevare nuovamente dubbio di legittimità dinanzi alla Consulta.
LE ALTERNATIVE DELLA CASSAZIONE
Partiamo dal presupposto che sulla scrivania dei giudici, nel loro fascicolo, c’è il ricorso di Pezzino, l’ordinanza con cui a giugno 2020 hanno sollevato questione di costituzionalità, e la legge voluta dal governo Meloni. Gli scenari possibili sono tre (i primi due quelli più probabili), a partire dalla valutazione dell’ordinanza del 2020 con la nuova disciplina.
Il primo: essendo oggi possibile anche per un ergastolano ostativo non collaborante aspirare alla liberazione condizionale, in quanto de iure non esiste più una preclusione assoluta a richiederla, i giudizi di Cassazione potrebbero rinviare gli atti al Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila affinché sia esso ad applicarla al caso specifico.
Il secondo: rinviare direttamente alla magistratura di Sorveglianza perché determini se ci sono i presupposti per richiedere l’accesso al beneficio da parte del Pezzino. Il Tribunale a sua volta potrebbe nuovamente sollevare dubbio di legittimità costituzionale.
Il terzo: Santalucia & Co potrebbero loro stessi rinviare alla Corte Costituzionale. L’ergastolano ostativo, come evidenziato da diversi costituzionalisti, con la nuova norma si trova a dover superare una prova diabolica per accedere al beneficio. Le condizioni di ammissibilità alla liberazione condizionale risultano adesso più gravose rispetto al passato. Pensiamo al fatto che viene innalzato il limite di accesso della pena da 26 a 30 anni alla liberazione condizionale, per l’ergastolano ostativo non collaborante che non abbia ottenuto la declaratoria di inesigibilità/ irrilevanza/ impossibilità di un’utile collaborazione ex art. 58 ter O. P..
«Ma, trattandosi di disposizione peggiorativa, aventi effetti sostanziali, - scrive l’avvocato Araniti - la stessa non può applicarsi al ricorrente, che già aveva raggiunto il limite di pena di 26 anni per l’accesso alla liberazione condizionale, non potendo avere efficacia retroattiva». Inoltre è richiesto «l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’impossibilità di adempimento e l’allegazione di elementi specifici, diversi dalla condotta carceraria, dal percorso, dalla mera dichiarazione di dissociazione, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata o con il contesto nel quale il reato è stato commesso ed il pericolo del loro ripristino».
Tuttavia per il «ricorrente si era evidenziata la mancata costituzione di Parte Civile nel procedimento di merito che ha portato alla condanna all’ergastolo, la mancata azione di concrete pretese risarcitorie».
Tra l’altro, si sottolinea nella memoria, «è innegabile, poi, che non si sono tenute in debito conto le indicazioni della stessa Corte Costituzionale sull’importanza e la centralità del principio di rieducazione ex art. 27 comma 3 Cost., che riguarda tutte le categorie di detenuti». Al contrario «la giurisprudenza interna, costituzionale e sovranazionale, che viene esaminata nell’ordinanza 97/ 2021 tiene conto dei criteri di evoluzione della personalità di ogni individuo, della progressione trattamentale, del cambiamento che subisce, inesorabilmente, qualsiasi uomo in un arco temporale così elevato di sottoposizione alla pena detentiva, come quello previsto per l’accesso alla liberazione condizionale, del principio d’individualizzazione del trattamento, pone al centro del sistema la funzione rieducativa della pena, rispetto alle esigenze asseritamente social- preventive, ancorate, anacronisticamente, al momento della commissione dei reati».
Insomma è chiaro che oggi la Cassazione passerà ad altri la palla - Tribunale di Sorveglianza o Consulta - : non può fare diversamente non essendo un giudice di merito. La domanda sullo sfondo è: considerato che il tempo scorre sempre di più per questi anziani ergastolani ostativi, non sarebbe stato meglio se la Corte Costituzionale nel 2021 avesse avuto il coraggio di non affidarsi al Parlamento e avesse deciso in maniera definitiva?