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Rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento mafioso: è questa l’ipotesi formulata dalla procura di Caltanissetta in un’indagine che vede iscritto sul registro degli indagati il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia, Michele Prestipino. Il comunicato stampa diffuso dalla procura nissena – motivato «dall’interesse pubblico a una corretta informazione» anche in ragione della «qualità delle persone in vario modo coinvolte» – rischia ora di terremotare nuovamente la magistratura italiana. Prestipino, già procuratore a Roma e attualmente in servizio alla Dna con delega al coordinamento delle sezioni “ndrangheta” e “cosa nostra”, ha ricevuto un «invito a comparire» per «rendere interrogatorio» in relazione ai reati previsti dagli articoli 326, commi 1 e 2 del codice penale e 416-bis.1 c.p..
L’indagine, condotta dalla Sezione anticrimine dei Carabinieri del Ros di Caltanissetta, prende le mosse da un’attività di intercettazione disposta nell’ambito di un’inchiesta più ampia sulle stragi del 1992. Secondo quanto ricostruito, nel corso di una conversazione intercettata agli inizi di aprile, Prestipino avrebbe rivelato notizie riservate sullo stato delle indagini in corso presso diverse Direzioni distrettuali antimafia, con riferimento anche all’uso di intercettazioni e al ruolo di coordinamento della Dna. A ricevere tali informazioni – che dovevano restare coperte dal segreto investigativo – sarebbero stati Giovanni De Gennaro, già capo della polizia e oggi presidente del consorzio di imprese “Eurolink”, general contractor per la progettazione e costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, e Francesco Gratteri, storico collaboratore di De Gennaro e consulente per la sicurezza della società “We Build”, socio di maggioranza del consorzio.
Secondo la procura, vi sarebbero «concreti elementi» per ritenere che Gratteri, anche per conto di De Gennaro, avrebbe avvisato alcuni protagonisti della vicenda dell’esistenza delle indagini in corso, mettendone a rischio l’esito. «Tale rivelazione del segreto – si legge nel comunicato della procura – avrebbe riguardato rilevanti particolari delle indagini in corso da parte di alcune Dda, anche con riferimenti all’uso delle intercettazioni, nonché della funzione di coordinamento svolta sin dalle prime battute dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo». Si tratterebbe, secondo l’accusa, di notizie «gravemente pregiudizievoli per le indagini di più uffici distrettuali».
Convocato per un interrogatorio a Caltanissetta, Prestipino – assistito dal suo difensore, l’avvocato Cesare Placanica – ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. In una memoria difensiva già depositata, la strategia della difesa contesta la stessa sostenibilità dell’accusa: «Riteniamo ci siano dubbi sia in ordine all’utilizzabilità del materiale probatorio su cui si fonda la provvisoria incolpazione – ha spiegato Placanica – sia rispetto alla competenza territoriale del tribunale di Caltanissetta». E ha aggiunto: «Superati tali passaggi, saremo noi a chiedere di essere interrogati, perché riteniamo sia agevole chiarire ogni aspetto controverso relativo a una conversazione intercorsa non con imprenditori o, peggio, malavitosi, ma con il prefetto De Gennaro, già investigatore di punta nella lotta alla criminalità organizzata, e un suo storico collaboratore. Non servirebbe neppure aggiungere come appaia lunare e privo di ogni aderenza alla realtà anche solo ipotizzare un accostamento del dottor Prestipino a realtà criminali con cui non risulta, difatti, alcun collegamento».
Un'accusa clamorosa che arriva dopo un altro caso shock per la magistratura con il caso – anch’esso esploso da Caltanissetta – che ha coinvolto in passato Giuseppe Pignatone, già procuratore capo a Roma e Reggio Calabria, accusato di presunti insabbiamenti legati all’indagine “mafia e appalti” del 1992.
In attesa degli sviluppi, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo ha revocato con effetto immediato le deleghe investigative assegnate a Prestipino. In una nota, Melillo ha garantito che «il suo ufficio e le procure distrettuali che conducono le indagini relative a ogni tentativo di condizionamento mafioso delle attività d’impresa collegate alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina continueranno ad assicurare il loro comune impegno e la loro immutata dedizione per la completezza e la tempestività delle investigazioni». Melillo, inoltre, «fermo il rispetto della presunzione di innocenza» ha informato della situazione il comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura e il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, nel rispetto delle procedure di trasparenza istituzionale.