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“Buonisti un Cas", è la parola d’ordine che unisce i lavoratori dei centri di accoglienza del territorio del Friuli Venezia Giulia che si mobiliteranno sabato prossimo davanti alle prefetture di Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone, per affermare la loro opposizione al Decreto Salvini e rivendicare un vero modello di accoglienza.
«L’intento - scrivono in una nota - è quello di mobilitarci in prima istanza a livello regionale in concerto con tutte le persone e realtà che condividono le nostre rivendicazioni nel territorio del Fvg. Lanciamo un appello affinché, anche nelle altre realtà territoriali del Fvg, si sperimentino altre e contemporanee forme di mobilitazione davanti alle rispettive Prefetture. Lanciamo allo stesso tempo un appello, oltre la data del 16 marzo, perché tramite adesioni da parte delle realtà interessate si possa giungere ad una mobilitazione a livello nazionale».
La denuncia è chiara. I lavoratori spiegano che con il Decreto sicurezza e il taglio del 40% delle risorse nei bandi delle prefetture viene colpito duramente il diritto all’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati/ e, nonché la libertà d’azione delle persone che sono già inserite nel sistema stesso. A detta di chi è in mobilitazione, le politiche del ministero dell’Interno smantellerebbero in buona parte il sistema d’accoglienza, a fronte di una legislazione che riversa sul diritto d’asilo la quota maggiore degli attuali flussi migratori extra- europei, senza distinguere tra veri progetti e semplici speculazioni economiche sulla pelle dei e delle richiedenti asilo. L’accoglienza verrebbe ridotta a un mero sistema di contenimento, distruggendo l’approccio inclusivo che molti progetti hanno portato avanti in questi anni. Il governo contribuirebbe così a reprimere quanti - operatori/ operatrici e ospiti - tramite l’accoglienza hanno cercato di costruire spazi di agibilità e dialogo sociale per tutti e tutte.
È vero che esistono realtà di speculazione con i Cas, i centri di accoglienza straordinaria, ma esistono anche esempi virtuosi. Così come, appunto, il Cas di Trieste che ha adottato gli standard qualitativi e amministrativi dello Sprar. L’accoglienza diffusa, infatti, mette al centro di tutto la relazione tra persone e territorio, favorisce percorsi di inclusione e promuove soluzioni abitative già integrate nel territorio, che evitano le grandi concentrazioni, rispettano la dignità dei richiedenti asilo e ne favoriscono l’indipendenza; accesso ai servizi sociali, amministrativi, sanitari, formativi e d’istruzione già integrati in quelli ordinari; anziché creare canali separati per gli stranieri e la dignità contrattuale e professionale di lavoratori e lavoratrici dell’accoglienza.
Per tutto questo e molto altro ancora, la mobilitazione rivendica il modello inclusivo dell’accoglienza diffusa e la dignità dei suoi lavoratori e lavoratrici con una giornata di manifestazione su scala locale, regionale e nazionale, sotto le prefetture.
Ma perché con il decreto sicurezza e il taglio del 40% delle risorse nei bandi delle prefetture verrebbe colpito duramente il diritto all’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati? Secondo la piattaforma “Buonisti un Cas”, lo schema di Capitolato per la gestione di Centri d’Accoglienza non porrebbe al centro di questo lavoro la persona come portatrice di diritti, desideri e bisogni, ma come problema sociale da contenere.
Ridurrebbe ed eliminerebbe strumenti importanti per gli ospiti in accoglienza, come i corsi d’italiano, di formazione professionale e le attività d’integrazione nel tessuto sociale, poiché non prevede voci di spesa per queste attività fondamentali. Taglierebbe inoltre le risorse per le necessità abitative e favorirebbe la creazione di grandi centri, indirizzando gli enti gestori verso strutture fuori dai centri abitati, le quali ostacolano l’autonomia e annullano l’individualità degli ospiti in quanto persone portatrici di diritti e bisogni.