«Veri e propri giochi», «attività ludiche» con caratteristiche tipiche di «un gioco per bambini». È così che la psicologa Elena Francia, consulente della procura nel caso sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza, ha definito le «presunte attività masturbatorie» che N. ha raccontato - anche a scuola, in parte - di aver fatto con il patrigno e con il fratellastro. Gesti che, secondo Francia, non avrebbero avuto, per lo stesso bambino, «connotazioni negative», nonostante la sua sessualizzazione precoce e la tendenza a replicare quei “giochi” sui compagni di scuola. La consulente lo ha scritto nella propria relazione, parole che sembrano richiamare e teorie di Richard Gardner, l’inventore della sindrome di alienazione parentale, famoso (e per questo bandito dalla Columbia University) per la sua normalizzazione della pedofilia.

Per Francia, dunque, non è possibile che N. «mostrasse una sintomatologia riguardante un traumatismo sessuale, se per lui i comportamenti presumibilmente messi in atto» dal patrigno «non erano traumatici. Quindi o il bambino aveva la consapevolezza che i gesti masturbatori messi presumibilmente in atto dal patrigno erano inadeguati e per lui dannosi, cosa che non parrebbe essere, oppure la sintomatologia espressa si riferisce ad altre forme di disagio e ad altre problematiche». Ovvero all’affido, per Francia il trauma dei traumi. Tali passaggi della relazione sono stati letti ieri in aula a Reggio Emilia, dove si è concluso il controesame della teste. La conclusione è chiara: secondo la psicologa, «i danni provocati dall'allontanamento» di N. «parrebbero ben più gravi delle sequele psicologiche che sarebbero potute derivare da un eventuale “gioco sessuale” svolto» col fratellastro e anche dal padre, stando sempre al racconto del bambino, che però viene omesso dalle conclusioni.

È l’eterno ritorno del refrain “l’affido è peggiore dell’abuso”, che però, ha sottolineato Luca Bauccio, difensore insieme a Francesca Guazzi della psicoterapeuta Nadia Bolognini, non ha fondamenti scientifici. Francia ha sostenuto l’esistenza di uno studio americano che dimostrerebbe il nesso tra affidi e comportamenti sessualizzati. Ma nel testo citato dalla psicologa, come evidenziato da Bauccio, non c’è alcun riferimento a tale nesso, cosa che la psicologa ha dovuto ammettere, dopo averlo letto in aula, come fatto anche nelle precedenti udienze per altri passaggi della sua relazione. La consulente ha anche rivendicato la scelta di formulare una diagnosi senza approfondimenti diagnostici e statistici, basandosi su un dialogo di soli 38 minuti con il bambino.

Ma non solo: Francia ha sostenuto l’esistenza, in relazione a N., di un disturbo dell’adattamento persistente misto ad un disturbo delle emozioni e della condotta, come conseguenza di un evento stressante. Per Francia l’evento stressante è, appunto l’allontanamento, che altrove veniva invece individuato come evento traumatico. La consulente ha però ignorato una diagnosi fatta dall’Asl nel 2015, prima dell’allontanamento, quando - sulla base di quanto stabilito dalla Classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati (Icd- 10) - nel bambino è stato rilevato un disturbo della condotta e delle emozioni. Due disturbi che solo apparentemente sarebbero distinti: il disturbo individuato dall’Asl, infatti, è più grave e comprende i sintomi del disturbo dell’adattamento, che dunque non poteva essere diagnosticato, così come espressamente fanno divieto l’Icd- 10 e il Dsm- 5, per i quali il primo altro non sarebbe se non una manifestazione di quel disturbo già diagnosticato anni prima dell’affido e dal quale non è mai stato dichiarato guarito.

Ma non solo: N. è stato visitato di nuovo nel 2021, due anni dopo gli arresti, e a seguito di una batteria di test è stato di nuovo rilevato il disturbo della condotta, lo stesso individuato sei anni prima. Disturbo, dunque, che non sarebbe un effetto dell’allontanamento. Francia, nel giustificare la propria diagnosi, ha dichiarato di essersi rifatta al Dsm5. Una cosa impossibile, ha sottolineato Bauccio, che ha evidenziato come il Dsm5 escluda la possibilità di diagnosticare il disturbo in costanza della condotta già rilevata. «La conclusione è che la sua diagnosi è contro la scienza e contro i manuali diagnostici - ha affermato Bauccio - e non poggia su basi falsificabili e controllabili». Il difensore ha anche evidenziato le analogie tra le frasi scritte da Francia nella sua relazione e alcune massime che sono valse a Gardner l’accusa di sdoganare la pedofilia, come quella secondo cui «l’abuso sessuale non è necessariamente traumatico; il determinate se la molestia sessuale sarà traumatica per il bambino è l’atteggiamento sociale verso questi incontri». Francia ha però negato qualsiasi similitudine. Bauccio ha dunque chiesto come potesse considerare irrilevante che un padre e due figli si masturbassero insieme. Per la psicologa, però, era un gioco: il bambino non avrebbe compreso la situazione. «E quando realizzerà? - ha chiesto il legale - Che succederà del ricordo di questo gioco? E i comportamenti sessualizzati? Non sono un sintomo che il bambino ha subito un trauma?». Per Francia, però, «non c’è la prova» di ciò, pur indicando l’origine di quei comportamenti nell’affido. Un fatto non supportato da testi scientifici, ma frutto di «una mia valutazione», ha sottolineato. Il gesto del padre, a dire della psicologa, non sarebbe stato pedofilo in quanto «non erano azioni ripetute». Ma su domanda di Bauccio la consulente non ha saputo affermare su quale base ritenesse che non vi fossero altri episodi. Francia ha anche dichiarato di non aver fatto studi sul Neurotek, lo strumento utilizzato da Bolognini durante le sedute, e di non aver mai visto la cosiddetta ( impropriamente) “macchinetta dei ricordi” se non in foto. «Da cosa ha tratto la considerazione che emanasse scosse elettriche sul bambino se non ne conosce il funzionamento?», ha chiesto dunque Bauccio. «Perché sentivo un rumore elettrico», ha risposto Francia.

( 1. Continua)