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Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato due schemi di decreto legislativo: il primo concernente la disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili, il secondo centrato sulla riforma ordinamentale della magistratura. In pratica si tratta dei decreti attuativi della riforma Cartabia sul Csm, che ora dovranno passare al vaglio delle commissioni parlamentari di competenza. Volendo usare un’espressione particolarmente evocativa, potremmo dire che alla magistratura sono stati dati il bastone e la carota.
Partiamo dal primo, ossia dal capitolo sulla valutazione di professionalità del magistrato, e in particolare dal cosiddetto “fascicolo”, ossia l’indicatore statistico sugli insuccessi processuali a cui subordinare scatti di carriera ed eventuali incarichi direttivi. La professionalità dei magistrati si misurerà in relazione a «capacità, laboriosità, diligenza e impegno», secondo parametri oggettivi «che sono indicati dal Csm».
Le toghe continueranno a essere sottoposti a valutazione di professionalità ogni quadriennio. In particolare, «la capacità, oltre che alla preparazione giuridica e al relativo grado di aggiornamento, è riferita, secondo le funzioni esercitate, al possesso delle tecniche di argomentazione e di indagine, anche in relazione alla sussistenza di gravi anomalie concernenti l’esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del giudizio ovvero alla conduzione dell’udienza da parte di chi la dirige o la presiede, all’idoneità a utilizzare, dirigere e controllare l’apporto dei collaboratori e degli ausiliari». E nel nuovo “fascicolo” sulle attività del magistrato, possono costituire «indice di grave anomalia il rigetto delle richieste avanzate dal magistrato o la riforma e l’annullamento delle decisioni per abnormità, mancanza di motivazione, ignoranza o negligenza nell’applicazione della legge, travisamento manifesto del fatto, mancata valutazione di prove decisive, quando le ragioni del rigetto, della riforma o dell’annullamento sono in se stesse di particolare gravità ovvero quando assumono carattere significativo rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato».
La mancata definizione minuziosa della ‘grave anomalia’ accoglie il suggerimento che il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto aveva lanciato a fine agosto in un’intervista al Dubbio, quando aveva spiegato: «Ritengo che non si debba definire il concetto di “grave anomalia”: toccherà poi a chi dovrà, volta per volta, giudicare il comportamento del singolo stabilire se è “grave anomalia” un unico comportamento molto grave o se non costituisce “grave anomalia” una pluralità di comportamenti che possono essere meno gravi».
Sarà il Csm con propria delibera a stabilire «i criteri per articolare il giudizio positivo nelle ulteriori valutazioni di “discreto”, “buono” o “ottimo” con riferimento alle capacità del magistrato di organizzare il lavoro», valide però solo per il conferimento di incarichi direttivi. Se invece «il giudizio è “negativo”, il magistrato è sottoposto a nuova valutazione dopo un biennio». Il Csm «può disporre che il magistrato partecipi a uno o più corsi di riqualificazione professionale in rapporto alle specifiche carenze di professionalità riscontrate».
La carota riguarda il nodo delle toghe fuori ruolo. «I magistrati possono essere collocati fuori ruolo nel rispetto dei seguenti numeri massimi: ordinari 180 unità, amministrativi 25 unità, contabili 25 unità. In ogni caso, i magistrati ordinari non possono essere collocati fuori ruolo presso organi o enti diversi dal ministero della Giustizia, dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, dal Csm e dagli organi costituzionali in numero superiore a 40 unità». Si tratta di una diminuzione risibile, sui cui si era espresso criticamente già la scorsa estate il presidente del Cnf Francesco Greco: «Avevamo proposto di ridurre i fuori ruolo a 100 con un meccanismo progressivo che nell’arco di cinque anni li portasse poi a 50, in modo da far ritornare gli altri a fare i magistrati nelle aule di giustizia. La linea che, invece, è passata in una Commissione composta nella stragrande maggioranza da magistrati», aveva osservato Greco a proposito del gruppo di studio presieduto da Claudio Galoppi, «è che si passa da 200 a 180 magistrati». Non bastano a rendere meno politicamente indigesto questo taglio di appena il 10% la sospensione, per le toghe “distaccate”, degli scatti di carriera, oltre al divieto di lasciare la trincea della giurisdizione quando il Tribunale o la Procura di provenienza sono sotto organico.
Infine nei Consigli giudiziari è confermata la facoltà per «i componenti avvocati e professori universitari» di «partecipare alle discussioni e assistere alle deliberazioni» sulle “carriere” dei magistrati. Con diritto di voto, per i soli avvocati, legato a eventuali deliberazioni del «Consiglio dell’Ordine», che si riflettono nel «voto unitario» dei legali presenti nei “mini- Csm”.