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Letizia Mannella con Alessia Menegfazzo all’Udienza del Processo a Alessandro Impagnatiello per l’omicidio di Giulia Tramontano e il figlio
Il processo contro Alessandro Impagnatiello per l’omicidio di Giulia Tramontano va verso la conclusione a Milano, con le accuse della procura che gettano luce sui dettagli del crimine. Impagnatiello, accusato di aver ucciso la compagna incinta, affronta ora una fase cruciale del procedimento, con la pubblica accusa che espone la sua requisitoria. Nel frattempo, la presidente della corte d'Assise di Milano, Antonella Bertoja, ha autorizzato le riprese video, ma ha chiarito che l’imputato «ha manifestato volontà di non essere fotografato e ripreso».
La pm Alessia Menegazzo ha presentato il caso come «un viaggio nell’orrore», descrivendo il crimine come uno degli omicidi più efferati. Tramontano, incinta di sette mesi, è stata uccisa con 37 coltellate. La pm ha precisato: «Il dibattimento ha fornito prove certe. Qualunque sarà la decisione, il giudizio si baserà su elementi chiari e incontrovertibili». La prova risulta solida grazie a una serie di testimonianze e materiale probatorio raccolto con accuratezza, dalla perizia disposta dalla corte fino alle analisi eseguite sulle dichiarazioni e sugli indizi raccolti.
Responsabilità e confessione
Impagnatiello, secondo l'accusa, ha confessato solo sotto pressione e in presenza di prove schiaccianti. «Ha ammesso i fatti quando non poteva fare altrimenti» ha dichiarato la pm Menegazzo. La confessione, dunque, non appare spontanea, ma piuttosto una mossa strategica per contenere le accuse.
Durante il dibattimento, la pm ha dichiarato che Impagnatiello ha agito con «narcisismo mortale», portando avanti per mesi un piano omicida per liberarsi della compagna e del bambino che portava in grembo, ostacoli alla sua nuova relazione. La pm ha aggiunto che Impagnatiello aveva iniziato le sue ricerche su internet già a dicembre 2022, consultando informazioni sui possibili effetti del veleno per topi sulle gravidanze. Il 27 maggio, giorno del delitto, avrebbe semplicemente adattato i suoi piani per realizzare l’omicidio.
Il quadro psicologico
Il ritratto psicologico di Impagnatiello tracciato in aula lo descrive come «un manipolatore, psicopatico e bugiardo», incapace di provare empatia, rimorso o morale. L’accusa ha sottolineato il «lucido controllo» con cui ha agito e la «rabbia fredda» che ha guidato il delitto. L’omicidio non deriva, dunque, da un impulso improvviso o da un raptus, ma da una premeditazione fredda e calcolata. L’intenzione di simulare la scomparsa di Giulia, inscenando un possibile suicidio, rappresenta un ulteriore elemento della spietata pianificazione.
Movente dell’omicidio
Il movente, secondo la pm, risiede nel fatto che Giulia e il piccolo Thiago rappresentavano un ostacolo per la relazione che Impagnatiello intendeva mantenere con l'amante. A quest’ultima aveva promesso che «non ci sarebbero stati più ostacoli» tra loro, chiaro segnale dell’intenzione di sbarazzarsi della compagna e del bambino in arrivo.
Ammissione sotto pressione
Quando la pressione delle prove è diventata insostenibile, Impagnatiello ha ammesso le proprie colpe solo per evitare un peggioramento della situazione. Tuttavia, anche durante gli interrogatori tra il 31 maggio e il 1 giugno, avrebbe continuato a mentire, fingendo collaborazione mentre tentava di deviare le indagini. La pm ha affermato che i suoi comportamenti rivelano un’ennesima dimostrazione di manipolazione, con una confessione costruita per sembrare spontanea ma priva di vera cooperazione. La procura di Milano dunque si appresta a chiedere l’ergastolo.