Sono strascichi pesanti quelli lasciati dalla testimonianza di Elena Francia, consulente del pm nel processo sui presunti affidi illeciti in val d’Enza, convinta - come raccontato in esclusiva sul Dubbio - che gli affidi siano più pericolosi di abusi, botte e abbandono. Teorie considerate inaccettabili dalle difese, tanto da spingere Luca Bauccio, difensore della psicoterapeuta Nadia Bolognini, a segnalare la professionista al Consiglio di disciplina dell'Ordine degli psicologi dell'Emilia Romagna, affinché valuti eventuali violazioni dei canoni deontologici ed etici della professione. Come raccontato nei precedenti articoli, secondo Francia le attività masturbatorie tra padre e figli sarebbero da intendere come giochi. Ma il controesame della consulente ha riservato anche altre sorprese. Tante le domande della difesa di Federica Anghinolfi, ex responsabile del servizio sociale dell’Unione. Al centro di tutto la ricostruzione dei documenti che la psicologa aveva a disposizione per analizzare la situazione dei minori prima dell’allontanamento, materiale incompleto, come emerso in più occasioni durante le udienze. Nel caso di K., bambina di 9 anni che ha chiamato i carabinieri perché lasciata da sola in casa dai genitori, Francia aveva tenuto conto, nella sua analisi, della descrizione fatta dai genitori, secondo i quali la bambina non aveva mai avuto alcun problema prima dell’affido. Francia era consapevole che la personalità dei genitori, sulla base di test non contestati come falsi, era stata valutata come narcisistica. La consulente aveva però omesso un altro particolare, sempre emergente dai quei test, ovvero una propensione a mentire, come evidenziato dagli avvocati Rossella Ognibene e Oliviero Mazza. Particolare che Francia, nella sua relazione, non ha menzionato.

La bambina è rimasta in affido presso una coppia di donne per un mese, al termine del quale le due avevano stilato una relazione di cui la consulente non ha mai avuto conoscenza. Una relazione dettagliata, nella quale venivano suddivise per argomenti le varie osservazioni della bambina. E nel “capitolo” giochi era appuntata una frase: “Per lei è un gioco morsicare e leccare le persone. Quest’ultima cosa ha detto che le dà piacere”. L’avvocato Ognibene ha dunque chiesto alla consulente se avesse conoscenza delle raccomandazioni della delibera di giunta regionale 1677 del 2013, che prescrive agli operatori sociali e sanitari, in materia di abuso sessuale, di tenere conto delle «conoscenze sessuali improprie che emergono e i comportamenti sessualizzati, soprattutto se compulsivi e pervasivi, non adeguati all’età e alla fase dello sviluppo», tra i quali «particolarmente significativi» sono «l’atto del leccare o chiedere di essere leccato nelle parti genitali o in altre parti del corpo». Francia ha dichiarato di non conoscere i contenuti della delibera, che rappresenta, però, il punto di partenza dell’operato del Servizio sociale, operato che è contestato dalla procura come illecito. Ma non solo: la difesa di Anghinolfi ha anche messo in evidenza come la consulente non fosse a conoscenza dei test svolti dalla psicologa Imelda Bonaretti nei suoi primi mesi di osservazione della minore. Bonaretti aveva sottoposto K. al test Mcast (strumento per la valutazione dell’attaccamento nei bambini di età compresa tra i 4 e gli 8 anni), fornendo i risultati al ctu Giuseppe Bresciani (la cui testimonianza è attesa a settembre), nominato dal gip nel procedimento apertosi contro la madre della minore. Francia non solo non conosceva i risultati del test, ma ha dichiarato di non conoscere nemmeno lo stesso test e di non aver trovato il lavoro svolto da Bonaretti - depositato lunedì dalla difesa Anghinolfi - nei reperti sequestrati presso il suo ambulatorio, reperti che erano comunque a sua disposizione al momento dell’analisi.

