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Nella foto Fimiani e Gaeta
Sarà una battaglia tesa quella che il 26 febbraio si giocherà al Consiglio superiore della magistratura, chiamato a scegliere il nuovo procuratore generale della Cassazione. Una battaglia a due, che si svolgerà al cospetto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il cui invito ad un una scelta unanime è, però, caduto nel vuoto.
Dalla V Commissione arriveranno due proposte: la prima, quella di maggioranza, approvata con 5 voti, è per Pietro Gaeta, attualmente avvocato generale della Cassazione, mentre la seconda riguarda Pasquale Fimiani, anch’egli avvocato generale a Piazza Cavour. Per la proposta di maggioranza hanno votato il laico di Iv Ernesto Carbone, presidente della Commissione (e relatore della proposta), e i togati Maurizio Carbone (Area), Michele Forziati (Unicost), Domenica Miele (Magistratura democratica) ed Eligio Paolini (Magistratura indipendente).
A sostegno della proposta riguardante Fimiani, invece, la consigliera laica eletta in quota Lega, Claudia Eccher. La sua scelta di discostarsi dalle indicazioni del Colle ha di fatto gelato la V Commissione, preoccupando non solo il presidente Carbone, ma anche il vicepresidente di Palazzo Bachelet Fabio Pinelli. La laica ha infatti giustificato il suo “rifiuto” tirando fuori la chat di Gaeta con Luca Palamara, ex presidente dell’Anm ed ex zar delle nomine.
Chat che, a corrente alternata, vengono usate per punire o assolvere magistrati che, a turno, si sono ritrovati a bussare alla sua porta, chiedendo consigli o aiuti. La vicenda di Gaeta, in realtà, non è chiarissima e riguarda una sola conversazione, divisa in più messaggi, nemmeno inviati da lui. Il tutto, però, alla vigilia di una nomina importante, quella di avvocato generale.
Secondo l’interpretazione fatta dai laici di centrodestra, Gaeta, magistrato in quota Md (la corrente più invisa alla maggioranza), avrebbe chiesto un appuntamento a Palamara. Non direttamente, appunto, bensì attraverso la mediazione di un altro magistrato. «Ciao Luca - scriveva il 26 aprile 2018 Pina Casella, sostituto procuratore generale della Cassazione in quota Unicost, la stessa corrente di Palamara - sono in ufficio con Piero Gaeta che vorrebbe salutarti come già sai. Io ritorno a Roma il 2. Riesci quella settimana a passare dalle nostre parti per un caffè?». «Sì, assolutamente sì, con piacere», rispondeva Palamara. L’incontro fu poi rimandato, ma i messaggi continuarono fino a quando non fu possibile programmare l’incontro. Ovvero il 16 maggio. «Siamo a pranzo al francese - scriveva Casella - ti aspettiamo per il caffè come d’intesa». «Alle 1515 sono da voi», rispondeva l’ex presidente Anm. La promozione di Gaeta arrivò quando Palamara non era più al Csm, a febbraio 2019. Era comunque il più titolato, l’unico nome possibile da scegliere e infatti superò all’unanimità la prova del plenum, che lo scelse come avvocato generale. Non c’è dubbio che non servisse l’aiuto di Palamara. Né ci sono prove che ci sia mai stato questo aiuto. Ma la storia si tinge di un altro elemento perché a sostenere l’accusa nel procedimento disciplinare a carico di Palamara è stato lo stesso Gaeta, che poi propose e ottenne la radiazione.
Le cronache del Csm sono piene di casi ben più gravi di magistrati che hanno chiesto aiuto a Palamara e che poi non hanno subito alcuna conseguenza. Ma poco importa: per i laici di centrodestra tanto basta per opporsi alla nomina di Gaeta. Spalleggiati dal capogruppo al Senato di Forza Italia Maurizio Gasparri, che ha depositato un’interrogazione di fuoco chiedendo chiarimenti.
Ed è toccato ad Eccher, in Commissione, testimoniare questo disagio. Se ci si attenesse al curriculum, stando ai rumors di palazzo, non ci sarebbero dubbi che l’unico titolato a diventare il successore di Luigi Salvato sia Gaeta. Ma la seduta, convocata durante la settimana di bianca, rischia di riservare parecchie sorprese. In un clima di tensione, davanti a Mattarella, che per tradizione presiede la nomina del procuratore generale e del Primo presidente della Cassazione. Ma non si tratta di una mera valutazione di titoli: i calcoli sono i soliti. E complicati da quella che si preannuncia una spaccatura di Magistratura indipendente, rimasta “ferita” dall’atteggiamento di Gaeta nei confronti dei consiglieri di Mi finiti sotto procedimento disciplinare nel post Hotel Champagne.
Il che potrebbe complicare il percorso di Gaeta verso una delle poltrone più ambite della magistratura. Il magistrato di Md potrà contare sui voti di Area e Unicost, su quelli della togata di Md Mimma Miele e su quelli degli indipendenti Andrea Mirenda e Roberto Fontana, per un totale di 13 voti.
Ma a decidere le sorti della questione saranno, appunto, i sette voti dei togati di Mi. Sono già certi i cinque voti dei laici di centrodestra per Fimiani, ma le cose, da qui al 26 febbraio, potrebbero cambiare.
Dopo la stesura delle motivazioni delle due proposte da parte dei relatori, e dopo il necessario “concerto” del Guardasigilli, sarà quindi il plenum a decidere come dirimere la questione. E scegliere chi sarà il nuovo pg della Cassazione, che, tra le competenze, ha anche quella relativa, assieme al ministro della Giustizia, all’esercizio dell’azione disciplinare per le toghe.