Tipizzare il reato di “dossieraggio”, con la previsione di «pene severissime». È questa la proposta di legge annunciata da Francesco Saverio Romano di Noi Moderati nel corso del Question time alla Camera, dove il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha affrontato oggi alcuni dei temi cruciali del dibattito politico sulla giustizia.

Risposte, quelle del Guardasigilli, che hanno lasciato soddisfatti a metà pure gli alleati, specie sul fronte delle intercettazioni, rispetto al quale il ministro è stato incalzato dal deputato di Forza Italia Tommaso Calderone. Il parlamentare azzurro ha interrogato il ministro su una questione oggetto di una sua recente proposta di legge, che mira a introdurre un controllo giurisdizionale sulla selezione operata dalla polizia giudiziaria rispetto alle intercettazioni non rilevanti, che solo nelle successive fasi procedimentali, magari quando è già stata disposta una misura cautelare, sono accessibili alla difesa.

Secondo Nordio, le recenti riforme avrebbero potenziato il controllo sulle intercettazioni. Il dl Giustizia dello scorso anno, ha infatti sottolineato il ministro, avrebbe «posto rigorosi limiti all’attività di trascrizione e, quindi, di documentazione dell’attività captativa. In considerazione della rilevanza proprio del contenuto delle intercettazioni, con la legge n. 114 del 2024 (ddl Nordio, ndr) abbiamo potenziato il controllo e la vigilanza preventiva da parte del pm e dei giudici dell’udienza stralcio. Oggi, la Polizia giudiziaria deve redigere una specifica normativa, riferendo al pubblico ministero il contenuto delle conversazioni e l’identità dei soggetti captati; poi il pubblico ministero è tenuto al controllo e alla vigilanza dell’operato della Polizia giudiziaria; e, infine, il giudice dell’udienza stralcio, a sua volta, opera il prescritto controllo giurisdizionale di garanzia».

Una risposta che non ha soddisfatto Calderone: «Credo che la tematica sia assolutamente diversa - ha sottolineato -. La Polizia giudiziaria porta a conoscenza del pubblico ministero esclusivamente le conversazioni che ritiene rilevanti; le non rilevanti rimangono nei cantinati delle procure. La difesa ne può venire a conoscenza soltanto attivando il procedimento di cui all’articolo 268, primo comma, cioè dopo, magari, che l’imputato è stato arrestato. Questo è un fatto che inorridisce e suscita sconforto nel giurista. È necessario, anzi, è improcrastinabile un controllo giurisdizionale sulle intercettazioni non rilevanti. Il pubblico ministero o il giudice devono verificare se le non rilevanti siano tali prima dell’esercizio dell’azione penale, prima dell’emissione dell’avviso di cui all’articolo 415-bis e, soprattutto, prima dell’esecuzione di una misura che restringe la libertà personale dei cittadini italiani».

Per quanto riguarda i cosiddetti “dossieraggi” - rispetto ai quali il ministro ha parlato di un «pericolo per la democrazia» -, Nordio ha invece sottolineato come per il potenziamento delle reti dei servizi e dei sistemi cyber della pubblica amministrazione l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale ha disposto finanziamenti complessivi per oltre 715 milioni di euro.

Sul tema è intervenuta anche Elisa Scutellà del M5S, che a fronte dei «dati sconcertanti» sulla vulnerabilità dei sistemi informatici dei ministeri e delle procure ha chiesto al ministro «che intenzioni ha: vuole continuare con questo atteggiamento negazionista nei confronti di intercettazioni, trojan e sequestro di smartphone oppure vuole fare il ministro della Giustizia e provvedere a rinforzare e rafforzare questi sistemi informatici ed anche assumere personale specializzato?».

Questioni completamente diverse, ha replicato il guardasigilli. «Le riforme che abbiamo fatto e stiamo facendo sul trojan e sulla invasività delle intercettazioni sono volte a coniugare l’articolo 15, che riguarda la riservatezza delle comunicazioni, con la necessità di combattere la delinquenza, soprattutto quella criminalizzata - ha evidenziato -. Nel riaffermare, ancora una volta, che tutte queste riforme non riguardano la criminalità organizzata e il terrorismo», organizzazioni che «oggi comunicano attraverso sistemi che noi non siamo in grado di intercettare», la proposta era «di trasferire quelle risorse che vengono impiegate per delle intercettazioni, magari lunghe e costose per reati minori che spesso si rivelano inutili, proprio per indirizzarle al fine di intercettare questi sistemi che hanno i membri della criminalità organizzata, oggi, per parlare tra di loro».

Mentre per quanto riguarda gli hackeraggi, «è un problema che stiamo cercando adesso di risolvere, sia a livello normativo, sia a livello tecnologico. Abbiamo già istituito tutta una serie di agenzie e stiamo investendo tutta una serie di cifre molto importanti per realizzare questa sicurezza, nella consapevolezza che tutto il mondo si è trovato impreparato di fronte a questa aggressione dell’hackeraggio. Arriverà un momento - e per noi è un momento molto vicino - in cui riusciremo a controllarli del tutto». Una risposta che non ha soddisfatto la grillina Valentina D’Orso. «Mentre la criminalità incrementa ed affina l’utilizzo di questi strumenti e se ne serve per compiere i reati e le attività illecite più disparate - ha sottolineato -, abbiamo un governo che, con le iniziative legislative che propone e avalla, sottrae quegli strumenti alla magistratura. È come se il Governo schierasse un esercito di fanti con la spada sguainata davanti a droni che bombardano dall’alto: una battaglia persa in partenza».