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Giuseppe Santalucia, presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenendo ieri a Sky Tg24, ha lanciato una vera sfida alle toghe in tema di separazione delle carriere: «Ho sentito slogan incredibili, che la separazione delle carriere è contraria alla democrazia, porta alla dittatura. Per quanto mi riguarda, non avrei affatto paura del referendum e vorrei andarci quanto prima perché mi piacerebbe che i cittadini si esprimessero su questo». Il guardasigilli ha poi ribadito un concetto espresso già più volte: «Noi abbiamo sempre dimostrato la massima disponibilità al dialogo, però va detto chiaro e tondo che il programma di governo è quello che è: separazione delle carriere e riforma del Csm. Questi non sono argomenti negoziabili perché fanno parte del programma di governo. Ma anche il principio dell'indipendenza della magistratura è non negoziabile».
Intanto ieri si è riunito l’ufficio di presidenza della Commissione Affari Costituzionali della Camera, dove è calendarizzato il ddl ma bisognerà attendere venerdì per conoscere il calendario e capire se si procederà come prima dell’estate, ossia una settimana dedicata alla separazione delle carriere e un’altra all’altra riforma del premierato. Intanto però la risposta della magistratura, dalla corrente conservatrice a quelle progressiste, è compatta: non temiamo la battaglia. Lo si evince dalle varie dichiarazioni che abbiamo raccolto nei gruppi associativi.
Ma primo tra tutti a parlare è stato con noi Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati: «Noi siamo fiduciosi nel Parlamento che affronterà l’esame del provvedimento nei prossimi mesi. Ci auguriamo si renderà conto di come la riforma costituzionale contenga aspetti deleteri per il funzionamento della giustizia e quindi non lo approvi. Se così non fosse saremo ovviamente pronti al referendum». Il leader del “sindacato” delle toghe ha poi aggiunto ad Affari Italiani: «Siamo sempre disponibili al confronto ma ci sono temi, quali l'assetto costituzionale della magistratura, che non possono essere oggetto di soluzioni compromissorie. Faremo in modo che lo sciopero, se servirà, potrà essere strumento per potenziare la comunicazione delle nostre buone ragioni».
Alla sua voce se ne sono aggiunte appunto altre. Claudio Galoppi, segretario generale di Magistratura indipendente, ci ha dichiarato: «Neppure noi temiamo il referendum. È bene che i cittadini si esprimano. L’importante è che, in maniera trasparente, ciascuno dichiari il fine delle sue azioni. Per noi è la tutela dei cittadini e dei loro diritti. Auspichiamo che questo fine sia condiviso dalla politica. Ma per questo - diciamolo con altrettanta chiarezza- separazione delle carriere e riforma del Csm non servono affatto» .
Per Stefano Musolino, segretario di Magistratura democratica, «il ministro ama mostrare i muscoli ed è refrattario agli argomenti; prima che sia indetto il referendum avremo il tempo di spiegare che è questa stessa riforma del Csm a pregiudicare l’indipendenza della magistratura, prevedendo una selezione della rappresentanza della stessa affidata al caso, senza nessuna verifica di attitudini e capacità. Il ministro, poi, sa bene che i numeri smentiscono qualunque sussidiarietà dei giudici ai pubblici ministeri, sicché anche le ragioni di questa riforma indeboliscono l’indipendenza della magistratura, secondo la regola del divide et impera».
Critico, ça va sans dire, anche Giovanni Zaccaro, leader di AreaDg: «La riforma della magistratura - separazione delle carriere, sorteggio per comporre il Csm, Alta corte disciplinare - è uno dei tasselli, insieme al premierato e alla autonomia differenziata, del disegno di stravolgimento dell’assetto costituzionale promosso dalla attuale maggioranza: si vuole rafforzare il ruolo del potere esecutivo in danno del legislativo e del giudiziario, si vogliono ridurre i poteri di garanzia e controllo, si vuole rompere la unità e solidarietà nazionale. Spero che gli italiani capiscano che le vere democrazie funzionano su un sistema di pesi e contrappesi e non sulla dittatura delle maggioranze di turno».
Ricordiamo anche che l’Anm dell’assemblea di giugno ha molto discusso della necessità di rafforzare la diffusione della loro posizione contro quella di governo e maggioranza per spiegare ai cittadini le criticità, a loro parere, della riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario tanto è vero che il Comitato direttivo centrale deliberò «di avviare immediatamente una mobilitazione culturale e una sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui pericoli di questa riforma, mobilitazione che, sia a livello centrale che locale, si articolerà in diverse iniziative, tra le quali l’elaborazione di una strategia comunicativa innovativa ed efficace anche mediante il supporto di esperti della comunicazione e, nella eventuale prospettiva di un referendum costituzionale, l’impegno ad ogni forma di mobilitazione, inclusa la partecipazione ad eventuali iniziative di comitati referendari».