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Una vicenda tutta ancora da chiarire, ma che ha creato numerose indignazioni a partire dagli esponenti di governo e le vittime della mafia come la sorella di Giovanni Falcone. Ma nel contempo aumenta la preoccupazione degli attivisti per i diritti umani circa una ulteriore restrizione per chi visita il carcere per denunciare eventuali abusi o condizioni afflittive come il 41 bis.
Ieri mattina è stato tratto in arresto, insieme con altre 4 persone, con l’accusa di “associazione mafiosa”, Antonello Nicosia, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani ed è stato collaboratore per circa quattro mesi della deputata di Italia Viva Pina Occhionero. In virtù di tale rapporto, infatti, Nicosia ha partecipato ad alcune ispezioni carcerarie parlamentari, potendo accedere all’interno delle carceri di Sciacca ( AG), Agrigento, Trapani e Tolmezzo ( UD) senza la preventiva autorizzazione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e ciò sfruttando le prerogative riconosciute dalle norme sull’ordinamento carcerario ai membri del Parlamento e a coloro che li accompagnano.
Una collaborazione volta alle visite in carcere. Tra le varie accuse mosse dalla procura di Palermo c’è quella di aver recapitato fuori dal carcere dei messaggi provenienti da alcuni boss mafiosi con cui aveva parlato durante le visite effettuate assieme a Occhionero. La deputata, ex esponente di Liberi e Uguali, non è indagata perché, secondo la procura, non sapeva niente delle presunte attività mafiose di Nicosia.
Quest’ultimo ha 48 anni ed è originario di Sciacca, in provincia di Agrigento. Conduceva un programma intitolato Mezz’ora d’aria sulla tv locale AracneTV dove approfondiva temi inerenti soprattutto alle condizioni carcerarie. Ultimamente si era occupato della situazione degli internati al carcere di Tolmezzo, tema più volte approfondito da questo giornale, riportando le interrogazioni parlamentari effettuate proprio dalla deputata Occhionero e, ultimamente, la relazione del Garante nazionale delle persone private della libertà che ne evidenziava le numerose criticità.
Non per ultimo, sempre su Il Dubbio è stata riportata la vicenda – denunciata dal suo avvocato Michele Capano - dell’internato Filippo Guttadauro, cognato del super latinante Mattea Messina Denaro, il quale ha denunciato alla magistratura di sorveglianza di aver ricevuto la proposta, da taluni soggetti istituzionali, dei soldi in cambio delle informazioni per la cattura del latitante.
Ma ritorniamo ad Antonello Nicosia. Dall’ordinanza di custodia cautelare, emerge che Nicosia ha fatto battute infelici su Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In una intercettazione si lamenta del nome dell’aeroporto di Palermo, intitolato ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e definisce le loro morti «incidenti sul lavoro».
Avrebbe fatto un riferimento al latitante Matteo Messina Denaro, definendolo “primo ministro”. La procura, in pratica, accusa Nicosia di essersi costruito un’immagine pubblica di attivista per i diritti dei detenuti con lo scopo di mascherare le sue attività che favorivano diversi boss mafiosi. Oltre alla trasmissione dei messaggi, Nicosia è accusato di aver «portato avanti l’ambizioso progetto di alleggerire il regime detentivo speciale di cui all’art. 41 bis o di favorire la chiusura di determinati istituti penitenziari».
Secondo la procura, dalla realizzazione di questo progetto Nicosia si aspettava un compenso economico addirittura da Matteo Messina Denaro. Questa specifica accusa, però, appare fumosa. La battaglia contro il 41 bis è legittima ed è portata avanti in maniera trasparente da alcuni movimenti politici e associazioni che si occupano dei diritti umani. Difficile credere che Nicosia, abbia così tanto potere, da dover condizionare le scelte governative sul 41 bis. Le accuse comunque sono gravissime.
Secondo la Procura, Nicosia apparterrebbe a pieno titolo al clan mafioso e si sarebbe impegnato per la realizzazione di un non meglio delineato progetto che interessava direttamente da Messina Denaro, dal quale, per l’opera svolta, si aspettava di ricevere un ingente finanziamento non ritenendo sufficienti i ringraziamenti che asseriva di avere ricevuto dallo stesso latitante. Oltre a lui è finito in cella anche il boss Accursio Dimino.
Secondo i magistrati, Nicosia non si sarebbe limitato a fare da tramite tra i detenuti e le cosche, ma avrebbe gestito business in società proprio con il boss Dimino, con cui si incontrava abitualmente, il quale ha fatto affari coi clan americani, in particolare i Gambino, e riciclato denaro sporco. Da alcune intercettazioni emergerebbero anche progetti di omicidi e Nicosia stesso era in procinto di raggiungere gli Usa.
Resta però l’interrogativo sulle visite e colloqui riservati con i boss. È possibile? Tecnicamente, il fatto che Nicosia potesse svolgere visite e colloqui riservati con i boss negli Istituti penitenziari, appare però di difficile comprensione poiché le visite e le interlocuzioni con i detenuti, a qualunque regime o circuito penitenziario essi appartengano, non sono riservate ma debbono essere effettuate alla costante presenza del personale di Polizia penitenziaria delegato dall'Autorità dirigente. Possibile che abbia avuto la possibilità di svolgere i colloqui riservati? E se sì, chi gliel’avrebbe permesso?