Una pratica per la definizione di “linee guida in ordine alla partecipazione dei magistrati ad eventi pubblici e per l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero, di riunione e di associazione nel rispetto dell’interesse costituzionale alla garanzia del prestigio, della credibilità, dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura”.

A proporla al Csm è stato, ieri, il professor Felice Giuffré, componente laico eletto a Palazzo Bachelet su indicazione Fratelli d’Italia: il consigliere ha inviato la richiesta al Comitato di presidenza dell’organo di autogoverno delle toghe dopo giorni di aspre polemiche fra politica e Anm. «Sempre più spesso negli ultimi mesi è stato posto all’attenzione, sia del Csm e sia nel dibattito pubblico, il tema del corretto bilanciamento tra le libertà di manifestazione del pensiero, di riunione e di associazione del magistrato, e i limiti che alle stesse situazioni giuridiche derivano in considerazione del suo particolare status di appartenente all’ordine giudiziario e, dunque, in ragione delle delicatissime funzioni che l’ordinamento gli assegna», puntualizza Giuffrè.

La Corte costituzionale, va ricordato, con diverse sentenze, la prima già nel 1976, ha fissato dei limiti anche impliciti alla libertà di manifestazione di pensiero, di riunione e di associazione dei magistrati, nell’esigenza di tutela del prestigio e della credibilità dell’ordine giudiziario e quindi dell’autonomia e dell’indipendenza del potere giurisdizionale.

«A bilanciamento tra istanze di libertà individuale e altri interessi di pregio costituzionale sono del resto poste anche le previsioni normative di rango primario che valgono a sanzionare talune condotte extra-funzionali del magistrato o a considerare, in sede di valutazione di professionalità, i prerequisiti di equilibrio e indipendenza», ricorda il professore. «Il tema», aggiunge, «assume un rilievo particolarmente delicato in considerazione dell’enorme ampliamento di canali e, quindi, di opportunità comunicative “senza filtri” che le nuove tecnologie e, in particolare, i social network offrono ai singoli, e perciò anche agli appartenenti all’ordine giudiziario».

Come evidenziato da Giuffrè, ci sono state diverse discussioni all’interno del Csm in merito al rilievo delle esternazioni di magistrati che erano intervenuti su temi della attualità politica, esprimendo critiche aspre in ordine agli indirizzi di politica giudiziaria del governo di centrodestra e anche nei confronti degli esponenti politici o dei singoli partiti che se ne erano fatti sostenitori.

«In taluni casi, tali critiche sono state espresse da magistrati all’interno di sedi di partito o, comunque, nell’ambito di manifestazioni di partito e anche senza alcun contradditorio», sottolinea ancora Giuffrè. Uno degli ultimi casi aveva riguardato il segretario di Magistratura democratica, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Stefano Musolino, che, per aver partecipato a un dibattito in un centro sociale e aver criticato alcuni provvedimenti del governo, era stato oggetto di un procedimento per incompatibilità ambientale presentato (e poi archiviato) al Csm su richiesta delle componenti laiche Isabella Bertolini (anche lei indicata da FdI) e Claudia Eccher (di “area” Lega). Che il tema, dunque, sia quanto mai attuale, lo ha evidenziato anche la prima presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano proprio nel corso della discussione sul caso “Musolino”, durante la quale aveva auspicato l’apertura di una pratica per la formulazione di apposite linee guida a tutela del prestigio dell’ordine giudiziario.

A tal riguardo, Magistratura indipendente, la corrente conservatrice, nel corso dell’ultima riunione del Comitato direttivo centrale (il cosiddetto parlamentino) dell’Associazione nazionale magistrati, si era fatta promotrice di una mozione, non approvata, che invitava i colleghi a declinare l’invito a partecipare ad eventi «organizzati in via esclusiva da partiti politici in occasione della prossima campagna referendaria». «La credibilità della magistratura è un valore essenziale in uno Stato democratico: si custodisce e si coltiva tanto nell’esercizio delle funzioni, quanto con i comportamenti pubblici dei singoli», avevano scritto le toghe di “Mi”, ponendo l’accento sul principio per cui il magistrato non solo deve essere ma anche “apparire” imparziale e indipendente.

«È necessario definire delle linee guida in ordine alla partecipazione dei magistrati in contesti pubblici o aperti al pubblico (interviste, programmi televisivi, convegni, dibattiti, social network, etc.) al fine di precostituire un valido parametro di bilanciamento tra le libertà di manifestazione del pensiero, di riunione e di associazione con l’interesse costituzionale alla tutela del prestigio e della credibilità dei magistrati e dell’ordine giudiziario nel suo complesso», ha quindi concluso Giuffrè. Considerate, però, le diverse sensibilità presenti al Csm, e l’atavica ritrosia da parte dei gruppi progressisti della magistratura a mettere “paletti” su questa materia, difficilmente si troverà un punto d’incontro.