Hanno superato il vaglio di procedibilità i ricorsi presentati alla Corte di Strasburgo da alcuni dei numerosi consiglieri regionali della regione Sardegna condannati, in via definitiva, per il reato di peculato. I fatti riguardano i fondi erogati dalla regione Sardegna dal 2004 fino al 2009 per i quali la Corte Suprema di Cassazione, nel 2021, ha confermato numerose pronunce di condanna nei confronti di diversi consiglieri regionali.

La decisione definitiva è stata assunta dalla Corte di Cassazione il 9 marzo 2021, con sentenza n. 20348 depositato in cancelleria il 21 maggio 2021. Tra i diversi consiglieri condannati, alcuni hanno proposto ricorso alla Corte Europa dei diritti dell’Uomo, ritenendo di essere stati condannati ingiustamente, in violazione delle norme che governano il giusto processo, il corretto libero convincimento del giudice e la corretta ripartizione dell’onere probatorio tra accusa e difesa e il principio del “in dubbio pro reo” nei termini della presunzione di non colpevolezza.

I consiglieri coinvolti

Nello specifico i ricorsi riguardano la condanna penale dei ricorrenti per “appropriazione di fondi pubblici” ai sensi dell’articolo 314 del codice penale. All'epoca dei fatti, tutti i ricorrenti erano membri del Consiglio regionale della Sardegna, all'interno del quale appartenevano allo stesso gruppo politico (il cosiddetto “Gruppo misto”, che comprendeva tutti i membri che non appartenevano ad alcun altro gruppo politico specifico).

Rendicontare le attività del gruppo

In quanto membri di un gruppo politico, ricevevano periodicamente fondi pubblici destinati a finanziare le attività del gruppo. Secondo la Legge Regionale n. 37 del 1995 e alla Delibera dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale n. 293 del 5 ottobre 1993, ogni anno il capogruppo doveva presentare una relazione sull'utilizzo dei fondi ricevuti dai componenti del gruppo (rendiconto), al controllo della regolarità da parte dell'Ufficio di Presidenza.

Secondo i ricorrenti, il quadro legislativo non imponeva esplicitamente ai membri di fornire documenti comprovanti come erano stati utilizzati i fondi e inoltre il diritto interno formatosi in Italia all’epoca dei fatti oggetto delle condanne, secondo i ricorrenti, non consentiva di fare desumere dalla mancata rendicontazione l’utilizzo illecito dei fondi da parte dei consiglieri.

I motivi della condanna

La Corte di Cassazione, condannando tutti i consiglieri, aveva ritenuto che, come regola generale, i membri del gruppo che avevano ricevuto i fondi dovessero essere in grado di dimostrare come sono stati utilizzati. Inoltre, il reato di appropriazione di fondi pubblici ex art. 314 cp doveva ritenersi commesso qualora i fondi non fossero specificatamente destinati al finanziamento delle attività istituzionali del gruppo.

Ancora oggi, nel diritto interno italiano, in applicazione della giurisprudenza di legittimità, il reato si configura anche nel caso di fondi utilizzati per finanziare attività del partito politico al quale il membro del gruppo appartiene e nel caso di attività politiche personali. Nel dichiarare colpevoli i consiglieri, la Corte di cassazione aveva ritenuto che non erano riusciti a dimostrare l’uso legittimo dei fondi pubblici; dunque, la Corte di cassazione, secondo i legali dei consiglieri che si sono rivolti alla Corte europea dei diritti dell’Uomo, avrebbe spostato l’onere della prova dall’accusa alla difesa e, di conseguenza, la Corte di cassazione, sempre secondo i ricorrenti, non avrebbe debitamente valutato e stabilito un valido nesso tra la condotta e il reato commesso.

Ricorsi ricevibili

Il 18 giugno scorso il Presidente della Sezione della Corte europea dei diritti dell’Uomo, dopo aver dichiarato ricevibile i ricorsi, ha deciso di notificare parte del ricorso al Governo Italiano. Il procedimento successivo alla comunicazione è suddiviso in due fasi. La prima fase, non contenziosa, consente alle parti di esplorare le possibilità di una soluzione amichevole.

Qualora tale prima fase risulti infruttuosa, fa seguito la fase contenziosa nella quale le parti si scambiano le proprie osservazioni sulla ricevibilità e nel merito. Il Presidente della Sezione ha pertanto deciso di dare alle parti tempo fino al 30 settembre prossimo per discutere con l'assistenza della Cancelleria i termini di una transazione, senza che ciò pregiudichi l'esito della causa qualora le trattative per la transazione amichevole non andassero a buon fine. In assenza di una definizione stragiudiziale, seguirà la Fase contenziosa Il superamento del vaglio di ricevibilità lascia dunque aperte tutte le soluzioni.

Se la Corte europea dovesse accogliere le doglianze dei consiglieri regionali, si assisterebbe ad una rivoluzione nel diritto interno italiano nell’ambito del reato di peculato e in particolare rispetto alle condotte ascritte in questi anni a numerosi consiglieri che in diverse regioni d’Italia sono stati accusati e poi condannati per l’illecito utilizzo di fondi pubblici.

Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Giulio Steri del foro di Cagliari, Francesco Cocco del foro di Cagliari, Gianfranco Carboni del foro di Cagliari, Benedetto Ballero del foro di Cagliari, Maurizio Scarparo del foro di Cagliari e Roberto Le Pera del foro di Cosenza.