Oggi la prima sezione penale di Cassazione deciderà forse definitivamente il destino di Finnegan Lee Elder e Natale Hjorth Gabriel, condannati per la morte del vice brigadiere Mario Cerciello Rega. In primo grado ebbero l’ergastolo, l’appello rimodulò le pene rispettivamente a 24 e 22 anni. «La sentenza di secondo grado, sconfessando il processo di primo grado -dicono gli avvocati di Elder (colui che ha accoltellato il militare), Renato Borzone e Roberto Capra - ha riconosciuto che i carabinieri non si sono identificati mostrando il tesserino e quindi i due ragazzi americani non potevano sapere che avevano di fronte due appartenenti alle forze dell’ordine, e questo cambia tutto.

Il giudice d’appello, diversamente da quello di primo grado, ha ritenuto che il carabiniere Varriale non abbia detto il vero, e che i carabinieri non abbiano mostrato affatto il loro tesserino. Ma inspiegabilmente, non ne ha tratto le corrette conseguenze». Quello degli ermellini sarà un giudizio di legittimità e proprio per questo le difese chiedono l’annullamento della sentenza di appello per manifesta carenza logica tra le premesse poste e le conseguenze o le omesse conseguenze che se ne ricavano, contraddittorietà logica di singole affermazioni della sentenza per la natura congetturale delle stesse o per uso scorretto dei sillogismi, omessa valutazione delle allegazioni difensive.

Per i legali di Lee Elder vengono definite in sentenza «non rilevanti» intercettazioni ambientali in carcere, che «avvalorano sia la mancata qualificazione dei militari e l’omessa esibizione dei tesserini, sia la dinamica del fatto già in precedenza esposta dall’imputato nell’immediato interrogatorio al pm». Inoltre si può considerare davvero «non dirimente», come assume il giudice d’appello, «la menzogna di Varriale (incontroversa ed innegabile) sulla esibizione dei tesserini»? Inoltre, secondo i legali i giudici di appello ritengono senza dubbio che «il vocabolo carabinieri sia noto universalmente» mentre Elder non conosceva affatto la nostra lingua. I legali mettono poi in evidenza «l’affermazione - fondata su un erroneo e spericolato “sillogismo” - secondo la quale, avendo Varriale pronunciato la parola “carabinieri” tanto debba avere fatto anche Cerciello».

Per quanto concerne la difesa di Natale, rappresentata dagli avvocati Fabio Alonzi e Francesco Petrelli, il problema è che il ragazzo è stato condannato in concorso ma lui ha sempre dichiarato di non sapere che Elder aveva con sé il coltello. Secondo i giudici nei momenti della colluttazione durata pochi secondi «Varriale è impegnato con il Natale e non si accorge minimamente, per un primo momento di come a pochi passi si stia consumando il tragico ferimento del collega.

Risulta evidente, in base ad ovvie regole d’esperienza, come tale conclusione dovesse essere formulata dalla Corte anche per il Natale, il quale a sua volta non poté accorgersi di quanto stesse accadendo ad alcuni metri di distanza». In aggiunta si legge in sentenza come «al momento dell’incontro ravvicinato il Natale tenta subito di fuggire, salvo essere bloccato nell’azione dal Varriale» al che «il giovane tenta di divincolarsi per proseguire la fuga». Dunque, rispetto alla sentenza di primo grado il giovane si dà immediatamente alla fuga, senza porre in essere alcun comportamento aggressivo, ed è il Varriale poi a lanciarsi in un tentativo di bloccaggio. Per i legali quindi «risulta impossibile ritenere provata qualsivoglia forma di adesione del Natale all’atteggiamento soggettivo dell’Elder».