La strada dovrebbe essere ormai segnata: sulla separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante ci sarà un referendum, molto probabilmente nella primavera del 2026. L'auspicio è dello stesso ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha più volte ribadito che su una riforma così costituzionalmente rilevante debbano essere gli italiani a pronunciarsi, anche per evitare che l'eventuale approvazione parlamentare venga percepita dai cittadini come il solito accordo sottobanco fatto dai partiti.

La campagna comunicativa, come riferito dal Guardasigilli in una riunione di maggioranza, sarà trasformata in un sondaggio di opinione sull'indice di gradimento delle toghe. Niente tecnicismi dunque, la vittoria va conquistata con messaggi semplici e tranchant. L'Anm è perfettamente consapevole di questo e quindi si prepara allo scontro. Oggi riunisce a Roma il Comitato direttivo centrale, domani sempre in Cassazione ci sarà una assemblea straordinaria convocata proprio sul tema della riforma costituzionale. I magistrati, guidati dal presidente uscente Giuseppe Santalucia, sanno benissimo che tra Camera e Senato non c'è possibilità di modifiche al testo che il 9 dicembre è approdato nell'aula di Montecitorio per l’inizio della discussione, nell’entusiasmo generale della maggioranza, soprattutto di Forza Italia, che ne rivendica la paternità e la realizzazione del sogno di Silvio Berlusconi. Quindi il ”sindacato” delle toghe sa che deve guardare oltre, prepararsi alla chiamata popolare, e diventare così protagonista del dibattito. Come? Lo deciderà l'assise di domenica a Piazza Cavour ma in base a quanto già circola tra alcuni gruppi associativi l'obiettivo principale è quello di costituire comitati referendari, oltre a prevedere giornate di astensione. Già a giugno, durante una riunione del parlamentino, si era discusso della possibilità non solo di fare diversi scioperi distribuiti in vari mesi ma anche di lanciare, come inizialmente proposto dalla corrente progressista di AreaDg, la partecipazione alle iniziative di eventuali comitati referendari. Inizialmente era emersa qualche perplessità da parte delle altre correnti: l’obiezione prevalente era che, essendo i referendum lontani dal venire, non avrebbe avuto senso mettere subito nero su bianco un progetto del genere. Ma poi, dopo alcune interlocuzioni tra i big delle correnti, si era capito che era opportuno appoggiare la proposta. Adesso esiste una “prepotente urgenza” - volendo mutuare le parole che usò l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel chiedere provvedimenti di clemenza – di occupare spazi comunicativi. E allora c'è necessità di concretizzare nel dettaglio l'iniziativa.

Le strade potrebbero essere due. La prima: che le singole correnti costituiscano dei propri comitati o che si aggreghino a quelli già costituitisi nella società civile, innanzitutto con costituzionalisti e giuristi, in modo da sostenere il “No” a tutte e tre le modifiche costituzionali previste dal ddl Nordio (separazione carriere, doppio Csm e Alta Corte disciplinare). La seconda – e questo sarebbe l’obiettivo più ambito da raggiungere – la stessa Anm, nella sua totalità, dovrebbe diventare promotrice di un comitato referendario «per la difesa della Costituzione” attraverso il contrasto alla riforma dell’ordinamento giudiziario, così come pensata dal ministro della Giustizia e dalla maggioranza in generale. Il risultato non è scontato perché non tutti i gruppi associativi potrebbero essere d’accordo. Prendere una decisione di questo tipo vorrebbe dire, per alcune fette della magistratura, attirarsi maggiormente le accuse di politicizzazione, già arrivate in questi ultimi mesi, dopo le decisioni assunte da alcuni magistrati in tema di immigrazione. Invece per altri, considerato che comunque si viene accusati “strumentalmente” di essere eversivi per decisioni sgradite o per aver partecipato a dibattiti pubblici, tanto vale scendere formalmente in campo.

Da quanto abbiamo potuto apprendere, Magistratura democratica proporrà la creazione di un comitato referendario attraverso un documento da presentare in Assemblea, Giovanni ”Ciccio” Zaccaro, segretario di Area, ci dice «che sarebbe d’accordo al comitato referendario sulla riforma della giustizia aperto ad avvocati, professori, esponenti della cultura, quindi non costituito solo da magistrati, ma da persone in grado di spiegare ai cittadini la questione». Magistratura Indipendente invece al momento non si esprime perché almeno fino a ieri non sapeva che ci fosse sul tavolo questa possibilità. Silenzio da Unicost. Mentre Andrea Reale, rappresentante in Cdc del gruppo dei CentoUno, si dice non favorevole: «Non siamo d'accordo su questa possibilità. Anche perché riteniamo che la riforma del sistema elettorale per il Csm con il metodo del sorteggio, previsto nel testo del ddl costituzionale, possa essere valutata positivamente e condivisa, come peraltro hanno fatto oltre il 40% dei colleghi iscritti all’Anm che hanno votato “sì” durante il referendum associativo del 2022».

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Ma io dico che un’altra giustizia è possibile pure senza la Riforma

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Intanto stamattina un assaggio di acceso dibattito ci sarà ad Atreju, dove discuteranno di giustizia Santalucia e Nordio. Insomma l’Anm è chiamata ad un grande sforzo comunicativo: l’attenzione mediatica domenica si preannuncia alta. Sarà quindi importante non trasformare innanzitutto l’evento in una passerella dei candidati al prossimo comitato direttivo centrale che sarà rinnovato a fine gennaio e soprattutto una seduta collettiva di psicologia in cui tutti prendono la parola per ripetere il solo refrain di come la riforma metta in pericolo l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Per vincere l’appuntamento referendario occorrono discorsi di maggiore spessore.