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In un recente convegno, il presidente dell'Unione Camere civili Antonio de Notaristefani ha confessato, in modo solo apparentemente paradossale, che ormai il vero segreto di uno studio legale consiste nel poter disporre di una segretaria abile nella gestione delle comunicazioni e dei sistemi telematici.
È evidente, in effetti, come l'attività di un avvocato sia assorbita in misura sempre maggiore dalla gestione e dai contrattempi del deposito digitale degli atti. Ecco perché sembra non priva di un certo peso l'ordinanza n. 28545 del 2023, pubblicata il 13 ottobre scorso, in cui la Cassazione ha affrontato le conseguenze del deposito telematico di un ricorso in un registro di cancelleria sbagliato.
La vicenda
Nel caso in questione, un debitore ha depositato un ricorso presso il Tribunale per richiedere l'ammissione alla procedura di ristrutturazione dei debiti. L'iscrizione al ruolo del ricorso è stata depositata nell'Ufficio di volontaria giurisdizione del Tribunale. Il giorno stesso del deposito, il ricorrente ha ricevuto tre ricevute importanti: una conferma dell'accettazione, una di consegna avvenuta e una di esito positivo dei controlli automatici.
Tuttavia, il giorno successivo, la cancelleria ha rifiutato l'iscrizione al ruolo del ricorso perché era stato indirizzato alla cancelleria della volontaria giurisdizione anziché a quella fallimentare. Alla ricezione della comunicazione di mancata accettazione, il ricorrente ha presentato una nuova iscrizione a ruolo, specificando che il ricorso doveva essere considerato depositato il giorno precedente, cioè il 14 luglio 2022.
Il Tribunale ha dichiarato il ricorso inammissibile, sostenendo che il deposito era avvenuto il 15 luglio, data di entrata in vigore del codice della crisi d'impresa che prevedeva il "concordato minore" anziché l'accordo di ristrutturazione dei debiti, richiedendo un canale diverso per la presentazione. Il ricorrente ha quindi presentato una questione di legittimità costituzionale alla Corte di Cassazione, sostenendo la violazione dell'art. 16 bis, co. 7, del d.l. n. 179/2012 (convertito dalla l. n. 221/2012) che stabilisce come avvenuto il deposito “al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia”.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso del debitore, annullando la decisione del Tribunale. La causa è stata rinviata al Tribunale di origine per una nuova valutazione. La decisione si basa su principi già stabiliti in precedenti sentenze della Cassazione.
In particolare, gli Ermellini hanno sottolineato che il deposito telematico di un atto si considera concluso al momento della generazione della ricevuta di consegna da parte del sistema. L'uso di un registro diverso da quello degli affari contenziosi non determina la nullità processuale, in quanto non esiste una norma di legge che lo preveda. Una volta che l'atto è stato inserito nei registri informatici del tribunale e si è generata la ricevuta di consegna, l'obiettivo del deposito è considerato raggiunto. Questo riguarda principalmente l'interazione tra la parte e l'ufficio giudiziario e la disponibilità dell'atto per le altre parti coinvolte.
Nel caso specifico, la Cassazione ha stabilito che il ricorso era stato depositato il 14 luglio 2022, prima dell'entrata in vigore del codice della crisi di impresa il 15 luglio 2022, e quindi era soggetto alla precedente disciplina.