«Momento storico», «passo fondamentale», «inizio di una nuova stagione»: sono soltanto alcune delle entusiastiche espressioni condivise da parte del centrodestra, e soprattutto da Forza Italia, nel commentare il via libera da parte della Commissione Affari costituzionali della Camera alla riforma della separazione delle carriere.

Nella seduta di ieri mattina è terminato l’esame degli emendamenti – tutti bocciati quelli delle opposizioni - ed è stato dato il mandato ai relatori (Nazario Pagano di Forza Italia, Simona Bordonali della Lega e Francesco Michelotti di Fratelli d’Italia) a riferire in Aula il 9 dicembre prossimo. Dopo le ipotesi di una clamorosa anticipazione dei tempi valutate da Nordio il mese scorso, viene ora invece confermata la tabella di marcia iniziale, che prevede una prima approvazione a Montecitorio entro la fine di gennaio o gli inizi di febbraio, i successivi passaggi con Palazzo Madama e poi la celebrazione del referendum nella primavera 2026.

«Il mandato al relatore sancisce un primo step importantissimo del percorso», ha dichiarato il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, che ha seguito il dossier per il governo in Commissione. «FI è particolarmente soddisfatta – ha aggiunto -. Il nostro segretario nazionale Antonio Tajani ci ha dato il mandato di portare a termine questa riforma che, storicamente e culturalmente, appartiene alla nostra tradizione. Quindi, governo compatto, ma un po’ di soddisfazione per quanto riguarda i nostri valori non ce la si può negare».

Non si escludono riflessioni ulteriori che si potrebbero apportare al testo in Aula e rispetto alle quali Sisto ha precisato che potrebbero riguardare «sostanzialmente la questione della presenza di genere negli organi rappresentativi», tema che è stato «sollevato in alcuni emendamenti delle opposizioni». In realtà c’è un tavolo aperto nel centrodestra che potrebbe addurre, sempre su richiesta degli azzurri, anche modifiche più di peso alla riforma e particolarmente ostili alla magistratura, già sul piede di guerra: sorteggio solo per i togati del Csm e non per i membri laici, come al contrario previsto dal ddl Nordio per mitigare lo scontro con le toghe; due concorsi separati per l’accesso alle funzioni, istituzione di un nuovo organo di appello contro le decisioni dell’Alta Corte.

Per Nazario Pagano, «la riforma, frutto di una gestazione approfondita e di un dibattito articolato, ha ottenuto il sostegno trasversale anche di alcune forze politiche di opposizione. Questo dimostra che, al di là delle appartenenze, esiste una condivisione dell’impianto generale della riforma». Il riferimento è a Italia viva ed Azione. E, in risposta alle critiche sul mancato coinvolgimento dell’opposizione, Pagano ha ricordato che «le riforme costituzionali richiedono il più ampio sostegno possibile, ma la storia recente dimostra come tutte le maggioranze, indipendentemente dal colore politico, abbiano portato avanti importanti riforme senza consenso unanime».

«Lo storico via libera della commissione Affari costituzionali alla separazione delle carriere dimostra che è possibile riformare il sistema giudiziario per renderlo più efficiente e veramente “terzo”, senza scontri né intenti punitivi nei confronti di nessuno, col massimo rispetto per il prezioso lavoro che svolge ogni giorno la magistratura», hanno dichiarato i deputati di FI Tommaso Calderone e Paolo Emilio Russo. «Siamo soddisfatti del percorso in commissione, il percorso procede spedito approdando in aula il 9. Si tratta di una riforma costituzionale quindi cercheremo di procedere cercando la maggiore condivisione possibile, pur mantenendo fermo l’impianto del testo del governo. È un passaggio importante ed epocale che vogliamo portare avanti senza esitazioni», ha commentato al Dubbio Francesco Michelotti.

Invece per Simona Bonafè e Federico Gianassi, capigruppo del Partito democratico nelle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera, l’approvazione in Commissione «è profondamente sbagliata e rappresenta un grave errore della maggioranza, che per equilibri interni sacrifica il funzionamento della giustizia a bandiere ideologiche e interessi di partito». La separazione delle carriere, hanno concluso i due parlamentari dem, «non è una priorità per il sistema italiano, che attende ancora un grande piano d’investimento in ciò che conta davvero per i cittadini: risorse umane, formazione, edilizia giudiziaria e semplificazione burocratica, indispensabili per garantire processi più rapidi e diritti effettivi. Il governo sta sprecando tempo prezioso su una questione che distrae dalle vere urgenze della giustizia e dalle reali esigenze dei cittadini».

«Era tutto già scritto ed è un piano devastante ben congegnato. La separazione delle carriere dei magistrati risponde al disegno di vecchia data del centrodestra di indebolire la magistratura e togliere autonomia e indipendenza ai pubblici ministeri», hanno affermato i rappresentanti del M5S nelle commissioni Giustizia della Camera e del Senato Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero De Raho, Valentina D'Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato.