Non è che capita sempre. Non si pensi che a ogni ddl il Consiglio dei ministri liberi un’ovazione come quella tributata a Nordio lo scorso 15 giugno. Anzi. Ai tempi di Tremonti il tono spiccio delle riunioni a Palazzo Chigi provocò una crisi di governo. Però con Nordio è diverso. Sarà il suo eloquio. Sarà il suo amore per le citazioni colte e la capacità, che gliene deriva, di tenere incantato l’uditorio. Fatto sta che giovedì della scorsa settimana, quando il guardasigilli ha finito di illustrare il suo primo ddl, il testo con dentro l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, le intercettazioni e altre novità, è scattato l’applauso degli altri ministri. Anche liberatorio, se si vuole: erano i primi provvedimenti garantisti dopo mesi in cui si è temuto che Nordio fosse isolato.

Perciò adesso sarebbe tanto più incomprensibile un insabbiamento del ddl Giustizia. Via Arenula tiene ad assicurare che non c’è da temere alcun sabotaggio della riforma, da più di una settimana ferma ai box della Ragioneria di Stato. I motivi del pit-stop sono altri e sono esattamente opposti all’idea del boicottaggio. Sono sempre fonti governative a spiegare che al ministero dell’Economia, da cui appunto la Ragioneria dipende, è in corso un lavoro febbrile per raccogliere tutte le coperture necessarie all’unica norma del ddl Nordio bisognosa di nuovi stanziamenti.

Si tratta, come riportato dal Dubbio, dell’articolo 4, che disciplina l’assunzione dei magistrati da destinare al cosiddetto gip collegiale. Si tratta cioè di finanziare la parte di riforma in cui si prevede che le richieste di misure cautelari in carcere siano valutate non più da un gip monocratico ma appunto da un collegio di tre magistrati, per garantire maggiore ponderazione e anche più autonomia dalla Procura. Il disegno di legge prevede, all’articolo 2, non solo che il nuovo istituto procedurale entri in vigore a due anni dall’approvazione, ma anche che, per rendere sostenibile il passaggio al collegio di tre gip, vengano assunti 250 nuovi magistrati, ulteriori rispetto all’organico già previsto con gli altri concorsi. Magistrati che dovranno assicurare in tutti i Tribunali un organico giudicante abbastanza robusto da scongiurare incompatibilità. Va evitato, per l’esattezza, che uno stesso giudice possa trovarsi ad assumere, in uno stesso procedimento, prima le vesti di gip collegiale e poi quelle di giudice del dibattimento, eventualità che l’ordinamento proibisce.

All’articolo 4 del ddl si indica non solo la spesa necessaria a celebrare il concorso per reclutare i futuri 250 gip collegiali (quasi un milione e 300mila euro da spendere l’anno prossimo) ma si autorizzano anche i maggiori costi dovuti agli stipendi dei neoassunti, e lo si fa per i primi dieci ani di vigenza della misura. Qui le cifre si fanno più consistenti, con un’inevitabile progressione, visto che i magistrati vedono aumentare la loro retribuzione in rapporto all’anzianità. Se per il 2025, anno dell’immissione in ruolo, servono 19 milioni e 950mila, ci vorranno 34 milioni e 755mila euro a partire dal 2034.

Una spesa annua notevole, che non sarà coperta dal solo ministero della Giustizia. Impossibile, spiega via Arenula, anche considerato che proprio ieri è arrivata, sempre dal Mef, la bollinatura di un altro provvedimento che pure coinvolge le risorse del dicastero di Nordio: il decreto Assunzioni bis, in cui 4 articoli sono destinati a reclutamento di personale per i Tribunali. Uno sforzo che, assicura il ministero guidato dall’ex pm di Venezia, ha letteralmente prosciugato le risorse della Giustizia. Ecco perché per pagare l’innesto dei 250 gip collegiali servono stanziamenti “esterni”. E fonti governative spiegano appunto che alla Ragioneria dello Stato si lavora a stretto contatto con i vertici del dicastero di Giancarlo Giorgetti per individuare da quali fondi dell’Economia e delle Finanze attingere i soldi necessari alla riforma di Nordio. Si segnala anzi che possano esserci spostamenti di risorse anche da altri settori dell’amministrazione. Il che ci riporta all’immagine di partenza: quella di un consenso corale nei confronti di Nordio da parte degli altri ministri, in grado di suscitare un contributo di forze allargato per finanziare il ddl Giustizia.

Si temeva che il guardasigilli fosse un corpo estraneo o quasi rispetto alla maggioranza guidata da Giorgia Meloni. A quanto pare non è così. E le critiche arrivate nelle ultime ore per altre misure del ddl Nordio, come l’addio all’abuso d’ufficio, non provocano alcuna crepa nella convinzione del governo rispetto al piano garantista del guardasigilli. Intanto perché quel piano è stato definito in un ministero dove, con Nordio, sono rappresentate tutte le componenti della maggioranza: Forza Italia con Sisto, FdI con Delmastro e la Lega con Ostellari. La concertazione c’è stata prima, insomma. E non è appannata dal timore di indispettire Bruxelles.

A proposito della proposta che la Commissione Ue ha avanzato sull’anticorruzione, e che sembrerebbe sconfessare Roma sull’abolizione dell’abuso d’ufficio, via Arenula assicura che, nel colloquio tra Nordio e l’“euroministro” della Giustizia Didier Reynders, è stato ricordato come l’Italia possa contare su ben 17 fattispecie penali in grado di rispondere agli obiettivi della proposta di Bruxelles, concepita per quei paesi che, sulla corruzioine, non dispongono di norme efficaci come quelle italiane. Insomma, non sono alle viste ripensamenti sul ddl garantista. Che anzi ha innescato nel governo persino una piccola corsa a reperirne le risorse.