PHOTO
La inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte di Cassazione è un evento istituzionali interno alla magistratura, e dà modo di valutare le vicende interne della sua struttura e del suo rapporto con il Csm, il suo funzionamento e la sua efficienza nel rendere giustizia. Questo anno la inaugurazione ha avuto uno stile e un contenuto diverso sul quale ci soffermeremo nei prossimi giorni Il discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario del ministro di Giustizia al Parlamento invece era atteso come ultimo appuntamento di verifica della volontà del governo di attuare il programma indicato al Parlamento, ma soprattutto di una proposta strategica per la giustizia. La legge negli ultimi anni ha previsto questo appuntamento con il Parlamento per rendere noto lo stato dell’amministrazione, ma soprattutto per attribuire al Parlamento un ruolo da protagonista nell’indicare prospettive e soluzioni per l’organizzazione giudiziaria e per la individuazione del ruolo della magistratura nel rapporto con le istituzioni. Non per niente dopo quella legge è stata presentata in Parlamento una proposta per stabilire le priorità nel perseguire i reati che finora sono nella discrezionalità dei singoli inquirenti, priorità dei reati da indicare ai pubblici ministeri che il ministro Cartabia ha cercato di portare avanti con scarso successo.
Il ministro ha fatto una meticolosa esposizione di cose fatte, del ruolo chiave avuto dal ministero in questo anno e con abilità ha sorvolato sulle iniziative legislative che a mio parere non potevano avere il suo consenso personale culturale e giuridico per come tutti conoscono il suo scrupolo e la sua concezione penalistica. Il ministro ha riportato le valutazioni del suo ministero, dei suoi direttori generali, dei magistrati che hanno ancora un ruolo di indirizzo. Quindi il rapporto è risultato manchevole di una strategia per la giustizia nel suo rapporto con le istituzioni per il consolidamento della democrazia. Devo dire che la sua vera e propria relazione doveva cominciare dagli ultimi periodi del suo discorso, perché incomincia da lì il suo vero discorso sulla giustizia con poche battute, troncate improvvisamente.
Se la giustizia poggia su i pilastri indicati: la civiltà giudaico- cristiana e la civiltà greco- romana e se la tradizione del diritto romano, alla quale non possiamo non essere affezionati, sancisce la “legalità”, la “tassatività”, e la “specificità”, vuol dire che la giustizia in Italia è fuori controllo perché non corrisponde a canoni specifici e a regole consolidate. Il confronto in Parlamento doveva servire a individuare, dopo una diagnosi accurata, una terapia adeguata. L’assenza o certamente l’indifferenza a quelle preziose radici culturali ricordate, ha determinato nel nostro Paese uno squilibrio istituzionale e la prevalenza del giudiziario sul legislativo e sulla politica e ha alterato l’assetto democratico e istituzionale del paese.
Il compito di un ministro del livello dell’attuale guardasigilli non era quello di fermarsi all’ordinaria amministrazione ma era quello di indicare una riforma vera, strategica, costituzionale perché la magistratura oggi è cosa diversa da quella del 48 e ha bisogno urgentemente di una nuova regolamentazione, di una disciplina diversa da quella indicata dai costituenti. È questa parte della Costituzione, e non altre!, che va modificata e adeguata al ruolo nuovo che deve esercita la magistratura L’indipendenza, non l’autonomia che è tipica dell’ancien regime, deve essere esaltata e deve coniugarsi con una responsabilità istituzionale: questo il problema della
magistratura e della giustizia oggi, questo è il tema arduo che si rinunzia da anni ad approfondire. Il pan penalismo che ha guidato le iniziative del governo è in contraddizione con tutte le culture da lui indicate, con i principi del diritto romano e per questo purtroppo il bilancio del primo anno di governo non può essere positivo.
Il dibattito parlamentare, ahimè! è stato lontano dal “volo alto” che pure il ministro ha intrapreso per pochi minuti alla fine del discorso!
Per essere ancora più chiaro debbo dire che considero ordinaria amministrazione anche le piccole riforme avviate, tardive e sofferte come l’abrogazione del reato contro la pubblica amministrazione, del traffico di influenze che non hanno né “tipicità” né “specificità” e che pure continuano a destare tanta contrarietà da parte della magistratura. La quale da “ordine” come era stata classificata nella Costituzione ha conquistato un eccezionale potere giudiziario, e il “potere” senza controllo distrugge la “legalità” e la “tassatività” come ben sanno i giuristi. Questo potere i magistrati lo esercitano anche formalmente sul piano politico nell’ambito del ministero di Giustizia e in altre istituzioni che il ministro, non è riuscito a scalfire se non in minima parte!
La presenza di magistrati al ministero di Giustizia poteva essere giustificata all’inizio degli anni 50 quando la magistratura era, riteneva di essere e appariva “bocca della legge” con una certezza della norma consolidata, ma non oggi, nell’epoca nella quale essa ritiene di porsi “di fronte alla legge” con l’unico intento di interpretarla.
Naturalmente bisogna dire che il legislatore fa di tutto per rendere ancora più incerta la norma, per inventare nuovi reati in maniera irrazionale e con pene non proporzionali.
Si è addirittura introdotta una norma che, non credo abbia precedenti, prevista dall'art. 18 del disegno di legge in materia di sicurezza, che punisce gli atti di «resistenza anche passiva all'esecuzione degli ordini impartiti», commessi da detenuti!.
Sono queste le grandi questioni della giustizia e della sua necessaria disciplina costituzionale e istituzionale che il governo e il Parlamento sono chiamati a risolvere.