È il tormentone delle riforme: separazione delle carriere o premierato? Soprattutto: davvero l’una esclude l’altro? Il referendum sul ddl Nordio (probabile) può ostacolare Giorgia Meloni nella ricerca del sì alla consultazione ( quasi certa) sul ddl Casellati? Incognite che hanno condizionato l’iter della legge sui magistrati fino a poche settimane fa. Fino alla vigilia delle Europee, quando Forza Italia ha ottenuto che il “divorzio” tra giudici e pm fosse licenziato dal Consiglio dei ministri, e la stessa Meloni ha abbracciato con convinzione la causa, l’ha rivendicata e promossa a “bandiera” dell’intera maggioranza.

Due settimane fa il presidente Sergio Mattarella ha autorizzato la presentazione alle Camere della riforma sulle carriere, e il governo l’ha subito incardinata a Montecitorio, dove nel frattempo è pervenuto anche il testo sul premierato, approvato in prima lettura a Palazzo Madama. Siamo all’ingorgo? «No, non è così», spiega il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera Nazario Pagano, di Forza Italia, «sono due riforme importanti e va individuata la soluzione operativa in grado di farle procedere entrambe».

Sia il ddl Nordio che la riforma targata Meloni- Casellati sono state inevitabilmente assegnate alla commissione guidata da Pagano. La quale mercoledì ha definito, nell’Ufficio di presidenza, la prima parte del calendario sul premierato: si inizia la settimana prossima. Lo stesso Ufficio di presidenza della Affari costituzionali programmerà mercoledì prossimo l’iter iniziale della riforma Nordio. «Ci siamo. E io ritengo», dice Pagano, «che la soluzione più opportuna sia prevedere di dedicare ogni mese due settimane consecutive al premierato e due settimane alla separazione delle carriere. È la proposta che avanzerò la settimana prossima in Ufficio di presidenza. Mi sembra la formula adeguata per consentire a entrambe le riforme il necessario approfondimento, e per portarle in Aula in tempi ragionevoli».

Pagano non esclude che «si possa far tesoro delle audizioni che abbiamo già svolto sulla separazione delle carriere nei mesi scorsi, relativamente alle proposte di legge costituzionale d’iniziativa parlamentare». Sarebbe utile, nell’economia dell’iter legislativo. Sarebbe in tal modo possibile concentrare le energie sugli altri contenuti della riforma Nordio: l’attribuzione a un’Alta Corte delle funzioni attualmente svolte dalla sezione disciplinare del Csm e il sorteggio dei componenti, laici e togati, dei due futuri Consigli superiori. Materie complesse, meno esplorate e dibattute, dalla stessa accademia, rispetto alla separazione delle carriere, e che dunque richiedono un confronto approfondito non solo con la magistratura ma anche con l’avvocatura e con tutta la comunità dei giuristi.

PAGANO: «COMPLICATO UN ESAME CONGIUNTO CON LA II COMMISSIONE»

Ma c’è un altro “dossier”, di cui Pagano dovrà occuparsi nel vertice della “Affari costituzionali” in programma fra qualche giorno: le richieste avanzate da alcuni deputati della seconda commissione di Montecitorio, la “Giustizia”, di procedere a un esame congiunto sulla separazione delle carriere. «Personalmente non sono favorevole, ma ne discuteremo con i rappresentanti dei gruppi presenti nella nostra commissione. Credo che l’esame congiunto aggravi il procedimento legislativo, che rischi di rallentarlo. Significa decidere non in 30 ma in 60, dover mettere in conto fino a 60 dichiarazioni di voto. In tutta onestà, mi sembra che una soluzione del genere rischierebbe di diventare un modo per rallentare se non affossare il percorso della riforma della giustizia» .

Ma il punto è che a proporre l’esame congiunto è stato innanzitutto Enrico Costa di Azione, deputato d’opposizione ma che è anche l’autore di una delle quattro proposte parlamentari sulle carriere separate, e che potrebbe dare senz’altro un contributo prezioso alla discussione sul ddl Nordio. «Certo, ma ci sono soluzioni meno impegnative, rispetto all’esame congiunto», replica Pagano. Al quale, come anticipato due giorni fa da Repubblica, è da poco arrivata un’altra richiesta, analoga a quella di Costa, firmata dalla capogruppo della Lega in commissione Giustizia Ingrid Bisa. «Ci sono altre strade: le sostituzioni ad hoc, innanzitutto, mirate alla trattazione di uno specifico provvedimento, che ciascun gruppo può operare tra i propri deputati schierati nelle diverse commissioni.

C’è anche la possibilità di aprire i lavori della nostra commissione ad altri deputati, che però in questo caso non avrebbero diritto di voto. Escluderei l’ipotesi delle commissioni congiunte, impervia soprattutto per materie, come le riforme costituzionali, che impongono approfondimenti significativi. Lo ribadirò in Ufficio di presidenza».

Pagano è innanzitutto un deputato di Forza Italia. Proviene cioè dal partito che più di qualunque altro ha spinto affinché la separazione delle carriere uscisse dal limbo in cui era scivolata. Interpretare il suo no come una forma di ostruzionismo sarebbe dunque insensato. Ma questo probabilmente non basterà a scongiurare le polemiche che, c’è da scommetterci, accompagneranno la riforma Nordio in tutto il suo cammino.