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FUORI DAL PALAZZO
Se il presidente del Consiglio è costretto a lasciare in anticipo il vertice Nato, e certo senza alcun piacere, è segno che la situazione è più tesa e pericolante di quanto non appaia. Non solo nelle dichiarazioni d’ordinanza, rassicuranti per principio, e negli articoli compiacenti ma persino agli occhi dei meno pregiudizialmente ottimisti. I pericoli sono reali. Lo scontro tra Pd e Lega sullo ius scholae e la cannabis è puramente virtuale non essendoci alcuna possibilità di varare quelle leggi prima entro la legislatura. Quello con i 5S è molto più serio. Tuttavia le vere difficoltà, ciò che rende pericolose quelle altrimenti contenute fibrillazioni, non sono nel Palazzo e in Parlamento ma nel Paese, in Europa, nel mondo.
A PREMIER ASSEDIATO, MA NON SOLO DALLE FORZE POLITICHE CHE SCALPITANO IN VISTA DELLE ELEZIONI
Le vere difficoltà non sono nel Palazzo e di fronte al Parlamento ma nel Paese, in Europa, nel mondo
Se il presidente del consiglio è costretto a lasciare in anticipo il vertice Nato, e certo senza alcun piacere, è segno che la situazione è più tesa e pericolante di quanto non appaia. Non solo nelle dichiarazioni d'ordinanza, rassicuranti per principio, e negli articoli compiacenti ma persino agli occhi dei meno pregiudizialmente ottimisti. I pericoli sono reali. Lo scontro tra Pd e Lega sullo ius scholae e la cannabis è puramente virtuale non essendoci alcuna possibilità di varare quelle leggi prima della scadenza della legislatura. Campagna elettorale dall'una e dall'altra parte. Quello con i 5S è molto più serio e si configura già come un classico gioco del cerino: i 5S di Conte non vedono l'ora di lasciare il governo ma non vogliono apparire come quelli che rompono, Draghi preferirebbe probabilmente tenere il Movimento al governo, però legato e imbavagliato. Non essendo possibile se ne libererebbe volentieri a patto però di non essere lui quello che li mette platealmente alla porta.
Sono problemi politici seri, e tuttavia le vere difficoltà, ciò che rende pericolose quelle altrimenti contenute fibrillazioni, non sono nel Palazzo e in Parlamento ma nel Paese, in Europa, nel mondo. Nella realtà. La crociata di Draghi per il Price Cap segna il passo. Qualche passo avanti in quella direzione è stato fatto ma a tutt'oggi non si sa neppure di cosa si parli. È un titolo sotto il quale non figurano neppure le prime righe dell'articolo. Trattandosi dell'asse centrale della strategia del premier italiano contro il caro energia è troppo poco. L'Energy Fund, o comunque una qualche formula di condivisione europea del debito per fronteggiare la crisi energetica, è passato in cavalleria. I tempi sono cambiati. L'era Covid, con il Recovery Fund, è lontana.
Quell'era è alle spalle anche da un altro e più stringente punto di vista. Il caro energia e l'inflazione sommati rendono urgenti interventi a sostegno della popolazione e delle aziende. Draghi li ha promessi e garantiti senza però approfondire il capitolo fondi: da dove cioè verranno presi i mld necessari. La strada praticabile per dispiegare interventi adeguati alla gravità della situazione sarebbe un massiccio scostamento di bilancio, nell'ordine dei 35- 40 miliardi. Ma la disponibilità della Bce, quella che ha permesso di fronteggiare la crisi Covid, non c'è più. Quel che si richiede, anzi si impone, ora è l'opposto: un avvio drastico di rientro dal debito, non ulteriori indebitamenti. La guerra, la crisi energetica che era iniziata ben prima del 24 febbraio, l'inflazione in buona parte, ma non del tutto, conseguente alla crisi ucraina rendono molto più difficile la scommessa fatta da Draghi subito dopo l'insediamento a palazzo Chigi. L'Italia è uno dei pochissimi Paesi che abbiano scelto di accedere per intero ai fondi del Next Generation Eu, non solo quelli a fondo perduto, i grants, ma anche i prestiti, i loans. In quel ristretto gruppo di Paesi è l'unico che abbia chiesto l'intera somma disponibile e non una quota limitata. La sfida era in tutta evidenza quella di cogliere l'occasione per trarre il Paese fuori non solo dalla crisi Covid ma dall'intera stagnazione degli ultimi decenni. Il Pnrr, per vincere la scommessa, dovrebbe innescare una ripresa più che impetuosa e i risultati del 2021 sono stati in effetti superiori alle più rosee aspettative. Ma la crisi, l'inflazione e la strategia con la quale la Bce intende fronteggiarla, il rialzo dei tassi, mettono a rischio proprio quella ripresa.
Mario Draghi, oggi, è un premier assediato ma solo in parte dalle forze politiche della sua maggioranza che scalpitano in vista delle ormai imminenti elezioni politiche. Quelle tensioni si intrecciano con una serie impressionante di difficoltà oggettive che potrebbero nel prossimo futuro peggiorare e forse peggiorare di molto, ad esempio se la Russia decidesse di interrompere del tutto le forniture di gas o se la guerra in Ucraina richiedesse un maggior coinvolgimento dei Paesi Nato. Non dipendono né dal governo né dalle divisioni della maggioranza quelle difficoltà che si sommano fino a formare una specie di labirinto. In compenso dipende dalla natura anomala di questa maggioranza e dai limiti delle forze che la compongono l'impossibilità di affrontarle a viso aperto, senza minimizzare e coinvolgendo davvero Parlamento e Paese.