PHOTO
LaPresse
La Lega ha presentato in Commissione Affari costituzionali alcuni emendamenti aggiuntivi al ddl governativo sulla separazione delle carriere che prevedono che le norme italiane prevalgono rispetto a quelle europee. In particolare gli emendamenti recitano così: «All’articolo 117, primo comma, della Costituzione, le parole: “nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali” sono soppresse». Quindi rimarrebbe che «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione».
L’altro emendamento prevede che «all’articolo 11 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma: “In ogni fase e tipo di giudizio, di ogni ordine e grado, la Costituzione non costituisce, in ogni sua previsione, fonte subordinata ai Trattati e agli altri atti dell’Unione europea”». In pratica qui si intende formalizzare il primato nella nostra Carta sulla legislazione europea.
La terza correzione presentata è la seguente: «Alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87, dopo l’articolo 23 è aggiunto il seguente: “Art. 23-bis. 1. Qualora nel corso di un giudizio l’autorità giurisdizionale ravvisi il contrasto tra una norma di legge o di un atto avente forza di legge e una norma europea direttamente applicabile, è tenuto a sollevare questione di legittimità costituzionale”». Si vogliono dunque modificare le “Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale” per obbligare il giudice a rivolgersi sempre alla Consulta quando oggi ha invece anche la possibilità di interpellare la CGUE.
Per la professoressa Chiara Favilli, ordinario di Diritto dell’Unione europea all’Università di Firenze, «l’articolo 117 della Costituzione è stato modificato nel 2001, in modo da far sì che fosse esplicitato quello che già era stato affermato, cioè che la violazione di un obbligo che deriva dall’Unione è sempre anche una violazione della Costituzione. Poi ogni ordinamento ha i propri strumenti per valorizzare o per superare meglio il contrasto tra la legge e una norma Ue. In Italia negli ultimi anni si è molto discusso di questo: se il giudice debba prima sollevare una questione di legittimità costituzionale o prima debba rivolgersi alla CGUE. Le due strade sono possibili. Non è possibile prevedere tuttavia un obbligo del giudice a rivolgersi in via esclusiva all’una o all’altra Corte. L’equilibrio ancora una volta è stato raggiunto nel lasciare al giudice la discrezionalità, l’apprezzamento dell’opportunità di rivolgersi all’una o all’altra e a quale Corte rivolgersi prima, con una preferenza per la questione di legittimità costituzionale quando vengono in rilievo diritti fondamentali tutelati nella nostra Costituzione, lasciando alla Consulta la scelta di sollevare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia come già avvenuto in diversi casi, con l’obiettivo di innalzare lo standard dei diritti fondamentali nello spazio europeo».
Aggiunge la professoressa: «Adottare una regola di questo tipo - come hanno affermato le Corti supreme in Polonia e Ungheria - costituirebbe una violazione del diritto dell’Unione europea, a cui seguirebbe l’apertura di una procedura di infrazione. Lo Stato che si pone in rotta di collisione con il diritto dell’Unione è uno Stato che vuole uscire dall’Ue, e può farlo utilizzando l’articolo 50 del Trattato di Lisbona che prevede un meccanismo di recesso volontario e unilaterale di un Paese membro. Ma fin quando è parte dell’Unione, è tenuto a rispettare gli obblighi, come è avvenuto per il Regno Unito». L’abbandono dell’Ue sarà automatico? «Non direi che l’Italia sarebbe automaticamente fuori. Diciamo che sarebbe una grave violazione, alla quale potrebbe seguire una scelta politica di avviare la procedura di recesso», conclude l’esperta.
Così dal punto di vista tecnico giuridico. Ma politicamente come è stata accolta la proposta del Carroccio? Senza dubbio le opposizioni esprimono un totale dissenso. Mentre gli altri due azionisti di maggioranza per ora si differenziano. Se Fratelli d’Italia ci fa sapere che attenderà la prossima settimana per la valutazione degli emendamenti, più netta è la posizione di Forza Italia.
Infatti sostiene al Dubbio il capogruppo azzurro in commissione Giustizia alla Camera, Tommaso Calderone: «la prima cosa che io noto è che gli emendamenti non sono omogenei al corpo della riforma in esame: se si discute di separazione delle carriere non si può parlare di altro, quindi credo che abbiano profili di inammissibilità. Da un punto di vista del merito giuridico non li condivido e i motivi sono tanti. Innanzitutto ci sono le gerarchie delle fonti e noi non possiamo modificare una norma costituzionale soprattutto in un momento in cui storicamente si parla di grande cooperazione tra Europa e Stati membri, quindi che cosa vogliamo? Vogliamo disconoscere la normativa europea? Modificare un tal tipo di norma costituzionale è un argomento molto complesso che merita una trattazione a parte. Noi non abbiamo presentato emendamenti perché intanto abbiamo la necessità, la voglia e il desiderio di portare a compimento la riforma della giustizia».