Sulla strage di Erba non è ancora arrivata la parola fine. La difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi ha depositato un ricorso in Cassazione contro la decisione della Corte d’Appello di Brescia, che lo scorso luglio ha dichiarato inammissibili le tre richieste di revisione del processo presentate dal pg di Milano Cuno Tarfusser, ora in pensione per sopraggiunti limiti di età, e dai legali dei due coniugi. Per i quali si è confermato dunque il carcere a vita deciso in via definitiva nel 2011.

I due coniugi erano stati condannati all’ergastolo per il massacro dell’11 dicembre 2006 nella corte di via Diaz, in cui sono morti Raffaella Castagna, sua madre Paola Galli, suo figlio Youssef di due anni e la vicina di casa Valeria Cherubini. I due sono anche accusati del tentato omicidio di Mario Frigerio, che si salvò grazie a una malformazione della carotide, poi deceduto nel 2014.

Nel ricorso in Cassazione, i legali della coppia sostengono che i giudici della Corte d’Appello di Brescia abbiano agito «in palmare violazione del diritto dei condannati a un giusto processo». Questo perché non avrebbero rispettato le due fasi a loro avviso da seguire nell’ambito di una revisione: una prima destinata solo a decidere l’ammissibilità delle presunte nuove prove, una seconda, qualora si fosse valicato il primo “scoglio”, dedicata all’analisi delle prove nel contraddittorio tra le parti.

«La Corte di appello di Brescia, anziché attenersi alla dovuta delibazione sommaria e ictu oculi degli estremi della novità e della astratta idoneità dimostrativa degli elementi probatori offerti dai difensori - si legge nel documento di oltre cento pagine - ha di fatto realizzato una impropria anticipazione del giudizio di merito, compiendo un accertamento penetrante e concreto degli elementi proposti con l’istanza di revisione, senza le relative garanzie. Prima tra tutte l’assunzione delle prove nel contraddittorio, con conseguente violazione anche del comma 4 dell’art. 111 (’Il processo si svolge nel contraddittorio tra le partì) e dell’art. 24 Cost (La difesa è inviolabile in ogni stato e grado del procedimento), avuto riguardo alla pretermissione del doveroso e ineludibile contraddittorio per la prova». L’argomento è sostenuto dai legali con una «copiosa giurisprudenza».

Nel chiedere l’annullamento della decisione che ha spento le speranze di revisione, i legali guidati dall’avvocato Fabio Schembri, passano in rassegna le ragioni per cui sono state bocciate le «nuove prove», sostenendo che la sentenza bresciana presenti dei «vizi» di «macroscopica evidenza». «Sembra evidente la pluralità di argomenti sottostanti alla duplicità di vizi che si devolvono - è scritto nel documento -. Il vizio di motivazione si caratterizza in alcuni passaggi per una totale mancanza, in altri per l’illogicità manifesta e in altri ancora per la contraddittorietà con quanto era richiesto nella istanza di revisione. In altri passaggi, poi, il vizio di legge si apprezza anche come conseguenza della erronea interpretazione di concetti giuridici che, richiamati in modo inappropriato, costituiscono il perno su cui si innerva la conseguente motivazione».

Nelle motivazioni della sentenza con la quale lo scorso 10 luglio la Corte d’Appello di Brescia ha respinto le istanze di revisione, i giudici avevano concludono che la richiesta «è manifestamente inammissibile, esaurendosi nella ripetizione, alla luce delle nuove acquisizioni (che, come si è visto, tali non sono) e nella prospettiva della falsità della prova, di doglianze già sviluppate nei precedenti gradi di giudizio e in sede d’incidente di esecuzione». Per la Corte, in sostanza, non c’è alcuna nuova prova tale da giustificare la riapertura del caso. Né c’è stato alcun “complotto” ai danni degli imputati.

Un passaggio della sentenza riguardava anche il ruolo di Cuno Tarfusser, finito sotto procedimento disciplinare e punito con la “censura” da parte della sezione disciplinare del Csm con l’accusa di aver mancato ai «doveri di imparzialità e correttezza» per aver depositato di propria iniziativa l’istanza «in palese violazione del documento organizzativo dell’ufficio» che assegna questa facoltà soltanto al pg presso la Corte d’Appello o al suo vice, l’avvocato generale. «La richiesta di Tarfusser, prima ancora che carente sotto il profilo della novità della prova, è inammissibile per difetto di legittimazione del proponente», ha argomentato la Corte.

Per quanto riguarda la richiesta della difesa, essa è «inammissibile sotto il duplice profilo della mancanza di novità e della inidoneità a ribaltare il giudizio di penale responsabilità delle prove di cui è chiesta l’ammissione. La diversa valutazione tecnica-scientifica di elementi fattuali già noti può costituire prova nuova, solo se fondata su nuove acquisizioni scientifiche».