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Nella lunga intervista rilasciata alla Stampa, Maria Rosaria Boccia ostenta sicurezza e continua ad usare una tecnica ben precisa, ma anche molto semplice: attendere la replica dell’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, dimessosi ieri, per poi controreplicare, in un botta e risposta che, al momento, sembra non arrestarsi e che potrebbe provocare l’intervento della magistratura, compresa quella contabile. L’imprenditrice originaria di Pompei ostenta sicurezza, come se avesse sempre l’asso nella manica, senza mai tradire l’emozione, ed è sempre sorridente; non mostra mai la minima preoccupazione per aver provocato scossoni alla vita privata e istituzionale di un ex esponente di governo e allo stesso esecutivo, senza temere azioni da parte di chi potrebbe sentirsi danneggiato.
Nell’intervista si toccano diversi temi che attengono anche all’ottenimento di informazioni di vario tipo e a messaggi scambiati tra Sangiuliano e Boccia. Si fa riferimento alla presenza di chat private che possono esserci «tra persone che hanno una relazione personale». E nella parte finale della sua risposta, Boccia afferma che «con una persona con la quale ho una relazione non mi scambio solo delle foto innocenti ed emoticon, parliamo della nostra vita personale quotidiana. Semmai posso scambiarmi anche qualche messaggio più piccante».
Esistono alcuni confini entro i quali notizie, immagini o comunicazioni devono restare. In caso contrario il codice penale offre la possibilità alla persona che si ritiene offesa di agire. Per esempio, l’articolo 617- septies ( riguardante la diffusione di riprese e registrazioni fraudolente), introdotto ai tempi del ministro della Giustizia Andrea Orlando, punisce con la reclusione fino a quattro anni «chiunque, al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione». Il secondo comma prevede che «la punibilità è esclusa se la diffusione delle riprese o delle registrazioni deriva in via diretta ed immediata dalla loro utilizzazione in un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca».
Un altro articolo del codice penale è interessante, quando si parla di utilizzo indiscriminato di dispositivi che si “appropriano” della vita altrui. Si tratta del 615- bis. In tal caso si fa riferimento alle interferenze illecite nella vita privata anche se è da verificare se alcuni fatti si siano verificati nel domicilio della persona offesa (si veda l’articolo 614 c. p). L’articolo 615- bis prevede la reclusione da sei mesi a quattro anni per «chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614».
Il secondo comma stabilisce che «alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati» nella prima parte dell’articolo 615- bis. I delitti sono punibili a querela della persona offesa, «tuttavia si procede d’ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato» .