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Con la presentazione della mozione di sfiducia della Lega nei confronti del presidente del Consiglio si apre formalmente il percorso che, a meno di sorprese e comunque nelle intenzioni di chi l’ha provocata, avrà come punto di caduta la crisi di governo e le elezioni. La crisi del gabinetto Conte non può essere altro che di tipo parlamentare, dati i pessimi rapporti che intercorrono tra gli alleati di governo (per una crisi extraparlamentare occorre vi sia nella maggioranza concordia su chi dovrebbe prendere il posto del capo di governo uscente), e dato che Conte ha rifiutato le dimissioni che Salvini gli aveva chiesto (in una telefonata) sfidandolo a presentarsi in Parlamento e a spiegare in quella sede perché intenda far cadere il governo.
Ci si lancia verso il voto però proprio mentre le Camere sono chiuse da un paio di giorni per ferie, e dunque si dovrà chiedere ai presidenti di Camera e Senato di riaprirle per la bisogna. Elisabetta Alberti Casellati, dopo la presentazione della mozione di sfiducia leghista, ha convocato per lunedì 12 agosto i capi delle forze politiche di Palazzo Madama.
Dovranno decidere in quale data discutere e votare in Aula quella mozione di sfiducia, e il Pd già tambureggia che prima vanno discusse le precedentemente presentate, ovvero quella dei renziani contro Salvini sul caso Russia- gate, che è invece in agenda per i primi di settembre. La mozione leghista contro Conte presenta poi un aspetto curioso: Salvini chiede di sfiduciarlo in quanto non presente al dibattito e al voto sulla Tav, ma Conte (che non è neppure parlamentare) il suo sí alla Tav lo aveva precedentemente e pubblicamente annunciato, da presidente del Consiglio, aprendo un fronte di dissenso con il partito di maggioranza relativa, i 5S. Dunque, se Conte sarà bocciato in Senato, si aprirà una crisi di governo, ma le motivazioni con le quali Salvini ne avrà ottenuto l’uscita di scena ( mentre nei comizi confessa ambizioni dittatoriali, “voglio pieni poteri”) resteranno fragili e palesemente volte a evitare di spiegare al Parlamento per quali motivi si fa cadere il governo.
Si vedrà se la mozione riuscirà a provocare la crisi di governo, poiché sembrano indispensabili i voti quantomeno di Pd e Forza Italia (alla quale, per avere quei voti, Salvini nei contatti riservati assicura di puntare invece a un governo di coalizione), ma quel che è sicuro è che, caduto il governo, Mattarella rispetterà la Costituzione.
Dunque, ed esperite le consultazioni in tempi rapidi, potrà mandare Conte in Parlamento per verificare se esista una diversa maggioranza a sostenere il governo senza la Lega ( tentativo che tuttavia dipenderà anche da come andrà il voto di sfiducia: inutile la verifica, se la sfiducia fosse votata praticamente da tutti i partiti a parte i 5S). Oppure conferirà un mandato esplorativo ad un esponente istituzionale ( potrebbe essere la presidente del Senato) per cercare di allestire un governo- ponte che traghetti il Paese alle elezioni.
O ancora potrebbe dare il mandato a una personalità tecnica, poiché è stringente e allarmante la sovrapposizione dei tempi della crisi e delle elezioni con la correzione del Def e con la presentazione della Legge di Bilancio. E mentre in genere in caso di elezioni convocate la Ue sospende i tempi di presentazione a Bruxelles della finanziaria (prevista per il 15 ottobre) per la normativa italiana i tempi sono tassativi: la manovra deve arrivare al Parlamento per il 20 ottobre (ed esser varata entro il 31 dicembre). Tuttavia molto dipenderà, oltre che dai termini del voto di sfiducia, da se Conte salirà o meno al Colle per rassegnare nelle mani del capo dello Stato le dimissioni: se non lo facesse, potrebbe rimanere in carica per gli affari correnti, gestendo le elezioni.
Ma il tutto dovrà accadere per l’appunto nei tempi più rapidi possibili: con un voto che sarebbe iscritto in calendario per la terza o la quarta settimana di ottobre, sovrapponendosi alla presentazione di una Legge di Bilancio che Salvini lascerebbe predisporre al governo- ponte (o al governo Conte in carica per gli affari correnti, a seconda dell’evoluzione della crisi, e nel caso si decidesse di non mandare il Paese in esercizio provvisorio, cosa che comporterebbe automaticamente l’aumento dell’Iva), magari in modo da poter poi addossare ad altri nei comizi elettorali la responsabilità di una manovra finanziaria stimata tra i 30 e i 60 miliardi ( ne servono 23 solo per non aumentare l’Iva nel 2020, e altri 29 per non aumentarla nel 2021). Oppure decidere di intestarsi la Legge di Bilancio (come già esponenti leghisti vanno dicendo) per fare in deficit la cosiddetta “flat tax”. In pieno conflitto con la Ue, ma soprattutto esponendo fortemente l’Italia sui mercati finanziari: al solo sentir pronunciare la parola “crisi” ieri gli spread sono schizzati al rialzo fino a superare 240 punti. Facile prevedere cosa accadrebbe se l’Italia, sbattendo le porte in faccia alle regole europee, riprendesse ad alzare deficit e debito.
In teoria, il governo- ponte verso le elezioni potrebbe anche essere un governo di minoranza: ma è da verificare se ve ne saranno le condizioni politiche, per l’appunto anche rispetto alla situazione finanziaria e sui mercati finanziari del Paese.
Ma quale che sia il governo in carica, di certo Salvini non potrà gestire le elezioni da Ministro dell’Interno essendo contestualmente candidato premier. Dovrà affrontare il voto avendo lasciato il Viminale, che del voto è il garante istituzionale dal momento della presentazione dei simboli elettorali sino a quello del conteggio finale.