PHOTO
IMAGOECONOMICA
«Penso che sia francamente gravissimo che in Italia ci siano funzionari dello Stato che hanno passato il loro tempo a violare la legge facendo verifiche sui cittadini, comuni e non, a loro piacimento per poi passare queste informazioni alla stampa, particolarmente ad alcuni esponenti della stampa. Utilizzare così le banche dati pubbliche non c’entra niente con la libertà di stampa».
È arrivato nel pomeriggio il commento della premier Giorgia Meloni, a margine di un evento elettorale a Teramo, sui presunti dossieraggi effettuati dal finanziere Striano e dal procuratore antimafia Laudati per passare file coperti da segreto a giornalisti del Domani e non si sa a chi altri. Poche ore prima era stato anche il Ministro della Giustizia Carlo Nordio a parlare al termine del Consiglio Ue a Bruxelles: «Non posso esprimermi sull'indagine in corso, ma l'inchiesta» «è certamente un fatto grave, frutto di una situazione sedimentata da anni». «Il diritto alla privacy sancito in Costituzione è diventato un’aspirazione metafisica, le stesse intercettazioni captate in modo eccentrico sono diventate la regola», ha aggiunto il ministro, augurandosi che «anche il legislatore intervenga per disciplinare la materia».
Ha parlato anche la Segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein: quello del dossieraggio è «uno scandalo di gravità inaudita» e ora bisogna «fare chiarezza». Intanto scontro nell’aula del Senato va in scena lo scontro sul ruolo del parlamentare del Movimento Cinque Stelle, Federico Cafiero de Raho. L’esponente di Forza Italia Maurizio Gasparri, per primo, ha sollevato il caso dell'incompatibilità dell'ex presidente della Direzione nazionale antimafia con la vicepresidenza della bicamerale che dovrà indagare sulla vicenda, per la quale la Procura di Perugia ha aperto un'inchiesta, e ha affermato che «si dovrebbe disporre immediatamente un'ispezione alla procura e anche il presidente del Csm - ovvero Sergio Mattarella - faccia sentire la sua voce su uno scandalo enorme».
Raffaella Paita, senatrice di Italia Viva, e componente della stessa commissione, ha chiesto l'audizione dello stesso De Raho: «L’onorevole ha fatto una arringa in commissione. Io voglio potere in autonomia esprimere il mio giudizio, non posso assistere a un vero e proprio comizio senza poter fare domande. Chiederò anche al presidente La Russa se è autorizzato a fare una audizione in Commissione. Nessun processo, ma la ricerca della verità sì».
La permanenza dell'ex pm in commissione del resto era già stata messa in discussione dall'altro vicepresidente Mauro D'Attis (FI), che aveva chiesto che l’onorevole pentastellato non partecipasse alle audizioni. Da quanto appreso da fonti a lui vicine, ritenendo strumentali tutte quelle polemiche, De Raho non farà mancare invece la sua presenza. Per il capogruppo leghista Massimiliano Romeo «questa vicenda testimonia il fatto che la libertà e la democrazia sono in pericolo oltre che in paesi come la Russia, l'Iran, la Turchia, anche sul fronte interno». Mentre per il capogruppo di Fratelli d'Italia, alla Camera dei Deputati, Tommaso Foti, «pare evidente che sia una situazione da chiarire profondamente. Non entro nelle indagini in corso da parte della magistratura, ma è evidente dalle prime notizie che sono stati colpiti per la maggior parte esponenti del centrodestra. Se si fa dossieraggio per mettere in piedi una macchina del fango contro esponenti del centrodestra è una cosa squalificante. La questione deve essere ben chiarita».
In realtà tra i personaggi politici, presunte vittime degli accessi abusivi ai loro conti, ci sarebbero anche esponenti della sinistra come l’ex assessore della regione Lazio Alessio D’Amato e l’ex assessore capitolino ai Trasporti Eugenio Patanè. In difesa di De Raho e in quella della DNA, indirettamente, è intervenuto il senatore del Partito democratico Walter Verini: «Noi consideriamo la Procura Antimafia parte lesa in questa vicenda, per i comportamenti che due persone hanno tenuto e per i quali la procura di Perugia ha aperto un'indagine. Noi ci chiediamo perché ci sono stati gli accessi abusivi, che scopo c'è dietro», ha detto Verini, sottolineando, rivolto alla destra, che Laudati «non sembrerebbe proprio appartenere alle toghe rosse».
Verini ha poi bollato come «inaccettabili» le dichiarazioni di esponenti del centrodestra contro la Procura di via Giulia 52 e anzi ha aggiunto: «Noi siamo orgogliosi di avere contribuito a eleggere in Parlamento alcuni procuratori antimafia. Volevamo così portare la loro esperienza nelle aule parlamentari. Se tutti lo avessero fatto, invece di candidare condannati per associazione mafiosa, sarebbe stato meglio». Stefano Patuanelli, presidente dei senatori del M5S, ha ricordato altresì che «anche la mia forza politica è stata coinvolta in questa attività irrituale con il presidente Conte e la sua compagna oggetto di indagine. Attenzione però a non trasformare una richiesta legittima, che il Parlamento fa, di chiarezza in un chiacchiericcio e un dibattito strumentale», non si può «pensare a incompatibilità di autorevoli colleghi che invece si connotano per l'esperienza nella lotta alla criminalità organizzata e possono innalzare la competenza di quella commissione».
Patuanelli si è dissociato da Gasparri anche sul tema del coinvolgimento del Colle: «Credo che sia un po' strumentale tirare per la giacchetta il presidente del Csm che guarda caso è anche presidente della Repubblica e che non ha bisogno delle nostre indicazioni per decidere quando agire». A chiamare in causa il Colle ci ha pensato pure il presidente della Regione Lombardia Fontana, il cui nome figura tra quelli del presunto dossieraggio: «è una cosa sconvolgente, mi stupisce che se ne parli in termini così poco drammatici, mi aspetto anche che il Presidente intervenga».
Intanto domani sarà audito l’attuale vertice della Procura antimafia Giovanni Melillo, poi sarà la volta di Raffaele Cantone. E giovedì pomeriggio entrambi saranno auditi dal Copasir. Nulla ancora, al contrario, dal Consiglio Superiore della Magistratura al quale pure entrambi avevano chiesto di essere sentiti.