Su Alessia Pifferi è necessario disporre una nuova perizia psichiatrica, per valutare il grave ritardo cognitivo di cui soffre. A chiederlo è Alessia Pontenani, difensore della donna, condannata all’ergastolo lo scorso 13 maggio per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di un anno e mezzo. Pontenani ha depositato il ricorso contro la sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise di Milano, chiedendo di accertare l’eventuale vizio di mente e l’incapacità di intendere e di volere di cui la difesa, per tutto il corso del processo di primo grado, si è detta sicura.

«È evidente che non volesse uccidere la bambina», ha evidenziato Pontenani nella sua discussione, affermando, dopo la lettura della sentenza, che il processo era stato condizionato dalla nuova indagine che la vede coinvolta. «Se non ci fosse stata l’inchiesta parallela - nella quale si indaga sulle psicologhe del carcere che avrebbero truccato i test psicologici di Pifferi, ndr - forse la perizia disposta dal Tribunale avrebbe dato un esito diverso. Non è stato un processo sereno».

Nel suo ricorso, Pontenani ha sottolineato che la documentazione sul disagio mentale, prodotta dalla difesa, non sarebbe stata valutata adeguatamente. Stando alle motivazioni della sentenza, Pifferi sarebbe stata mossa da un «futile ed egoistico movente», avendo voluto «regalarsi (...) un lungo fine-settimana con il proprio compagno», venendo meno «al prioritario diritto/dovere di accudire la figlioletta».

Secondo la sentenza, dunque, «deve attribuirsi alla Pifferi, con ragionevole certezza, la concreta previsione dell’evento morte della figlia, benché accadimento non intenzionalmente e direttamente voluto, proprio sulla base dell’analisi della sua condotta e delle sue stesse dichiarazioni, dalle quali si evince la ravvisabilità di tutti gli elementi sintomatici del dolo eventuale richiamati dalla Corte di legittimità». Quanto all’aggravante della premeditazione, la stessa «non è conciliabile con il dolo eventuale in quanto, se la premeditazione consiste in un’intensa volizione del risultato della condotta, non ne risulta la compatibilità con una situazione psicologica “piuttosto vaga”, caratterizzata dalla accettazione del rischio del prodursi dell’evento».