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Con l’elezione di Elisabetta Chinaglia, esponente del cartello delle toghe progressiste Area, il Consiglio superiore della magistratura torna a pieno organico, dopo le dimissioni nei mesi scorsi dei cinque membri coinvolti negli incontri con i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti. Per lei 2362 voti, quelli del suo gruppo e, probabilmente, anche quelli dei davighiani di Autonomia&Indipendenza che a queste elezioni non avevano presentato alcun candidatoSecondo, con 1983 voti, Pasquale Grasso, presidente dell’Anm in quota Magistratura indipendente per novanta giorni, prima di essere sfiduciato a giugno proprio dai colleghi di Area ed A&i. Solo 1150 voti, infine, per Silvia Corinaldesi, candidata di Unicost, la corrente dell’ex togato del Csm Luca Palamara, i cui colloqui, intercettati con il Trojan e pubblicati sui giornali la scorsa primavera, avevano appunto terremotato il Csm.In totale i votanti sono stati 5592. Ben 491 le schede bianche. Forte l’astensione rispetto all’elezione del 2018 per il rinnovo della consiliatura quando i votanti erano stati oltre 8000 e le schede bianche solo 211.A distanza di poco più di un anno la compagine togata al Csm è, dunque, mutata radicalmente. Nel 2018 il binomio Area ed A&i aveva sei componenti. Che adesso sono diventati dieci.Mi ed Unicost, invece, da dieci sono passati a sei.Questo ribaltamento dei rapporti di forza non potrà non avere conseguenze nelle prossime nomine. A partire da quella per la Procura di Roma. A maggio, la Commissione per gli incarichi direttivi aveva votato Marcello Viola, procuratore generale di Firenze ed iscritto a Magistratura indipendente, come sostituto di Giuseppe Pignatone. Difficilmente, con i numeri attuali in Plenum, la sua nomina potrà avere qualche possibilità di successo. L’anno prossimo sono già in calendario le elezioni per il rinnovo dell’Anm. Non è escluso che ci possano essere sorprese, con l’uscita di qualche gruppo di magistrati che non si riconosce più nell’attuale assetto.Un dato comunque è certo. Come nella politica nazionale, anche in magistratura si profila un bipolarismo. Da un lato un raggruppamento progressista e massimalista. Dall’altro un contenitore moderato.Un primo banco di prova sarà sulla riforma della prescrizione. Se Davigo è favorevole alla proposta del ministro Alfonso Bonafede di interromperne il decorso dopo il primo grado, Antonio D’Amato, togato al Csm di Mi, ha invece manifestato la propria contrarietà. Avrà “effetti dirompenti” sui processi” e “la voglia di manette non è mai un bene: con la forca non si rimette in sesto un Paese”, le sue parole.