L’eterno scontro tra accusa e difesa emerge ancora una volta in un’aula di giustizia. Sebbene il dibattito parlamentare si stia focalizzando sulla realizzazione o meno della separazione delle carriere dei magistrati, nei tribunali la situazione resta tesa come si evince da una nota della Camera penale “Fausto Gullo” di Cosenza. La diatriba tra pubblico ministero e difensore di un imputato accusato di bancarotta risale al 10 giugno scorso.

L’avvocato Ugo Ledonne, del foro di Cosenza, si era opposto alle domande che il giudice aveva rivolto al testimone già sentito ad indagini difensive. La controversia è nata quando il penalista Ledonne ha ritenuto che tali domande potessero compromettere la genuinità delle risposte, inducendo il teste a fare confusione sugli eventi. Ricordiamo che il diritto di opporsi a domande suggestive o nocive è un pilastro fondamentale del contraddittorio. Tale diritto trova fondamento nel comma 6 dell’articolo 499 del codice di procedura penale e nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. Sez. IV, 6.2.2020 n° 15331, n. sez. 251/ 2020).

La Camera penale di Cosenza, nel documento trasmesso al ministero della Giustizia, che sta vagliando le carte inviate dai penalisti calabresi, evidenzia che «tale diritto è stato esercitato dal nostro iscritto, l’avvocato Ugo Ledonne, quale difensore di imputato, che si è legittimamente opposto alle domande formulate dal Giudice monocratico “in quanto ritenute nocive per la genuinità della testimonianza” e “inducenti il teste a fare confusione sugli eventi”. Il pubblico ministero, successivamente alla opposizione, non è intervenuto nel merito della stessa e neppure ha atteso la decisione del giudice», chiedendo «la trasmissione del verbale all’Ufficio di procura, così testualmente, “per il reato di oltraggio a un magistrato in udienza”», scrive la Camera penale.

«Lo stesso pubblico ministero, a fronte della immediata replica dell’avvocato, che ha rivendicato la legittimità della opposizione e ha chiesto al giudice di interloquire per precisarla, ha tentato di “zittire” l’avvocato prima della decisione del giudice, e gli ha rivolto l’inquisitorio ammonimento: “Lo farà in procura”», riportano i penalisti sulla base delle trascrizioni di cui sono entrati in possesso. C’è da dire che prima di questo passaggio, il giudice aveva chiesto al pm se volesse “ritrattare” la sua richiesta, domanda caduta evidentemente nel vuoto.

«Il fatto non è “semplicemente” grave e non può, soltanto, inquadrarsi nella generale violazione del diritto di difesa. È stato un vero e proprio “attentato” ai principi fondamentali su cui regge lo Stato di diritto: l’autonomia e l’indipendenza dell’Avvocatura. È stato un inedito e pericoloso modo di - tentare di - intimorire l’azione difensiva dell’avvocato dell’imputato, nei cui riguardi - durante l’attività costituzionale esercitata in difesa dei diritti dell’assistito e proprio in conseguenza della stessa - la pubblica accusa d’udienza ha prospettato la iscrizione nel “registro degli indagati” per un delitto punito sino a cinque anni di reclusione», continua la Camera penale di Cosenza. «L’avvocato Ledonne - precisano gli avvocati penalisti cosentini - ha correttamente esercitato le prerogative costituzionali nelle forme previste dall’articolo 24, nel rispetto delle regole per l’esame testimoniale dettate dall’articolo 499 e nella interpretazione datane dalla Suprema Corte. Ad essere stata oltraggiata è la Toga dell’avvocato, non altro».

Inoltre, il richiamo alle norme contenute negli addebiti ai magistrati: «L’articolo 2 lett. d) del d. lgs n° 109 del 23 febbraio 2006 annovera, tra gli illeciti disciplinari dei magistrati nell’esercizio delle rispettive funzioni, “i comportamenti gravemente scorretti nei confronti dei difensori delle parti”».

In definitiva, la Camera penale di Cosenza invoca l’azione disciplinare per il pm di Verona, decisione che spetta al ministro della Giustizia Carlo Nordio, il quale, ai sensi e per gli effetti degli articoli 2 e 14 del d. lgs. 109/ 2006, dovrà valutare «la sussistenza della fattispecie contemplata nella lettera d) del richiamato articolo, «comportamento gravemente scorretto nei confronti del difensore di una parte processuale» e richiede, in caso affermativo, «il promovimento dell’azione disciplinare nei confronti del magistrato del pubblico ministero che ha chiesto la trasmissione degli atti alla procura per il reato di “oltraggio a un magistrato in udienza” nei confronti dell’avvocato, per avere questi legittimamente e correttamente esercitato il diritto di difesa».

La Camera penale di Cosenza ha interessato del caso l’Unione delle Camere penali italiane, la Camera penale di Verona e il coordinamento delle Camere penali calabresi.