L’ALTRA GUERRA

Bruxelles per ora non è in grado di rinunciare all’approvvigionamento energetico da Mosca

Gli Stati Uniti hanno aggiunto ieri un nuovo tassello al puzzle di sanzioni contro la Russia di Vladimir Putin. Un tassello che certo non provocherà sconquassi nell’economia energetica a stelle e strisce, ma che comunque traccia una via potenzialmente percorribile dal resto dell’Occidente nei prossimi giorni.

Il presidente Joe Biden ha infatti annunciato il bando completo di tutte le fonti fossili che gli Stati Uniti finora importavano dalla Russia, cioè petrolio, gas liquefatto e carbone. Ovvero quello che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky vorrebbe facesse anche l’Unione europea. «Stiamo cercando di colpire al cuore la macchina economica di Putin», ha detto l’inquilino della Casa Bianca.

Non solo, una delegazione statunitense lo scorso weekend si è recata a Caracas, per parlare con il regime di Nicolas Maduro di un eventuale alleggerimento delle sanzioni contro il Venezuela così da rimpiazzare quelle contro la Russia, e si parla anche di possibili colloqui addirittura con Teheran.

Di pari passo il discorso per i privati, con il colosso petrolifero anglo- olandese Shell che ha annunciato che non acquisterà più greggio dalla Russia e che ritirerà la propria partecipazione a tutte le attività legate agli idrocarburi nel Paese. «Sono riconoscente all’azienda per questo passo responsabile ed etico», ha scritto in un tweet il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.

«Sappiamo che i nostri alleati dell’Ue non sono in grado di seguirci - ha aggiunto Biden - ma sappiamo che anche loro implementeranno strategie a lungo termine per ridurre la dipendenza dall’energia russa». Il motivo della differenza di strategia tra Bruxelles e Washington è presto detto. Rispetto al totale dei consumi, gli Stati Uniti dipendono dal petrolio russo per il 3 per cento del proprio fabbisogno, l’Italia per l’ 11 per cento, la Germania per il 35 per cento. E infatti è proprio Berlino a mettersi maggiormente di traverso rispetto all’ipotesi di sanzioni energetiche contro Mosca. Sul totale dell’import, la Russia fornisce alla Germania più della metà del suo fabbisogno di gas, la metà del carbone e, come detto, il 35 per cento del petrolio. E l’Italia? Ieri il nostro paese ha comprato dalla Russia un quarto del gas necessario al proprio fabbisogno, mentre tre quarti arriva dagli stoccaggi e da altri fornitori.

«Abbiamo fatto un’operazione estremamente anticipata e rapida ed entro la primavera inoltrata circa 15- 16 miliardi di metri cubi saranno rimpiazzati da altri fornitori - ha detto il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ad Agorà extra - Stiamo lavorando con impianti nuovi, rigassificazione, contratti a lungo termine e rinforzo delle nostre infrastrutture: ragionevolmente in 24- 30 mesi dovrebbero consentirci di essere completamente indipendente» . Nel frattempo, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha parlato con il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev per discutere «la situazione sul terreno in Ucraina e l’ulteriore rafforzamento della cooperazione bilaterale, in particolare nel settore energetico», come specificato da palazzo Chigi.

Ma in questa guerra contro il tempo per emanciparsi dal gas russo, nessuno si salva da solo. Ed è per questo che giovedì e venerdì, nel Consiglio europeo informale convocato a Versailles dal presidente francese e presidente di turno del Consiglio dei ministri dell’Unione europea, Emmanuel Macron, si discuterà di un piano per emettere debito in comune, garantito dagli Stati membri, per finanziare sia le spese necessarie alla conversione energetica sia quelle per la difesa comune. Come precisato in conferenza stampa da Frans Timmermans, uno dei vicepresidenti della Commissione europea, il piano è tuttavia un’idea di alcuni leader degli Stati membri, e non della Commissione in sé.

Una strategia del genere, sulla falsa riga del Next generation Ue, dovrebbe infatti essere approvata all’unanimità e difficilmente al momento la si otterrebbe. Ma c’è chi, anche all’interno della Commissione, punta a questo obiettivo. O comunque a qualcosa di simile. Per il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, occorre infatti trovare «strumenti nuovi» per affrontare i problemi che la crisi ucraina pone all’Ue.

«Bruxelles si liberi adesso dalla dipendenza energetica russa - ha detto il segretario di Stato statunitense, Anthony Blinken, sulla falsa riga del discorso di Biden - è un imperativo, perché Mosca la usa come un’arma». Se ne parlerà, forse, a Versailles. Nel frattempo, l’Unione europea non potrà far altro che continuare a comprare gas per miliardi di dollari ogni giorno dalla Russia di Putin.