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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio durante il Question time alla Camera dei deputati
Slitta di qualche giorno, dal 26 al 29 novembre, la discussione generale, nell'Aula della Camera, del disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
Fino a ieri mattina la data era certa, ma poi durante l’ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali tutto è stato rimesso in gioco. Non è stato trovato alcun accordo tra i partiti sul calendario della settimana. E così per adesso restano convocate le sedute notturne e quelle in tutto il week end per l’esame dei provvedimenti all’ordine del giorno, come il decreto flussi, quello in cui, tra l’altro, sono confluite le norme inizialmente emanate dal governo con il decreto Paesi sicuri, norme ora al centro del “conflitto” fra Esecutivo e magistratura.
Ecco cosa è successo, nel dettaglio: per evitare sedute nel weekend delle elezioni regionali in Umbria ed Emilia-Romagna, il presidente della commissione Affari costituzionali Nazario Pagano (FI) ha proposto ieri, durante l’ufficio di presidenza, di dedicare questa settimana solo al decreto flussi, approvandolo in due giorni, di far slittare di tre giorni - dal 26 al 29 novembre l’approdo in Aula della separazione delle carriere e di un mese la proposta di Tommaso Foti (capogruppo FdI a Montecitorio) sulla Corte dei Conti. «Non è stata accettata la mia proposta che accoglieva gran parte delle richieste delle opposizioni», ha però dovuto constatare Pagano, «a questo punto deciderà la capigruppo della Camera, perché c’è un intasamento di provvedimenti».
Diverso, ovviamente, il punto di vista della deputata Simona Bonafè, capogruppo del Partito democratico in commissione: «Chiedono accelerazioni sul decreto flussi quando ancora non sono stati forniti i pareri del governo. Inoltre nel decreto flussi è stato inserito anche il decreto Albania, che sta sollevando non pochi problemi interpretativi. E la decisione del governo di costituirsi ieri davanti alla Corte di Giustizia Ue conferma la necessità di un esame approfondito della questione. Sia la conferenza dei capigruppo, perciò, a pronunciarsi sull’affastellamento di provvedimenti nel calendario della Camera».
Insomma, i dem contestano la compressione del dibattito sul Dl Flussi, che va convertito in legge entro l’ 11 dicembre e deve passare anche al Senato. Molto probabilmente verrà posta la fiducia. E così, seppur di qualche giorno, resta in bilico la data dell’approdo in Aula della riforma della giustizia. Uscito ieri mattina dalla commissione, il viceministro Francesco Paolo Sisto, che sta seguendo il dossier per il governo, aveva detto: «È giusto che le opposizioni facciano il loro mestiere, ogni emendamento vede interventi giustificatamente approfonditi e quindi il tempo per chiudere il provvedimento si allunga», tuttavia «il 26 il provvedimento deve essere in Aula». La maggioranza dunque, a parte questo piccolo intoppo temporale, aveva intenzione di accelerare sulla separazione delle carriere. E questa accelerazione suona come una risposta della politica alle recenti decisioni dei giudici che di fatto hanno bocciato con diverse pronunce sia il modello Albania, elaborato dalla premier Giorgia Meloni e dal primo ministro albanese Edi Rama, sia il Dl Paesi sicuri. Se è vero che uno sveltimento della pratica vi era stato a ridosso delle ultime elezioni europee per dar forza alla campagna di Forza Italia e premiarla anche per il risultato ottenuto, adesso maggioranza e governo premono ancor di più sull’acceleratore. Accantonata per ora la riforma del premierato, Meloni e gli alleati hanno necessità di mostrarsi all’opinione pubblica più forti su un tema che in teoria dovrebbe suscitare ampi consensi.
Comunque la commissione Affari costituzionali, come già avvenuto per l’articolo 1 la scorsa settimana, ieri ha bocciato tutti gli emendamenti soppressivi presentati dalle opposizioni e relativi all’articolo 2, che intende modificare l’articolo 102 della Costituzione: al termine del primo comma – “La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario” – andrebbe aggiunta la frase “, le quali disciplinano altresì le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti”.
Sul tavolo rimangono ancora oltre 200 proposte di modifica da esaminare, tutte a firma delle opposizioni. «Con l’introduzione della espressa previsione di due carriere distinte, si pone fine a una controversa commistione che ha originato le storture del sistema giudiziario.
Noi vogliamo riformare la giustizia, dando risalto e dignità alle sentenze e non alle indagini: oggi purtroppo avviene esattamente il contrario», ha detto il deputato Francesco Michelotti (FdI), uno dei tre relatori del ddl costituzionale. Mentre per il capogruppo del M5S Alfonso Colucci, «il vero intento del governo Meloni e dei partiti del centrodestra è allontanare i pubblici ministeri dalla cultura della giurisdizione, che oggi è una assoluta garanzia per il diritto del cittadino di agire in giudizio e per il rispetto dell’articolo 3 della Costituzione sul principio di uguaglianza».