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«Sul magistrato grava oggi una enorme responsabilità: quella di risultare un credibile ed autorevole organo di risoluzione dei conflitti in un “mondo in movimento”; quella di essere un punto fermo ancorato alla legge e ad essa soltanto, in un dinamismo a volte privo di una direzione univoca, in una evoluzione dei diritti che, se non supportata adeguatamente dall'attività legislativa, espressione questa della volontà popolare, finisce con l'essere una involuzione della dimensione giuridica nel suo complesso». Lo ha sottolineato il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Fabio Pinelli, in un messaggio inviato al Congresso di magistratura democratica, in corso a Napoli, dedicato a "Conflitti e diritti in un mondo in movimento".
«Questa è la grande sfida che il quadro politico-istituzionale e, per quanto di sua competenza, l'organo di governo autonomo della magistratura, hanno di fronte - ha spiegato Pinelli - La moderna società complessa deve potersi affidare, per la legittima tutela dei diritti di ciascuno, a magistrati riconosciuti come soggetti autenticamente autonomi e indipendenti nell'espressione del loro giudizio e nell'esercizio delle loro funzioni. E questo riconoscimento collettivo del magistrato deve essere considerato anche da un'altra prospettiva: quella dei doveri di chi è chiamato a questo ruolo di composizione del conflitto. Guardando a società fortemente polarizzate, come la nostra, ci si accorge che esse hanno bisogno di figure terze in grado di risolvere in modo credibile i conflitti, soggetti che per il loro specifico ruolo costituzionale hanno doveri più stringenti di qualsiasi altro funzionario pubblico. Mi riferisco ad attori della giurisdizione che siano anzitutto proiettati nella dimensione del dovere: perché essere magistrato è un potere ma anche, e vorrei dire soprattutto, una responsabilità e un servizio per il Paese».
«È anche da come si sceglie di essere al servizio della collettività, e di apparire terzi e indipendenti, non solo di esserlo - ha ammonito il vicepresidente del Csm - che dipende il modo in cui viene avvertita la genuinità del giudizio e l'autorevolezza dell'istituzione. Da questo servizio reso alla collettività da ogni singolo magistrato passa la tenuta del sistema sociale e la stessa sopravvivenza, nel contesto di tumultuosi mutamenti, della cornice politico-istituzionale».