Muro contro muro, ci rivediamo al referendum: questa la sintesi dell’incontro tra il Governo e l’Anm in merito al ddl costituzionale sulla separazione delle carriere. Al vertice di palazzo Chigi a cui hanno partecipato la premier Meloni insieme ai Vicepresidenti Tajani e Salvini, al Ministro della Giustizia Nordio e al Sottosegretario Mantovano, l’Esecutivo ha detto chiaramente al ‘sindacato’ delle toghe che non c’è possibilità di nessun minimo passo indietro.

L’unica disponibilità offerta, come anticipato dal Dubbio, è quella “di aprire un tavolo di confronto sulle leggi ordinarie di attuazione della riforma”. I dieci membri della Giunta sono arrivati a Chigi alle 15:20, tutti con la coccarda tricolore sulle giacche, scelta che avrebbe ancora di più irrigidito la premier Meloni. Dopo due ore di incontro Chigi emana una nota: «Il Governo ha ribadito la volontà di proseguire con determinazione e velocità nel percorso di attuazione della riforma costituzionale, auspicando la sua approvazione in tempi rapidi». 

Durante il faccia a faccia la premier ha ribadito che molte delle azioni del Governo sono state fatte in memoria di Paolo Borsellino. Al che l’Anm le avrebbe detto che proprio Borsellino metteva in guardia dalla sottoposizione del pm all’Esecutivo. Nel botta e risposta la Meloni ha tirato fuori allora Giovanni Falcone, che sarebbe stato favorevole alla separazione delle carriere. A quel punto, ci sarebbe stato, a partire da Stefano Celli, esponente di Magistratura Democratica, un sbuffo generale del tipo “ancora con questa storia di Falcone”. Al termine dell’incontro il presidente dell’Anm Cesare Parodi ha improvvisato una conferenza stampa: «È stato un incontro non breve, in cui c'è stato un lungo scambio di opinioni che devo dire non ha portato a sostanziali modifiche delle nostre posizioni e tanto meno a quelle del governo. Io credo non sia stato inutile perché abbiamo avuto modo di spiegare nel dettaglio le ragioni specifiche tecnico-giuridiche che ci portano assolutamente a non condividere questa riforma. Lo abbiamo fatto, abbiamo preso atto con molta chiarezza di una volontà del governo di andare avanti senza alcun tentennamento e alcuna modifica sul punto».

L’unico aspetto positivo dell’incontro, secondo Parodi, è il fatto che Nordio abbia smentito le indiscrezioni apparse sul Fatto Quotidiano per cui ci sarebbe la volontà in fase di legge attuativa di privare il pm del controllo sulla polizia giudiziaria. «Non abbiamo parlato di sorteggio temperato - ha aggiunto Parodi - Ero assolutamente certo che nulla sarebbe arrivato, anche per una ragione di tempi. Noi andiamo avanti con serenità, parleremo ai cittadini in vista del referendum e se la riforma sarà approvata saremo i primi evidentemente ad applicarla».

Sul tema non ci saranno altri momenti di confronto: «Non abbiamo ulteriori appuntamenti con il governo. Speriamo di averne per gli altri aspetti ma su questo tema andiamo avanti per conto nostro». Il riferimento del presidente del sindacato delle toghe è al fatto che hanno presentato al Governo una serie di punti per migliorare l’amministrazione della giustizia, tra cui l’aumento degli organici, l’aggiornamento dei sistemi informatici, la depenalizzazione dei reati minori, la costruzione di nuovi uffici giudiziari.

Il presidente dell'Anm ha raccontato di aver «notato un grande interesse» sugli otto punti, «perché effettivamente riguardano concretamente il prodotto giustizia finale, non questa riforma che, come abbiamo detto più volte, non è una riforma della giustizia ma del ruolo dei magistrati all'interno dell'ordinamento». Parodi ha poi aggiunto: «Ci tenevo a fare un discorso importante: chiedere un maggiore rispetto per i magistrati spesso accusati di produrre provvedimenti non giurisdizionali ma ideologici. Io ho chiesto con forza che questo atteggiamento possa essere modificato perché ferisce i magistrati, che sono i primi a rifiutare questa logica», ha continuato Parodi spiegando che il governo ha risposto che «la politica sente di essere attaccata in qualche misura. Io ho risposto che i magistrati possono sbagliare, accettiamo le critiche ma siamo profondamente feriti e avviliti quando queste critiche non hanno per oggetto i nostri provvedimenti ma la nostra posizione ideologica che avrebbe, secondo la politica, condizionato le nostre scelte».

«Unica speranza da questo incontro -ha concluso Parodi - è che ci possa essere almeno uno spiraglio sotto questo profilo, recuperare un reciproco rispetto che gioverebbe al Paese». Dopo Parodi ha parlato anche il Segretario generale dell’Anm, Rocco Maruotti: «Abbiamo espresso con convinzione le nostre ragioni. Abbiamo avuto anche la sensazione di aver colpito nel segno, nel senso che le nostre ragioni sono sembrate giuste, ma è una riforma che devono portare avanti il più velocemente possibile quindi non possono essere accolte».

Il faccia a faccia avrà l’effetto indiretto di ricompattare la magistratura: adesso anche coloro i quali, ad esempio una parte di Magistratura Indipendente, si erano aperti ad una possibile trattativa, dovranno prendere atto della chiusura del Governo e unirsi per portare avanti efficacemente la comunicazione in vista del referendum.

Nella mattinata la premier aveva incontrato anche il presidente e il segretario dell’Unione Camere Penali, Francesco Petrelli e Rinaldo Romanelli, che «hanno rappresentato al Governo il pieno sostegno alla riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario». Nel corso dell’incontro, durato oltre un’ora, i rappresentanti dell’Ucpi hanno avuto, altresì, modo di ricordare «la sempre più drammatica situazione delle carceri italiane, il crescente fenomeno del sovraffollamento e la tragica ed inarrestabile escalation dei suicidi». La premier ha però escluso qualsiasi possibilità che si possano attuare provvedimenti di clemenza.

Nella nota di Palazzo Chigi si è letto che «Governo e Camere penali si incontreranno nuovamente in futuro, in modo da mantenere uno spazio di confronto stabile volto alla modernizzazione dell’amministrazione della giustizia».