Si infiamma il dibattito attorno alla nuova circolare sugli uffici direttivi e semidirettivi a Palazzo Bachelet, dove oggi la V Commissione si riunirà in versione allargata, come anticipato nei giorni scorsi dal vicepresidente Fabio Pinelli in una lettera indirizzata all’intero Consiglio. Una lettera nella quale il numero due del Consiglio superiore della magistratura ha richiamato i colleghi al dovere di cautela, manifestando rammarico per le fughe in avanti, a seguito delle quali le due proposte erano state anticipate sulle colonne del Dubbio. Una prassi - quella della condivisione all’esterno, accompagnata dall’organizzazione di dibattiti - «sostanzialmente violativa dei doveri di ciascun consigliere e lesiva delle prerogative dell’Organo nel suo complesso», aveva affermato Pinelli.

L’unico contesto di discussione, aveva quindi sottolineato, è il Consiglio, onde evitare «una impropria interferenza sulle scelte che ciascuno di noi è chiamato ad operare, sotto la sua esclusiva responsabilità» e una «compromissione dell’immagine di autorevolezza dell’azione consiliare, personalizzando tesi ed opinioni, nutrendo inevitabili protagonismi, alimentando polemiche di parte in una poco commendevole ricerca del consenso». Da qui la richiesta al presidente della V Commissione, il laico di Italia viva Ernesto Carbone, di un allargamento della seduta prevista per la giornata di oggi, per avere «un’indifferibile occasione di confronto su questi temi», all’insegna della trasparenza, almeno nelle intenzioni del vicepresidente.

La richiesta di Pinelli - formalizzata con lettera indirizzata separatamente a Carbone e a firma dell’intero comitato di presidenza - è apparsa però ad alcuni come «un’ingerenza pesantissima» sul lavoro della V Commissione. Un tentativo di «impedire» - o meglio gestire - il dibattito, data la risonanza che il tema ha avuto all’esterno del Palazzo, contrapponendo la sponda riformista a quella conservatrice. E a conforto di tale idea i critici portano proprio la lettera di Pinelli, apparsa come un tentativo di silenziare i consiglieri più “esuberanti”.

La redazione delle nuove regole ha infatti generato un vero e proprio scontro tra correnti, una sorta di antipasto della campagna elettorale - che si preannuncia feroce - per la conquista dei vertici dell’Associazione nazionale magistrati, per i quali il voto è previsto a fine gennaio. Ma la nuova circolare rappresenta un terreno di scontro molto più ampio, dal momento che dalla sua elaborazione dipenderà il destino delle non poche nomine ancora in sospeso, condizionando per i prossimi dieci anni i destini delle procura del Paese. Dal canto suo, il presidente della V Commissione respinge l’idea di un tentativo di controllo esterno da parte dei vertici del Csm, rivendicando la sua autonomia. «L’ufficio di presidenza - spiega al Dubbio - ha chiesto di convocare una riunione allargata proprio in virtù del fatto che si tratta di un tema delicato e attualmente divisivo, per il quale ci sono due proposte sul tavolo, profondamente diverse tra loro. Proprio per questo motivo - ha aggiunto - ho accolto la richiesta di una riunione allargata, ma voglio ricordare che i membri del Consiglio possono partecipare alle riunioni in qualsiasi momento. In quanto esterni alla Commissione, ovviamente, non hanno diritto di voto. Quello che possono fare è però fornire il proprio punto di vista. Non ci vedo nulla di strano, anzi ci vedo un auspicio a lavorare insieme». E, se possibile, a elaborare una proposta unica, cosa che, al momento, sembra però complicata, data l’inconciliabilità dei due testi elaborati dai gruppi di lavoro.

La proposta A rappresenta, infatti, una riproposizione dell’attuale testo unico, con qualche piccola modifica che recepisce la riforma Cartabia, come le audizioni obbligatorie dei candidati e con una distinzione tra indicatori specifici e generali il cui rapporto verrebbe meglio specificato. Una proposta che lascia libertà di scelta e, dunque, un’ampia discrezionalità al Consiglio al momento del voto.

La proposta B, invece, introduce un sistema a punteggi, che fa risalire la discrezionalità a monte, alla scelta dei criteri, lasciando meno margine d’azione al momento del voto, con un sistema quasi algoritmico. E le polemiche non sono mancate: se per Unicost si tratta di «un’occasione storica», manifestando la propria preferenza per «l’esercizio anticipato della discrezionalità al momento della individuazione dei criteri di scelta», per Mi si tratta di un «grande bluff», tanto da definire le dichiarazioni degli ultimi giorni «proclami propagandistici».

Per i vertici della corrente, infatti, «sotto le spoglie di un epocale rinnovamento» si nasconderebbe «una discrezionalità senza regole, con il ritorno ad un passato già negativamente sperimentato». Insomma, il dibattito sarà senz’altro frizzante. E toccherà a Carbone gestirlo, nel tentativo di arrivare ad una scelta entro mercoledì, per poi inviare il testo in plenum una volta ottenuto il placet del ministero. E in tal modo sbloccare poi i bandi rimasti in freezer e da pubblicare entro l’estate, ulteriore terreno di scontro per le correnti.