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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Se si vuole il processo accusatorio allora lo deve essere fino in fondo. E quindi è necessario adottare il “modello anglosassone”, l’unico che consentirebbe al codice Vassalli di reggere. A dirlo, ieri, è stato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenuto all’evento “La giustizia in piazza”, promosso da Fratelli d'Italia a piazza Vittorio. Il Guardasigilli ha elencato i presupposti necessari, ovvero «separazione delle carriere, discrezionalità dell’azione penale, la distinzione tra il giudice del fatto e il giudice del diritto, tra il jury che emette il verdict e il judge che emette la sentence, ritrattabilità dell’azione penale e il fatto che il pm sia monopolista dell’azione penale e sia lui a decidere se portare avanti l’accusa o farla cadere, cosa impossibile in Italia». In Italia, invece, il codice include principi «incompatibili con il processo accusatorio», come l’unicità delle carriere e l’imputazione coatta, finita nel mirino del governo dopo la decisione del gip di Roma su Andrea Delmastro, accusato di rivelazione di segreto. Una decisione legittima, ha sottolineato Nordio, perché prevista nel nostro codice, ma è il nostro codice che non è stato capace di “rispettare” i principi del processo accusatorio. «Nessuna contrapposizione, nessuna azione punitiva» nei confronti delle toghe, ha assicurato il ministro, secondo cui «un sistema processuale deve essere coerente. O noi portiamo alle estreme conseguenze i principi del codice Vassalli oppure ritorniamo al vecchio codice Rocco del 1930».
All’ex collega Gian Carlo Caselli, secondo cui, con la separazione delle carriere, il governo vuole assoggettare i pm alla politica, il Guardasigilli ha risposto seccamente: tra le due cose, ha sottolineato, non c’è nessuna correlazione e «sono 30 anni che si gioca su questo equivoco. Nell’ordinamento inglese il pm è indipendente ed è l’avvocato dell’accusa» e in quello americano «è addirittura elettivo, non risponde al governo, ma agli elettori». E in caso di indagini lunghe, costose che non portano a nulla, «come ahimè accade in Italia, se ne va a casa, ma non perché lo manda a casa il governo, ma perché lo mandano a casa gli elettori». Non reggono, secondo il ministro, nemmeno gli allarmi relativi alla cancellazione dell’abuso di ufficio e alla riforma sul traffico di influenze. Nel primo caso, ha evidenziato, «parlano le carte»: a fronte di «5mila» iscrizioni l’anno sono meno di una decina le condanne. Si tratta, dunque, di un «reato residuale», un «dispendio di energie» che provoca la paralisi della pubblica amministrazione e sofferenze personali. «Il reato è stato modificato tante volte negli ultimi 20 anni - ha aggiunto - e il risultato è stato sempre lo stesso: una marea di indagini e zero condanne. Abolirlo era l’unica soluzione possibile». Per quanto riguarda il traffico di influenze, invece, «abbiamo inasprito le pene e abbiamo rimodulato il testo secondo i principi di tassatività e tipicità, che devono essere caratteristici della struttura di una fattispecie penale, mentre prima era un reato assolutamente evanescente. Lo abbiamo rimodulato per renderlo più specifico e abbiamo aumentato le pene per rendere la deterrenza ancora più forte». All’Europa, ha concluso il ministro, quello che interessa è che «l’arsenale normativo e repressivo della corruzione e della mala gestio amministrativa sia coerente ed efficiente e il nostro arsenale è il più severo di tutta Europa», con 36 norme contro la corruzione. «Quando ne abbiamo parlato con Didier Reynders», commissario europeo della Giustizia, «è rimasto convinto che la nostra attitudine repressiva contro la corruzione sia assolutamente in linea con le norme europee». E a chi lo accusa di voler abolire il concorso esterno risponde: «Non esiste come reato, è una creazione giurisprudenziale. Una forma evanescente che è un ossimoro: il concetto di concorso esterno è contraddittorio - ha detto - perché se sei concorrente non sei esterno e se sei esterno non sei concorrente. Noi sappiamo benissimo che si può essere mafiosi all’interno dell’associazione e favoreggiatori all’esterno. Allora va rimodulato» il concetto: la fattispecie non è strutturata ed è un fatto puramente tecnico.