La difesa delle due affidatarie di K., rappresentata dagli avvocati Andrea Stefani e Valentina Oleari, ha contestato i ripetuti riferimenti di Francia a presunte condotte inducenti da parte delle due donne, che, secondo la consulente, unitamente all’attività di psicoterapia condotta dalla dottoressa Bolognini, avrebbero indotto la ragazzina a convincersi di essere stata vittima in passato di abuso sessuale. Di tali condotte, però, non c’è prova nelle intercettazioni ambientali condotte nelle vetture delle due donne, come ha dovuto alla fine ammettere anche Francia: secondo quanto aveva affermato la consulente nel corso dell’esame diretto del pubblico ministero, invece, il convincimento delle affidatarie sarebbe emerso «in ogni intercettazione ambientale effettuata nelle loro autovetture», così come l’invito a K. a rivelare questi supposti abusi. Stefani ha dunque chiesto alla consulente di rintracciare, nelle intercettazioni, tali frasi: Francia, però, non è stata in grado di andare oltre l’unica intercettazione nella quale una delle due donne, in auto da sola, diceva a se stessa «chissà cosa ha subito quella ragazzina nel suo passato, cose che i bambini e i ragazzini non dovrebbero nemmeno conoscere». Nessuna frase, dunque, farebbe emergere un tentativo di indurre la ragazzina a confessare abusi, anziché ad aprirsi con la terapeuta per affrontare i problemi che sembravano emergere dal suo passato.

Nella sua relazione, Francia ha anche svalutato il diario che K. teneva, nel quale erano molti i contenuti che rimandavano ad un’esposizione sessuale precoce, come anche la descrizione, dettagliata, delle sevizie sul gatto a natura sessuale. La consulente ha dovuto ammettere di non avere alcuna prova per affermare che tali particolareggiati racconti fossero frutto di indottrinamento da parte di qualcuno, trattandosi quindi di una sua interpretazione e di “avere forse esagerato” nel fare riferimento a tutte le intercettazioni, così come ha dovuto confermare che non è mai stato messo in dubbio nel corso delle indagini che i contenuti portati dalle affidatarie ai servizi fossero veri. «Come può allora sostenere che ci sia stata una intenzione di modificare il ricordo rispetto a fatti veri che K. descrive nel proprio diario e che la stessa bambina ha confermato, anche a lei, di avere scritto autonomamente, riportando nel diario e nei suoi disegni soltanto i propri pensieri ?», ha chiesto Stefani. Il tutto sembra essere stato quindi il frutto di una attività di interpretazione della consulente, la stessa attività della quale la dottoressa Francia accusa le affidatarie, senza però portare alcuna prova. Francia ha alla fine ammesso che gli eventi del passato di K. - le liti familiari, le percosse, gli abbandoni da parte della madre, i reati commessi dal padre, l’ingresso in comunità con la madre e i diversi accessi dei carabinieri a casa - rappresentassero indice di un possibile trauma, in grado di determinare un disturbo della psiche già prima dell’affido. Ma tutti questi eventi sono stati trascurati nella sua consulenza. La consulente aveva inoltre ignorato, nel caso di C., quanto scritto dal ctu Umberto Nizzoli, secondo cui la bambina era stata «molto trascurata dalla sua famiglia naturale».

Insomma, Francia avrebbe avuto una conoscenza parziale degli atti d’indagine, al punto da non aver avuto accesso a dati fondamentali come le cartelle cliniche, fondando la propria consulenza più sul «convincimento personale» che su fonti scientifiche, come più volte ribadito. L’avvocato Mazza, nel corso dell’udienza, ha sollevato un’eccezione di nullità di tutti i casi di imputazione relativi alla minore A., non essendo stati depositati i verbali di sit nei quali la madre affermava che la figlia stava meglio dopo l’affido. Inoltre ha chiesto al Tribunale di dichiarare inutilizzabili le consulenze tecniche di Melania Scali, Rita Rossi e Francia, in quanto «relative ad accertamenti di natura irripetibile, compiuti senza le garanzie». In caso contrario, la richiesta è quella di autorizzare i consulenti della difesa, al pari di quelli del pm, di esaminare direttamente i minori. «Delle due l’una - ha spiegato Mazza -. Se l’atto è irripetibile allora è inutilizzabile. Se invece non lo è, allora abbiamo il diritto di poter fare le nostre valutazioni direttamente sui minori».