Fabio Pinelli sconfessa il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il Consiglio, di fatto, sfiducia il vicepresidente. È caos a Palazzo Bachelet, dove la discussione sulla circolare sugli uffici requirenti - passata con il voto contrario dei consiglieri laici di centrodestra Felice Giuffrè, Claudia Eccher, Isabella Bertolini, Enrico Aimi e il 5S Michele Papa, l’astensione di Ernesto Carbone di Iv e l’assenza di Rosanna Natoli - si trasforma, di fatto, in una resa dei conti. Un clima infuocato, nel quale Pinelli, con un lungo intervento, ha messo in discussione (senza mai nominarlo) il giudizio di Mattarella sulla circolare, appoggiandosi alle dichiarazioni di un altro Presidente, Giorgio Napolitano.

La circolare, di fatto, promuove un lavoro corale della procura, con un ridimensionamento - almeno nelle intenzioni - del ruolo di procuratore monarca. Un tentativo, tra le altre cose, di rispondere alla prossima riforma sulla separazione delle carriere e, pertanto, respinto dal centrodestra e da Pinelli, che dopo il voto (e senza possibilità di replica) si è lanciato in un’invettiva contro la circolare. Il tutto nonostante l’ok di Sergio Mattarella, che nella scorsa seduta di plenum aveva dato, con una lettera, il proprio assenso alla circolare, coerente, aveva spiegato, con la riforma Cartabia. «Nutro serie perplessità sull’effetto salvifico delle norme, siano esse di rango primario o di rango secondario. Quello che conta più di ogni previsione formale sono i comportamenti, il mio auspicio e anche la mia convinzione è che i pubblici ministeri italiani sappiano esprimere la loro funzione quotidiana nel senso più istituzionale e rispetto dei diritti dei cittadini», ha scritto Pinelli.

Una speranza alla quale però il numero due del Csm non sembra affidarsi più di tanto, bocciando la scelta di varare una «riunione permanente» tra pm e procuratore per la gestione degli uffici. A dare fastidio, stando al suo testo, è il tentativo di limitare il potere dei procuratori, «visti con sfiducia e diffidenza anziché come valore aggiunto», per la loro esperienza non paragonabile a quella dei giovani pm presenti negli uffici. «Maturità e competenze professionali - ha aggiunto Pinelli - tanto più importanti in un contesto che ha visto, nei fatti, un progressivo e continuo spostamento del centro del procedimento verso la fase delle indagini preliminari, che è una fase “monologante” in cui ormai si concentrano tutti i rischi di compromissione della vita personale, reputazionale e professionale del cittadino – e in genere del destinatario del servizio-giustizia – rispetto ai quali il dibattimento ormai non offre che una tardiva e spesso insufficiente garanzia. Pensare poi che ci sia un giudice a Berlino non vale più: si arriva a Berlino stritolati dal processo mediatico e irrecuperabile diventa il danno reputazionale subito». Peccato che tale fase sia monopolizzata proprio dai procuratori, diventati, in alcuni casi, veri e proprio showman capaci di personalizzare ogni inchiesta.

Il nodo arriva dopo, quando Pinelli ricorda che i procuratori vengono «selezionati» proprio dal Csm, per «merito» e «capacità direttive». Una forma di controllo che si concretizza anche nella possibilità di utilizzare strumenti per punirli da ogni “devianza” (anche se avviene molto poco). Ma non solo: per Pinelli la circolare porrebbe «perplessità in relazione al suo funzionale inserimento nel quadro dettato dalla Costituzione letto alla luce delle già indicate esigenze della modernità giuridica – e manifesta una “esuberanza” regolativa che nuoce alla stessa tecnica di formulazione della normazione secondaria», con buona pace del parere di Mattarella. Che non sembra essere il riferimento di Pinelli, dal momento che il vicepresidente cita una comunicazione del Capo dello Stato del 2014 (riferendosi a dire il vero alla dichiarazione di Napolitano del 2009, pronunciata proprio davanti al Csm), secondo cui «“le garanzie di autonomia e indipendenza “interna” del pubblico ministero riguardano l’ufficio nel suo complesso e non il singolo magistrato”, proprio perché l’azione deve essere impersonalmente ricondotta all’Ufficio. Le scelte della presente circolare, dunque, non possono ritenersi costituzionalmente imposte».

Pinelli torna poi un’affermazione che aveva già fatto discutere a inizio anno, quando si era affannato a smentire ogni critica nei confronti di Mattarella: il possibile ruolo improprio del Csm, trasformato in terza Camera, «dilatando a dismisura i propri spazi di intervento con eccessi regolativi dei poteri del procuratore della Repubblica, titolare dell’azione, che mettono a serio rischio il rispetto del principio di effettività, imponendogli una mole di adempimenti e prescrizioni, cui oltre tutto non corrisponde un analogo dettaglio dei doveri dei sostituti». Ferma la reazione dei togati e di Romboli: «Non possiamo tacere il nostro fermo dissenso rispetto al metodo e al contenuto di affermazioni che si sono di fatto risolte in un atto di delegittimazione del ruolo del pubblico ministero e di generalizzata sfiducia nel lavoro degli uffici di Procura e, quindi, della magistratura tutta - ha letto in aula il togato Antonello Cosentino -. Rappresentazione che non solo non trova alcun riscontro nell’assetto istituzionale ma che è ancora più grave perché offerta da chi riveste il ruolo di vicepresidente dell’organo di governo autonomo della magistratura». Ora, si vocifera tra i corridoi di Palazzo Bachelet, «ci aspettiamo una reazione di Mattarella».