Verrà sentita giovedì dai pm di Roma Rosanna Natoli, la consigliera del Csm ex componente della sezione disciplinare iscritta nel registro degli indagati a piazzale Clodio con le accuse di rivelazione di segreto d’ufficio e abuso d’ufficio. Il fascicolo è stato aperto dopo una registrazione di un suo incontro con la giudice Maria Fascetto Sivillo per parlare di un procedimento disciplinare del quale Natoli era stata giudice.

A radicare la competenza nella Capitale proprio il reato di abuso d’ufficio, un reato, si commenta tra i corridoi Palazzo Bachelet - e non certo tra i sostenitori di Natoli - difficilmente ipotizzabile in tale caso. E non per la sua abolizione votata in via definitiva - il reato è ancora in vigore in quanto non ancora promulgato -, ma per l’assenza dei suoi elementi costitutivi. Affinché vi sia abuso d’ufficio, infatti, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio deve intenzionalmente procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o arrecare ad altri un danno ingiusto.

Nel caso specifico, per ipotizzare il reato i pm si appoggerebbero ad una frase specifica pronunciata da Natoli: «Noi questa situazione la vogliamo e dobbiamo risolvere, però lei ci deve dare una mano, dottoressa Fascetto...». Che sarebbe stata «amica degli amici» e, dunque, da aiutare. A leggere bene le 130 pagine di trascrizione di quel dialogo, consegnato alla sezione disciplinare dall’avvocato di Fascetto Sivillo, Carlo Taormina, quello alla giudice sarebbe stato tutt’altro che un favore.

Natoli, infatti, avrebbe dissuaso la giudice dal continuare ad attaccare alcuni magistrati catanesi, tentando di convincerla a non avvalersi più della difesa di Taormina o, per lo meno, di farsi affiancare da un magistrato. Al termine del colloquio, Fascetto Sivillo avrebbe minacciato di rendere tutto pubblico e Natoli, parlando sempre al plurale, avrebbe replicato «Sì, lei lo fa... lo fa, giusto? Ma poi facemu i pernacchi». Nessun vantaggio per la giudice siciliana, che infatti ha ribaltato il tavolo portando la registrazione di quell’incontro a Roma, in commissione disciplinare, scoperchiando l’ennesimo scandalo in seno al Csm.

Il risultato certo della scelta della procura, dunque, è di radicare la competenza a Roma, essendo stato tale ipotetico abuso commesso nella sede del Csm. Altrimenti, il fascicolo sarebbe transitato a Catania, distretto in cui si è svolto l’incontro. E tenere il fascicolo a Roma era anche l’intenzione di Taormina, che nei giorni scorsi ha presentato un esposto nei confronti di tutta la sezione disciplinare: in questo caso, i pm hanno avviato un fascicolo modello 45, senza indagati né ipotesi di reato.

«Poiché c’è qualcuno che pensa di fare il furbo e di scaricare solo su altri le responsabilità che sono di tutti - aveva scritto Taormina anticipando su Facebook la sua denuncia -, lunedì (22 luglio, ndr) l’intera sezione disciplinare del consiglio superiore della magistratura (...) per falso ideologico in atti pubblici. La ormai nota trascrizione dell’incontro tra un magistrato sottoposto a procedimento disciplinare e un componente della sezione disciplinare che la aveva voluta contattare nella assoluta inconsapevolezza del magistrato incolpato dà conto che in camera di consiglio nella quale era stato formulato un verdetto di applicazione della censura nei confronti del medesimo magistrato incolpato, ne fu scritto un altro di condanna alla perdita di due anni di anzianità per punire, e quindi con una perversa intenzionalità, il magistrato incolpato per aver, nel corso dell’udienza poco prima conclusasi, accusato magistrati di Catania che non si desiderava che accusasse. Il dispositivo, pertanto, era ideologicamente falso».

Natoli, fedelissima del presidente del Senato Ignazio La Russa, nei scorsi giorni ha meditato la scelta di querelare tutti, come anticipato ieri dal Dubbio. La vicenda ha destato parecchia irritazione nel Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che una volta rientrato dal viaggio istituzionale in quel momento in corso in Brasile ha incontrato il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli sottolineando la necessità che Natoli si dimettesse. 

Dal canto suo, La Russa si è smarcato, sostenendo di non aver nessun consiglio da dare a Natoli e lasciando tutto in stallo, al punto da scontrarsi, secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, con la premier Giorgia Meloni, che aveva invece chiesto un passo indietro di Natoli. Che nel frattempo ha disertato le sedute di plenum e di commissione, meditando sul da farsi. Sulle possibili conseguenze dell’iscrizione sul registro degli indagati il Csm è spaccato. Secondo alcuni, la nuova formulazione del 335 cpp non consentirebbe conseguenze amministrative per la sola iscrizione sul registro degli indagati.

L’audizione, secondo alcuni, sarebbe però un elemento aggiuntivo che supererebbe la previsione ostativa del 335 bis, secondo cui la mera iscrizione non può «da sola» determinare effetti pregiudizievoli. Ma stando all’articolo 110 quater, «le disposizioni da cui derivano effetti pregiudizievoli in sede civile o amministrativa per la persona sottoposta a indagini devono intendersi nel senso che esse si applicano comunque alla persona nei cui confronti è stata emessa una misura cautelare personale o è stata esercitata l’azione penale». Il che, dunque, consentirebbe a Natoli, qualora lo decidesse, di rimanere in sella.

Nel caso in cui il Csm sia di avviso contrario, Natoli può essere sospesa con maggioranza di due terzi. In quel caso, però, non si potrebbe procedere ad una sostituzione, di fatto cambiando gli equilibri consiliari, con l’area di centrodestra privata di un voto. In caso di dimissioni, invece, il Parlamento dovrà sostituirla. Per farlo, però, serviranno i voti dei 3/5 delle Camere, ossia i voti di maggioranza ed opposizione. Difficile l’accordo su un nome condiviso. Col rischio di lasciare il Csm senza un pezzo per un po’.