Una lettera, come quella che il pm catanese Fabio Regolo ha inviato la scorsa settimana agli avvocati dei suoi indagati (pubblicata in questa pagina, ndr), è sufficiente per scusarsi di un “errore” giudiziario? L’episodio offre l’occasione per tornare sulle recenti dichiarazioni di Giuseppe Santalucia, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, riguardo proprio gli errori giudiziari. La circostanza in questione attiene all’indagine condotta dalla guardia di finanza del capoluogo etneo denominata “Vasi comunicanti”.

Nell’inchiesta, lo scorso luglio, nove persone fra professionisti e rappresentanti di aziende farmaceutiche erano finite ai domiciliari con l’accusa, fra l’altro, di corruzione e frode in pubbliche forniture. In particolare, secondo gli inquirenti, presso il policlinico “Rodolico- San Marco” di Catania sarebbero stati effettuati affidamenti per l’acquisto di dispositivi medici, ad esempio degli stent, nell’ambito di gare aziendali di bacino o della centrale unica di committenza della regione siciliana, accordando alle ditte aggiudicatarie un prezzo più elevato rispetto alle quotazioni indicate nell’accordo Consip. La cifra oggetto di contestazione sarebbe stata di quasi 500mila euro.

Il gip di Catania, Giuseppina Montuori, che a seguito degli interrogatori di garanzia aveva subito disposto la liberazione degli indagati, la scorsa settimana ha accolto la richiesta di archiviazione per tutti avanzata dallo stesso Regolo. Fra i nomi di spicco, Corrado Tamburino, direttore dell’Unità operativa di cardiologia del policlinico “Rodolico- San Marco”, Antonio Nicosia, direttore del dipartimento cardio- neuro- vascolare dell’ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa, Antonio Micari, direttore di cardiologia invasiva del policlinico di Messina, e Marco Contarini, direttore della cardiologia dell’ospedale Umberto I di Siracusa. Tutti medici stimati e membri del Comitato medico- scientifico del progetto “Sicilian cardiovascular academy”.

Dopo l’archiviazione del procedimento, Tamburino ha pubblicato un post sul suo profilo Instagram dal titolo «È finito un incubo». Nel post, il medico aveva invitato i suoi follower a diffondere la notizia: «Condividete il post con i vostri contatti e chiedete loro di fare altrettanto. È importante per la verità e la giustizia».

Molti errori giudiziari, è ormai evidente, sono legati alle modalità con cui vengono condotte le indagini. Soprattutto in vicende, come quelle che attengono la spesa pubblica in ambito sanitario, che richiedono negli investigatori competenze specifiche che non possono essere improvvisate, pena errori che compromettono irreparabilmente la reputazione, fondamentale in tale ambito, dei soggetti interessati. Ricapitolando: la pg ha svolto le indagini e al termine ha chiesto al pm il carcere per tutti gli indagati, peraltro incensurati. Il pm ha condiviso e dopo aver fatto propria la richiesta della pg l’ha trasmessa al gip. Quest’ultimo, invece della prigione, ha concesso a tutti i domiciliari.

All’esito degli interrogatori di garanzia, il gip si è reso conto che qualcosa non tornava in quanto riportato dalla pg, e fatto proprio da parte dal pm, e ha subito revocato la misura sottolineando come non ci fossero esigenze cautelari. Dopo la revoca della misura, il pubblico ministero ha svolto allora ulteriori indagini, chiedendo ed ottenendo poi l’archiviazione. Forse, però, le indagini non dovevano essere espletate in maniera completa prima della richiesta cautelare? Chi ripagherà i medici dei danni derivati dall’inevitabile clamore mediatico che ha accompagnato questa inchiesta? E poi c’è il tema del servizio sanitario pubblico che ha perso un medico di chiara fama come Tamburino, dimessosi all’indomani dell’arresto per andare a lavorare in un polo privato.

Il tanto vituperato interrogatorio preventivo previsto dalla riforma Nordio prima dell’emissione di un provvedimento cautelare non è quindi così disdicevole se servirà a prevenire il ripetersi di situazioni del genere. E poi, come detto, è necessaria una qualificazione professionale particolare per condurre tali inchieste.