«Noi magistrati componenti del Consiglio superiore della magistratura manifestiamo l’adesione alle ragioni dello sciopero dell’Associazione Nazionale Magistrati. Invero si tratta di uno sciopero che la magistratura associata ha indetto non per tutelare interessi di categoria, ma per porre con forza all’attenzione dell’opinione pubblica il tema della garanzia dell’autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario e, dunque, della tutela dei diritti di tutti». Con queste parole, 19 consiglieri togati su 20 di Palazzo Bachelet aderiscono, idealmente, alla protesta indetta dall’Anm contro la separazione delle carriere.

Non in senso pratico, ma in senso «politico e morale», per evitare una esposizione mediatica che potrebbe risultare negativa, soprattutto alla luce del parere negativo sulla riforma espresso in Consiglio proprio dagli stessi togati. Eccetto uno, l’indipendente Andrea Mirenda, che dopo essersi astenuto in quella occasione, oggi dichiara la sua contrarietà alla scelta dei colleghi. «Diversamente dagli altri togati, non aderirò alle ragioni dello sciopero, pur nella ferma contrarietà al progetto sull’Alta Corte», sottolinea, criticando l’Anm per la sua mancanza di volontà nel risolvere la questione morale all’interno della magistratura.

Secondo Mirenda, l’Anm non affronta il problema delle correnti e del “nominificio consiliare”, che mina l’indipendenza della magistratura. «Solo il sorteggio, almeno fino a quando non si darà ingresso alla rotazione negli incarichi direttivi, può garantire un argine al potere delle correnti», afferma, sottolineando che lo sciopero mira a impedire proprio questa riforma. Molti magistrati hanno espresso la loro contrarietà alla protesta organizzata dall’Anm, ricordando che si tratta di un iter legislativo ancora in corso, legittimamente inserito nel programma del governo e che ha ricevuto il sostegno popolare. «Credo che un potere dello Stato debba porsi qualche problema di serietà nel protestare contro il potere legislativo», afferma ancora Mirenda, sottolineando che il programma del legislatore è stato discusso e validato dal voto popolare.

Le mail delle giunte locali dell’Anm, intanto, esplodono, con messaggi poco concilianti, come quello di Ida Moretti, ex componente del Comitato direttivo centrale per i 101. «La “partecipatissima assemblea generale del 15 dicembre” ha deliberato lo sciopero in modo unitario a patto che non si manifestasse netta contrarietà al sorteggio - scrive -. A soli due giorni dal proclamato sciopero, la nuova Gec tradisce platealmente il mandato assembleare, ponendo al primo posto la contrarietà al sorteggio e solo “infine” la contrarietà alla separazione delle carriere, lasciando intendere che potrebbe anche passare, a patto di lasciare inalterato l’attuale sistema di occupazione delle istituzioni da parte delle correnti. A queste nuove condizioni io non sciopero».

L’opposizione non è solo interna, ma anche esterna, con l’Unione delle Camere penali che ribadiscono gli effetti “positivi” della separazione sulla giustizia penale, che sarebbe così più moderna e aderente al modello processuale vigente. Avere due Consigli superiori per giudici e pm garantirebbe maggiore indipendenza e autonomia, evitando i condizionamenti derivanti da un governo comune che gestisce carriere e disciplina.

«Gli scandali nella gestione delle carriere, come lo scandalo Palamara, non vengono mai citati dai vertici dell’Anm», rileva l’Unione, criticando la politicizzazione interna del sindacato dei magistrati, oggetto di critiche da ampi settori della magistratura. Secondo i penalisti, infatti, lo sciopero non è mirato a difendere i diritti dei cittadini, ma piuttosto a tutelare i privilegi interni delle correnti. Anche perché la riforma, affermano, non intacca l’indipendenza della magistratura, che rimane garantita dall’articolo 104 della Costituzione, ma al contrario, rafforzerebbe l’autonomia rispetto ai condizionamenti e alle influenze interne.

In questo contesto, la protesta dell’Anm appare, a loro dire, come una difesa di un potere corporativo, distante dalla sobrietà e imparzialità che i cittadini si aspettano dalla magistratura. «Scioperi, gadget, coccarde ed assemblee, invasione dei social con discutibili inserti recitati da professionisti, atti giudiziari inviati dalle cancellerie - conclude la nota - utilizzati come veicolo di messaggi di tipo politico e sindacale – per avversare la legittima (ma non gradita) attività del potere legislativo – mostrano il volto di una magistratura distante da quella sobrietà ed imparzialità che i cittadini si attendono».