PHOTO
Carlo Nordio, ministro della Giustizia
La separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri (almeno per ora)non s'ha da fare. Intendiamoci, si tratta di spifferi, sussurri, voci da Transatlantico ammesse a mezza bocca da uomini assai vicini alla premier Meloni la quale, quanto pare, non avrebbe alcuna intenzione di aprire un nuovo fronte con i magistrati.
E in effetti più fonti parlamentari hanno riferito che lo stop verrebbe proprio dall’azionista di maggioranza del governo, ossia da Fratelli D’Italia. Il motivo? Come detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non vuole creare strappi con le toghe. Eppure fu proprio la premier, nella conferenza stampa di fine anno, a dire che l’obiettivo “carriere separate” sarebbe stato raggiunto addirittura nel giro di pochi mesi. Una dichiarazione che era apparsa subito un tantino azzardata, anche perché la modifica sarebbe di tipo costituzionale e dunque necessiterebbe di più tempo.
Un altro indizio che porterebbe a confermare quanto saputo sarebbe anche l’assenza di Fratelli d’Italia alla conferenza stampa del 14 febbraio convocata dal Terzo Polo, Lega, Forza Italia insieme all’Unione Camere Penali per illustrare le proposte di legge incardinate in materia.
Aveva spiegato il presidente della Commissione Giustizia della Camera Ciro Maschio (FdI): «Non prenderò parte alla conferenza stampa perché avevo preso precedentemente altri impegni. Per quanto riguarda invece il fatto che Fratelli d'Italia non ha ancora depositato un progetto di legge in questo senso è che l'idea del partito è quella di presentare una riforma complessiva del processo penale, come già annunciato dal Guardasigilli Nordio, all'interno della quale si dovrà inserire anche il tema della separazione delle carriere».
Concetto che il parlamentare ha ribadito al Dubbio: «Non mi risulta che FdI voglia mettere in atto un sabotaggio. Semplicemente siamo più prudenti rispetto agli altri partiti nell’elaborare delle proposte che avranno delle importanti ricadute su tutto il sistema penale». Sta di fatto che al momento ancora non si può ragionare su delle proposte concrete non solo su questo tema, - basti pensare a quello sulle intercettazioni - perché tutti sono fermi alle sole dichiarazioni di intenti di Nordio. In realtà, se fosse vero quanto appreso in questi giorni, verrebbe a cadere uno dei pilastri in materia di giustizia sponsorizzato da tutta la coalizione di centrodestra durante la campagna elettorale.
La volontà di non creare conflitti soprattutto con la magistratura associata si potrebbe trarre anche dal ritardo con cui verranno approvati i decreti attuativi sulla riforma del Consiglio Superiore della Magistratura e dell’ordinamento giudiziario. Tre settimane fa il Ministro Nordio, rispondendo ad una interrogazione dell’onorevole di Azione Enrico Costa, aveva assicurato: «Giugno è un termine che noi speriamo di poter rispettare ma nessuno meglio di voi sa che trattandosi di materia estremamente complessa potrebbe essere necessaria qualche settimana in più. In ogni caso questa è una nostra priorità».
Ma adesso fonti parlamentari e governative ammettono che dalle settimane si sarebbe passati ad una proroga dei termini di sei mesi, se non addirittura di un anno. L’ufficio legislativo di Via Arenula sarebbe alle prese con altre emergenze, ma c’è chi sostiene che i magistrati lì presenti vogliano prendere tempo per fare un favore ai loro colleghi in servizio nei tribunali e nelle procure. E il rinvio dovrebbe essere contenuto nel prossimo decreto sul Pnrr.
Nel pacchetto della riforma ancora da attuare e che verrebbe procrastinato c’è il fascicolo di performance dei magistrati e il diritto di voto per gli avvocati nei Consigli giudiziari, due degli elementi maggiormente stigmatizzati dall’Anm, talmente irricevibili che portò il “sindacato” delle toghe ad uno sciopero. Nonché il riordino della disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili, altro tema caldo.
A questo quadro si aggiunge un corollario di non poco conto: il Parlamento ancora non ha approvato tramite una legge i criteri generali per selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, come previsto dall’articolo 13 legge 71 del 2022. A proposito di questo, un parlamentare ci ha confessato: «E vabbè mica possiamo pensare a tutto, abbiamo un sacco da fare».