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I numeri degli accessi abusivi realizzati dal finanziere Pasquale Striano sono «mostruosi, con oltre 30mila file scaricati», anche se al momento non sono emersi «elementi che ci facciano pensare a finalità economiche». «Sappiamo che Striano operava in pool, non abbiamo al momento fatto approfondimenti» su chi agisse con lui, tuttavia «lui era il coordinatore». E ancora: «Il mercato delle Sos (le segnalazioni di operazioni sospette di Bankitalia, ndr) non si è mai fermato: mentre si indagava su quel sistema, c’era qualcuno che continuava a vendere sottobanco le Sos».
Sono le dichiarazioni più importanti rese dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone dinanzi alla commissione bicamerale Antimafia in merito al presunto dossieraggio attribuito al finanziere e al sostituto procuratore della Dna Antonio Laudati nei confronti di politici, personaggi del mondo economico, dello sport e dello spettacolo. In circa tre ore il vertice della Procura del capoluogo umbro – competente sulle vicende che coinvolgano magistrati in servizio a Roma, come Laudati – ha fornito ulteriori dettagli sull’indagine in corso, e l’audizione ha assunto indirettamente anche la valenza di una conferenza stampa, nata d’altra parte, a parere di Cantone, dalla «esigenza di ripristinare la verità sui fatti che sono stati detti in questa fase, alcuni riportati in modo generico, non avendo conosciuto gli atti, e per intervenire a tutela di un’istituzione sacra come la Procura nazionale, tra i lasciti più importanti di Giovanni Falcone. Ogni magistrato ha il dovere di difendere questa istituzione».
Il procuratore di Perugia è poi passato a elencare i numeri della vicenda: «Gli accessi sono più degli 800 di cui si è parlato. Dal primo gennaio 2019 al 24 novembre 2022, Striano, all’interno della banca dati Siva, ha consultato 4.124 Sos, un numero spropositato. Ha digitato 171 schede di analisi e 6 schede di approfondimenti, seguite digitando il nominativo di 1.531 persone fisiche e 74 persone giuridiche. Ha cercato 1.123 persone sulla banca dati Serpico, ma potrebbero essere pure 3mila, le ricerche, io mi limito al conteggio delle persone. Ha effettuato 1.947 ricerche alla banca dati Sdi. Siamo a oltre 10mila accessi, e il numero è destinato a crescere in modo significativo».
Si è poi posto la domanda: «Questo numero enorme di atti scaricati dalla Procura nazionale Antimafia che fine ha fatto? Quante di queste informazioni possono essere utili anche, per esempio, ai Servizi stranieri e a soggetti che non operano nel nostro territorio nazionale? Fra l’altro, tra i dati scaricati ci sono informative banali ma anche atti coperti dal segreto». Nel rispondere alle domande dei parlamentari, Cantone ha quindi aggiunto: «Sulle finalità eversive non ho elementi. La pericolosità dei documenti è anche in relazione a chi è in grado di valutarli. Non ho elementi, non ci risulta assolutamente che Striano abbia avuto rapporti con agenti segreti stranieri».
E allora perché Striano avrebbe fatto tutto questo? È un semplice spione che «interrogava il sistema spesso perfino per se stesso, la moglie, probabilmente per vedere se c’erano delle Sos che lo riguardavano? Certamente – ha proseguito il capo della Procura di Perugia – la maggior parte degli accessi ha riguardato esponenti del centrodestra». Sarebbe dunque un agente infedele al servizio di una parte dela stampa? L’ipotesi è al vaglio, essendo indagati quattro giornalisti: «Nessun attacco da parte nostra alla libertà di stampa, fondamentale in ogni democrazia», ma «quella che non si tratti di notizie date dalla stampa, ma di attività di informazione commissionate dalla stampa a un ufficiale di polizia giudiziaria è un’ipotesi investigativa in merito alla quale saremmo felici di essere smentiti».
Poi una critica alla normativa in discussione al Senato sul sequestro dei cellulari: in quello di Striano «abbiamo trovato tantissime prove: questo è importante da sottolineare nel momento in cui ci sono delle proposte di legge che limitano le indagini sui cellulari». Tuttavia le indagini si sono complicate anche perché qualcuno dalla Procura di Perugia ha fatto uscire degli atti ancora coperti da segreto: «Questa è la seconda fuga di notizie in questa inchiesta, però ancora non abbiamo capito chi e come questa notizia l’ha fatta uscire, danneggiando l’indagine». Ha poi replicato indirettamente alle polemiche sollevate dal centrodestra in questi giorni: «Il commissariamento della Procura Antimafia è una boutade: un organo giudiziario non può essere commissariato».
Nel pomeriggio Cantone è stato sentito, insieme al vertice della Dna Giovanni Melillo, anche dal Copasir, in un’audizione stavolta secretata, in cui si è discusso dei profili di sicurezza nazionale della questione. Mentre ancora non arriva la convocazione da parte del Csm: «Il Consiglio superiore valuterà se e quando sentirci: noi ci siamo messi a disposizione».
Numerose le reazioni dei partiti alle parole dell’ex presidente dell’Anac. «Chi pensa che il Pd sia in qualche modo collegato a questa vicenda è semplicemente un cretino», ha detto il deputato dem, e membro della commissione Antimafia, Andrea Orlando. Per l’ex guardasigilli «si pone la questione non della polemica tra centrodestra e centrosinistra ma della vulnerabilità del nostro Paese rispetto alla possibilità di ingerenze interne ed esterne. Sarebbe matura una maggiore unità delle forze politiche. Evidentemente non sempre siamo in grado di dare questa prova di maturità». Mentre Pietro Pittalis, capogruppo di FI in commissione Antimafia, pur ritenendo la custodia cautelare una extrema ratio si è chiesto «come mai in una vicenda gravissima come questa, che ha come obiettivo la delegittimazione di ministri ed esponenti politici del centrodestra e in relazione alla quale è evidente il pericolo di inquinamento della prova, non si è ritenuto di richiedere misure custodiali. I fatti sono gravi e rischiano di minare lo stesso ordine democratico. Confidiamo nell’azione della magistratura perché venga fatta piena luce».
Ancora più duro il commento del vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (FdI): «Primo: trovare i mandanti e sbatterli in galera. Secondo: togliere la toga e la divisa ai servitori infedeli dello Stato. Terzo: chiedere ai 4 giornalisti di svelare il segreto professionale in base agli articoli 200 e 204 del codice di procedura penale e rintracciare i messaggi cancellati tra loro e Striano. Quarto: demansionare tutti i giudici che utilizzano il loro potere per perseguire finalità politiche destabilizzatrici delle istituzioni».
Sul dossier di Striano sui fondi della Lega, è intervenuto direttamente il leader del Carroccio Matteo Salvini: «Da anni la Lega subisce una campagna diffamatoria che poi viene smontata in tribunale dopo anni di fango e vite rovinate: lo scandalo spioni conferma che si tratta di un vero e proprio attacco alla democrazia. Faremo di tutto per andare fino in fondo». Mentre per il segretariodi Sinistra Italiana e deputato di Alleanza Verdi-Sinistra Nicola Fratoianni e il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli «c’è un gigantesco problema di cybersicurezza e di protezione dei dati che va affrontato, e questo vale per ieri, per oggi e per domani. Se ci sono informazioni che dovrebbero essere protette e che non lo sono e che arrivano nelle mani dei giornalisti, non possiamo prendercela con loro: bisogna prendersela con chi le ha fatte uscire, con chi ha stampato 33mila pagine di file».