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Ha scelto di parlare la neuropsichiatra dell’Ausl di Reggio Emilia Gabriella Gildoni, tra i tanti testi ritenuti indagabili nel processo “Angeli e Demoni”, sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza. La teste ha, di fatto, ammesso che l’Ausl non era in grado di far fronte, col solo personale interno, alle esigenze dei minori per quanto riguarda la psicoterapia. Tant’è che nel 2014, a fronte del caso zero - la ragazzina fatta prostituire dalla madre - fu la stessa neuropsichiatra a contattare “Il faro” di Bologna - centro multiprofessionale per la cura del maltrattamento e dell’abuso all’infanzia e all’adolescenza - che però non era in grado di fornire una psicoterapia di secondo livello. Ecco il motivo che ha spinto l’Ausl ed il Servizio sociale di Bibbiano a cercare l’aiuto della onlus Hansel e Gretel, che Gildoni già conosceva come centro specializzato per casi di maltrattamento, abuso e violenza assistita: già nei primi anni 2000, ha spiegato, c’erano stati dei contatti tra Ausl e lo psicoterapeuta Claudio Foti in tavoli di confronto sul tema del maltrattamento e dell’abuso.
L’Ausl fece un bando di gara, poi vinto da Hansel e Gretel, per la formazione di psicologi, assistenti sociali, ospedali, scuole e tutti gli attori pubblici deputati ad affrontare la parte emotiva dell’abuso, per consentire agli operatori di munirsi degli strumenti per l’ascolto e non evitare di confrontarsi con situazioni che mostravano sintomatologie di abuso e maltrattamento; corso che durò un anno.
E parlando delle presunte pressioni da parte degli assistenti sociali per - stando alla tesi dell’accusa - falsificare le relazioni e passare ad un livello superiore di terapia, Gildoni ha escluso che fossero state chieste falsificazioni, precisando che ciò che veniva chiesto erano valutazioni del caso visto dal punto di vista del Servizio sociale e non solo dal punto di vista del clinico. Secondo gli operatori, infatti, alcuni casi erano da ritenere più gravi di quanto valutato dal solo punto di vista clinico. Tuttavia, ha precisato Gildoni, gli psicologi si sono sempre rifiutati di modificare le proprie determinazioni, firmando solo ciò che ritenevano corretto. Il che vuol dire che tutti i casi seguiti da Hansel e Gretel erano stati “vistati” dagli psicologi, che avevano ritenuto necessaria una psicoterapia di secondo livello.
Per tali minori, dunque, l’Ausl compartecipava al 50 per cento della spesa della psicoterapia privata. Gildoni ha anche confermato che nell’ambito della quota affido poteva essere legittimamente inserito il pagamento della psicoterapia privata, così come qualsiasi altra spesa necessaria per il minore. Il che escluderebbe, ancora una volta, la tesi dell’escamotage per nascondere il pagamento delle sedute, così come aveva già spiegato la responsabile dell’ufficio piano Nadia Campani in precedenza, che aveva chiarito anche la normativa a sostegno della legittimità di questo metodo. Ma non solo: nel 2018 l’Ausl ha pagato 135 euro a seduta un intervento di psicoterapia per un minore in carico ad una casa famiglia di Reggio Emilia, riconoscendo, dunque, come legittima la stessa tariffa pagata dall’Unione a Nadia Bolognini (difesa da Luca Bauccio e Francesca Guazzi). Stando al capo d’imputazione, tale tariffa sarebbe da considerarsi eccessiva ( sebbene rientri nei parametri previsti dal ministero, rimanendo anche al di sotto del limite massimo previsto), mentre nel caso dell’Ausl è stata ritenuta legittima.
La difesa di Federica Anghinolfi, ex responsabile del Servizio sociale, rappresentata dagli avvocati Rossella Ognibene e Oliviero Mazza, ha prodotto, nel corso dell’udienza, un comunicato stampa congiunto del direttore generale dell’Ausl di Reggio Emilia, Fausto Nicolini ( che verrà sentito il 27 maggio), e del sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, scritto per inaugurare il centro “La Cura”, dove venivano svolte le psicoterapie. Un documento che ha colto di sorpresa la teste Gildoni, secondo cui si sarebbe trattato di una formalità, dato che i giochi erano ormai fatti. In realtà, dal tenore del comunicato stampa emerge una condivisione, da parte dell’Ausl, del progetto sperimentale “La Cura”. Il tema di fondo era l’assenza di psicologi Ausl formati in maniera specialistica. Nella nota veniva evidenziato come La Cura fosse stata realizzata dall’Unione «in collaborazione con Ausl di Reggio Emilia e l’Associazione Casina dei Bimbi» ; un progetto «sperimentale» che l’Unione e l’Ausl «stanno costruendo da 2 anni». Uno spazio, scrivevano ancora Carletti e Nicolini, «dove il bambino può trovare una risposta specialistica», ma anche un luogo di formazione. «La sperimentazione - continuava la nota - si propone infatti di sviluppare una rete di soggetti eterogenei, dalle istituzioni al privato sociale, tutti motivati dal comune obiettivo di contribuire alla protezione e alla cura dei bambini con il fine di realizzare in modo integrato e condiviso percorsi di formazione, interventi di cura, assistenza e sostegno e di valutarne gli esiti».
In aula, mercoledì, è stata sentita anche Vanna Iori, parlamentare Pd, che a domanda della pm ha negato di aver proposto ad Anghinolfi di essere audita dalla Commissione bilaterale infanzia. La difesa ha però depositato una chat tra Iori e Anghinolfi nella quale la parlamentare manifestava vivo apprezzamento nei confronti della responsabile del Servizio sociale, dopo averla vista in azione in un convegno al quale aveva partecipato a maggio 2016. Così l’aveva invitata a Roma per parlare della sua esperienza. «Ti ho molto apprezzata per come hai condotto la regia scriveva Iori nel suo messaggio -. Ti contatterò presto per chiederti di venire in audizione in commissione bicamerale infanzia. Ti andrebbe? Io credo che una esperienza come la tua e la vostra sarebbe molto utile da far conoscere in quel contesto. Se mi dai l’ok faccio la domanda in commissione». Una chat che Iori aveva cancellato dal cellulare e, dunque, rimosso anche dalla memoria.
Nel corso dell’audizione in Commissione, Iori aveva poi ringraziato calorosamente l’Unione per il materiale consegnato in quella sede. «Volevo solo ringraziare e dire che il motivo per cui ho proposto questa audizione è che per la prima volta abbiamo non solo la denuncia di un fenomeno, ma anche un tentativo di risposta - aveva dichiarato, stando al resoconto stenografico di quella audizione -. Tengo a sottolinearlo, perché di auditi che ci hanno sottoposto problemi ne abbiamo avuti altri; di risposte vere, concrete, che hanno dato dei risultati non ne abbiamo avute, quindi grazie davvero».
Altro teste indagabile convocato mercoledì la psicologa dell’Ausl Anna Ferrari, che si è però avvalsa della facoltà di non rispondere. Un teste che sarebbe stato importante, per l’accusa, dal momento che si tratta di colei che ha scritto le relazioni ora sotto la lente del Tribunale insieme agli assistenti sociali Monopoli e Sara Gibertini, attualmente imputati.