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Manifestazione nell'ambito del processo "Angeli&Demoni"
«Nei primi mesi del 2014, e specificatamente nel mese di febbraio, mia figlia E., a seguito di una confidenza da me fatta nei suoi confronti (riferivo che il padre aveva provato ad avere un rapporto “fisico” con me) la stessa di contro mi riferiva di essere stata palpeggiata, in diverse occasioni, e cioè in almeno tre distinte occasioni, dal padre, e specificatamente sul seno e nella parte intima». Era il 2017 quando Angela B. raccontava questo episodio ai carabinieri della stazione di Sant’Ilario d’Enza, in provincia di Reggio Emilia. Anno in cui E., all’epoca 15enne, non era ancora entrata in contatto con Francesco Monopoli, assistente sociale della Val d’Enza, oggi a processo assieme ad altre 16 persone per i presunti affidi illeciti teorizzati nell’inchiesta “Angeli e Demoni”. Una versione, quella di Angela B., contraddetta dall’interrogatorio rilasciato successivamente, nel 2018, quando ascoltata a sommarie informazioni nel caso Bibbiano ha negato ogni accusa ai danni dell’ex marito, di fatto smentendo gli abusi che lei stessa aveva denunciato.
Una contraddizione evidente, a seguito della quale l’avvocato Giuseppe Sambataro, difensore di Monopoli insieme a Nicola Canestrini, ha chiesto al collegio di valutare la trasmissione degli atti alla procura per falsa testimonianza e per reticenza o calunnia nei confronti dell’ex marito, in merito alle dichiarazioni rilasciate nel 2017. Stando al racconto di allora, l’uomo, dal quale la donna si era separata dopo 10 anni di matrimonio per «le sue mancanze di padre e marito», avrebbe toccato in almeno tre occasioni la figlia, riferendo «frasi volgari al suo indirizzo», frasi che, tuttavia, la ragazza non avrebbe mai voluto riferire, nel dettaglio, alla madre. «In almeno un'occasione - aveva spiegato la donna -, tali palpeggiamenti sarebbero avvenuti in autovettura: nel dettaglio il padre avrebbe arrestato la marcia dell’autoveicolo - si legge nel verbale di allora - in una zona verosimilmente appartata ove avrebbe posto in essere le su scritte condotte, non senza essere stata bloccata abbracciandola da dietro indi impedirle di opporre resistenza. Mentre in un’altra circostanza all’interno dell’abitazione, dopo averla seguita in camera da letto, avrebbe tentato di reiterare la condotta di cui sopra non senza essere questa volta percosso e morso da mia figlia nel tentativo di divincolarsi».
Circostanze delle quali la donna ha chiesto conto all’ex marito, che ha sempre negato, parlando di «gesti d’affetto» fraintesi dalla figlia. La ragazza aveva raccontato delle “attenzioni” del padre anche ad un educatore, che dopo un incontro con gli alunni della scuola di E. era stato raggiunto dalla ragazza, che gli aveva riferito - come testimonia la sit dell’epoca «di essere abusata dal padre». La giovane aveva inoltre confermato questi episodi sia alla psicologa che la seguiva sia al nefrologo che la visitava per alcuni problemi ai reni, ai quali aveva raccontato dei palpeggiamenti da parte del padre. Una situazione che l’aveva portata a soffrire di anoressia e a praticare gesti di autolesionismo, un sintomo, secondo quanto riferito dallo stesso nefrologo alla madre, del trauma subito a seguito dell’abuso da parte del padre, «che l’aveva sconvolta non poco».
La madre ha però cambiato versione nel 2018, quando sentita nell’ambito dell’indagine Angeli e Demoni ha parlato dell’ex marito come di un «giocherellone» che avrebbe toccato la figlia solo «per scherzare», senza alcuna connotazione sessuale, attribuita alla situazione, a suo dire, solo da Monopoli, che è entrato in contatto con la giovane solo a maggio 2017, due mesi dopo la prima sit della madre con i carabinieri. La donna, ascoltata come teste nel processo a Reggio Emilia, ha ricondotto le frasi definite volgari nella sit del 2017 ad una sorta di lezione di «educazione sessuale», durante la quale il padre avrebbe spiegato alla figlia come funzionava il rapporto sessuale. Frasi alle quali Sambataro ha replicato contestando le sommarie informazioni rilasciate nel 2017, dichiarazioni in netto contrasto con quelle fatte un anno dopo. Un fatto evidenziato anche nell’assoluzione dell’uomo, arrivata nel 2022: nella sentenza, infatti, i giudici evidenziano le dichiarazioni contrastanti della donna. Ciò nonostante la figlia, nel corso dell’incidente probatorio, confermava gli abusi subiti dal padre, raccontando, tra le altre cose, che «io mi ero sentita molestata sessualmente perché mi aveva messo le mani... addosso, comunque non sopra ai vestiti o comunque per sbaglio ma sotto ai vestiti». Dichiarazioni alle quali la giovane aggiungeva la descrizioni delle frasi a lei rivolte dal padre, che la invitavano a praticare atti di autoerostismo. La ragazza, ha spiegato la madre, non ha più voluto sentire il padre e ha bloccato tutti i contatti con lo stesso.
La ragazza, inoltre, aveva registrato di nascosto tre incontri con Monopoli, durante i quali, stando al racconto fatto dalla teste nel corso delle indagini, l’assistente sociale avrebbe tentato di convincere la ragazza di aver subito un abuso sessuale, motivo per cui sarebbe stato necessario un percorso di terapia presso “La Cura”. Le registrazioni, però, dicono altro: durante gli incontri, infatti, si sente E. spiegare a Monopoli di non considerare suo padre come un genitore e di volergli dire in faccia ciò che pensava di lui.
Inoltre, la giovane affermava di voler incontrare il padre per parlarci e spiegargli ciò che le aveva fatto, passaggio fondamentale, secondo l’assistente sociale, ma che prevedeva un percorso di “preparazione” per arrivare al momento dell’incontro con le giuste «armature», per evitare possibile reazioni emotive. In nessun passaggio, dunque, si fa riferimento al percorso psicoterapeutico proposto presso “La Cura”, che pure è indicata nel capo d’imputazione, laddove, secondo l’accusa, Monopoli avrebbe fatto «pressioni» per «far “transitare”» la minore per la terapia presso “La Cura” - il centro gestito dalla onlus di Claudio Foti Hansel & Gretel -, «sempre con riguardo alla esigenza di psicoterapia per la rielaborazione dei trauma». La difesa della dottoressa Anghinolfi – con gli avvocati Oliviero Mazza e Rossella Ognibene - ha prodotto il decreto del Tribunale per i Minorenni che incaricava il Servizio sociale per interventi di vigilanza e sostegno anche di carattere psicologico.