PHOTO
IMAGOECONOMICA
Una coalizione di attivisti, intellettuali e organizzazioni della società civile ha inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, esprimendo profonda preoccupazione per il trattamento riservato all’attivista ambientale Nicoletta Dosio. La missiva, firmata da numerose personalità e gruppi, tra cui la Rete di Madri antifasciste, denuncia quello che viene definito un «inaccettabile livello di accanimento» nei confronti di Dosio.
Al centro della lettera c’è un episodio particolarmente controverso: il giorno stesso della morte del marito di Nicoletta Dosio, Silvano Giai, le forze dell’ordine si sarebbero presentate a casa dell’attivista, sottoposta agli arresti domiciliari, per notificarle una “diffida”. Questo atto, secondo i firmatari, sarebbe stato motivato da una presunta mancata risposta di Dosio a un controllo avvenuto alle 2 di notte alcuni giorni prima. La lettera descrive in dettaglio come, in un momento di profondo lutto personale, Dosio si sia trovata a dover affrontare quella che viene percepita come un’intrusione ingiustificata. I firmatari riportano che l’attivista avrebbe chiesto rispetto per la sua privacy, considerando le circostanze, e si sarebbe rifiutata di firmare la notifica, ritenendola immotivata.
La coalizione esprime particolare sdegno per il fatto che questo episodio sia avvenuto in un contesto già di per sé drammatico: Dosio era stata posta agli arresti domiciliari il 27 maggio, privando così lei e la sua comunità della possibilità di un ultimo saluto al marito malato terminale. La lettera solleva anche questioni pratiche riguardo alla gestione degli arresti domiciliari di Dosio. I firmatari si chiedono come l’attivista possa continuare a rispettare le restrizioni imposte senza poter contare sull’aiuto di altre persone, soprattutto ora che il marito, che necessitava di cure, è venuto a mancare.
I sostenitori di Dosio vedono in questa situazione un esempio di quello che definiscono «accanimento giudiziario sproporzionato». Sottolineano che l’unico “reato” dell’attivista è stato il suo convinto dissenso contro il progetto dell’Alta velocità in Val Susa, una battaglia che, affermano, è stata portata avanti senza arrecare danni a persone. La lettera ricorda anche le motivazioni ambientali alla base dell’attivismo di Dosio. I firmatari citano l’inquinamento di acqua, terra e aria causato dai cantieri del Tav, inclusa la recente scoperta di alte concentrazioni di Pfas (sostanze chimiche altamente inquinanti) nei comuni della Val Susa. Questo contesto, affermano, rende ancora più urgente la necessità di porre fine a quello che definiscono «accanimento giudiziario» non solo nei confronti di Dosio, ma di tutti gli attivisti ambientali.
Tra i firmatari della lettera figurano nomi noti dell’attivismo, della cultura e dell’accademia italiana. Si annoverano, tra gli altri, il fumettista Zerocalcare, padre Alex Zanotelli, ex professori universitari come Amedeo Cottino e Angelo Tartaglia, l’ex magistrato Livio Pepino, registi come Daniele Gaglianone e numerosi giornalisti e scrittori. La lista dei firmatari include anche diverse organizzazioni e comitati, tra cui il Centro studi Sereno Regis di Torino, l’Osservatorio repressione, il Comitato Piazza Carlo Giuliani Odv e diverse sezioni dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia).
La lettera si conclude con un appello diretto al Presidente Mattarella, ricordando la sua nota sensibilità e attenzione per i diritti umani fondamentali. I firmatari esprimono fiducia nell’ascolto del Presidente, sperando in un suo intervento sulla questione. Questa lettera aperta rappresenta un importante momento di mobilitazione della società civile italiana su temi che intrecciano diritti civili, attivismo ambientale e sistema giudiziario. La vicenda di Nicoletta Dosio viene presentata non solo come un caso individuale, ma come emblematica di questioni più ampie riguardanti il diritto al dissenso e la protezione dell’ambiente in Italia.