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IGNAZIO LA RUSSA PRESIDENTE DEL SENATO
«Non ho sentito Natoli in questi giorni. Non do consigli, così come lei non ne chiede a me io non ne chiedo a lei». Il presidente del Senato Ignazio La Russa si smarca dallo scandalo del Csm. E a quanti, in queste ore, chiedevano un suo intervento per convincere la sua “pupilla” Rosanna Natoli - da lui fortemente voluta a Palazzo Bachelet come laica del centrodestra - ha risposto picche.
Il messaggio, si vocifera tra i corridoi di un palazzo travolto dall’ennesimo scandalo evitabile, è che La Russa voglia lavarsene le mani, provando a fare resistenza. Tradotto: se vogliono che se ne vada devono cacciarla apertamente, con tutte le conseguenze del caso. Ovvero finire per dare ragione a chi, in queste ore, prova a ribaltare i fatti, sminuendo le responsabilità di Natoli per raccontare di un presunto golpe in seno al Csm. E per forzare la mano al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che più di un lavoro di moral suasion non può fare.
Il fatto ormai è noto: la laica di FdI, a novembre scorso, ha incontrato in privato la giudice Maria Fascetto Savillo, sottoposta a un procedimento disciplinare, alla quale avrebbe dato alcune “dritte” sulla sua posizione. Un incontro che la toga ha registrato, consegnando tutto al suo legale, Carlo Taormina, che la scorsa settimana lo ha consegnato ai giudici disciplinari durante un’udienza procedimento. Il vicepresidente Fabio Pinelli, a quel punto, non ha potuto far altro che mandare tutto in procura a Roma. Avvisando il Capo dello Stato, in quel momento in Brasile, che al suo ritorno lo ha incontrato al Colle manifestando disappunto per la situazione.
Ma Taormina non si è fermato, denunciando infine, come raccontato lunedì dal Dubbio, tutta la Commissione disciplinare, nella convinzione che in Camera di consiglio sia stata stravolta la sentenza che ha portato alla perdita di anzianità della sua assistita. Una convinzione che era stata la stessa Natoli, stando alla registrazione, a instillare, avendo ammesso, durante quell’incontro, di violare la camera di consiglio: il suo intento, nel procedimento disciplinare precedentemente chiuso, aveva evidenziato, era quello di proporre la censura. Ma a seguito dello sfogo di Fascetta Savillo su alcuni magistrati, il convincimento della Commissione era cambiato, arrivando ad una sentenza più dura. Perché quei colleghi oggetto di critiche e accuse, ha sostenuto Taormina, erano intoccabili, al punto da spingere qualcuno ad invitare la toga incolpata a desistere.
L’aria, dunque, è tesa a Piazza Indipendenza. E la mossa di La Russa non fa che aumentare questa tensione. Il presidente del Senato ha deciso di ignorare la lettera scritta da decine di cittadini e professionisti, che hanno invitato La Russa a esprimersi sulla vicenda - si legge -, «che noi consideriamo gravissima e fortemente lesiva dell’immagine di un organo istituzionale così importante come il Csm. Anche perché – lo diciamo con la massima sincerità – lei, senatore La Russa, per noi è comunque responsabile della elezione della consigliera Natoli e pertanto riteniamo doverose delle sue risposte». Che non sono arrivate.
Oggi, intanto, è atteso il primo plenum dopo l’esplosione del caso e anche questa volta, stando a quanto trapela dal Csm, Natoli non si presenterà. Si tratta probabilmente dell’ultima assemblea convocata prima della pausa estiva, una boccata d’ossigeno per i laici di centrodestra, che sperano di poter far passare agosto senza ulteriori polemiche, per tornare a settembre con un clima più sereno.
Ma la questione rimane aperta, anche perché senza un “incoraggiamento” a mollare la presa da parte di La Russa Natoli potrebbe confermare la sua intenzione di rimanere in sella. A quel punto, contrariamente a quanto sostenuto da molti, cacciarla sarà praticamente impossibile: secondo il regolamento (articolo 37 della legge 195/ 1958), il Consiglio, con maggioranza di due terzi, può sospendere la consigliera, che a quel punto però non potrà essere sostituita. Ma non sulla base della sola iscrizione sul registro degli indagati: il nuovo articolo 335 del codice di procedura penale esclude infatti il pregiudizio amministrativo della sospensione (irrogata per regolamento interno del Csm) solo perché indagata.
Stando al nuovo testo, infatti, «la mera iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito». Insomma, tutto potrebbe rimanere invariato, se Natoli non farà un passo indietro. E in quel caso toccherebbe al Parlamento trovare un sostituto, per il quale saranno necessari i voti dei 3/ 5 delle Camere, ossia i voti di maggioranza ed opposizione. A quel punto, ha ipotizzato il deputato di Azione Enrico Costa, il rischio sarebbe quello dell’inerzia, con il Csm privato di un membro laico e gli equilibri attuali scompigliati. Un’opzione che, però, a Palazzo Bachelet sembrano scartare come complosttistica.
Ieri, intanto, si è svolta l’udienza sulla richiesta di sospensione della misura cautelare, alla quale Taormina si è presentato impassibile. Nel frattempo è stato composto un nuovo collegio che martedì, presieduto dalla laica Isabella Bertolini, dovrà pronunciarsi sulla richiesta di ricusazione avanzata da Taormina.