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Le famiglie chiedono verità e giustizia per i bambini di Bibbiano
L’Ausl di Reggio Emilia aveva partecipato con un suo dipendente alle riunioni del gruppo di lavoro sulla attività del progetto “La Cura”, il centro di Bibbiano destinato all’accoglienza e alla cura dei minori vittime di violenza fisiche e psicologiche. Ed era stata l’Unione dei Comuni a chiedere finanziamenti per il progetto ad una Fondazione bancaria locale, inserendo tra le spese anche quelle relative alla psicoterapia. Questo è emerso nell’udienza di ieri del processo sui presunti affidi illeciti in Val d’Enza.
La prima a parlare è stata Cinzia Salemi, segretaria del centro studi Hansel e Gretel dello psicoterapeuta Claudio Foti (assolto definitivamente in abbreviato) fin dal 2009. La teste ha chiarito che la onlus non trattava solo casi di maltrattamento e di abuso, ma effettuava anche consulenze e formazione in materia di immigrazione, settore degli anziani, servizi scolastici. Insomma, un’azione a 360 gradi, garantita da un numero importante di collaboratori. Ma non solo: l’onlus faceva anche attività nelle carceri per il recupero dei sex offenders.
La pm Valentina Salvi ha chiesto alla teste di parlare del progetto di una nuova comunità integrata (che forniva accoglienza e psicoterapia) da realizzare in provincia di Reggio Emilia. Si trattava, ha spiegato Salemi, di un vecchio progetto di Foti, pensato ben prima di avere contatti con la Val d’Enza, di cui aveva sentito parlare sin dal suo ingresso nella onlus. La comunità, alla fine, non è mai stata realizzata. Foti aveva però avuto contatti con una cooperativa che gestiva altre comunità in provincia di Parma e che era pronta ad investire anche in quella proposta dallo psicoterapeuta, che avrebbe potuto essere realizzata ovunque fosse disponibile un posto e non, dunque, necessariamente a Bibbiano o in Val d’Enza.
La bozza di accordo economico, che prevedeva 3mila euro al mese per Foti, in qualità di direttore scientifico, e 250 euro al giorno per la comunità per la accoglienza del minore, era, dunque, soltanto un discorso preliminare, mai concretizzato. Dal canto suo, ha chiarito la teste, «Carletti era ben disposto e sensibile al tema», un sindaco, dunque, interessato al tema della tutela dei minori ma rimasto fuori dalle trattative di Foti con la cooperativa, che avrebbe utilizzato fondi privati - e non pubblici - in caso di concretizzazione del progetto. La teste ha però escluso che Foti cercasse coperture o appoggi politici, «perché ha sempre cercato di essere persona autonoma e libera».
La responsabile del servizio sociale della Val d’Enza Federica Anghinolfi (difesa da Rossella Ognibene e Oliviero Mazza) e l’assistente sociale Francesco Monopoli (difeso da Nicola Canestrini e Giuseppe Sambataro) erano stati informati del progetto, ma non sono stati coinvolti. E Foti, dal canto suo, non ha mai parlato di un ruolo di Anghinolfi o Monopoli all’interno della comunità, contrariamente a quanto sostenuto nel capo d’imputazione. Il Servizio sociale, ha chiarito ancora Salemi, pubblicizzava i master di Hansel e Gretel in quanto tra i partecipanti al corso vi erano anche dipendenti dell’Unione, che, comunque, pagavano di tasca propria l’iscrizione al master.
A loro veniva riservato uno sconto, grazie al patrocinio gratuito che l’Unione dava a questi master. Un fatto provato anche da una chat nella quale Salemi chiariva che «loro (l’Unione, ndr) ci danno la sala e noi applichiamo lo sconto sull’iscrizione dei loro dipendenti». Nessun sperpero dei fondi pubblici, dunque. La pm ha chiesto a Salemi se ci fosse un contratto tra la onlus e il servizio sociale per la psicoterapia.
La teste inizialmente ha negato l’esistenza di un accordo ufficiale, salvo poi ricordarlo dopo la lettura di una intercettazione da parte dell’avvocato Ognibene, nella quale Salemi, al telefono con la psicoterapeuta Nadia Bolognini (difesa da Luca Bauccio e Francesca Guazzi), parlava della convenzione, risalente al 2016, con la “Casina dei Bimbi”, la Onlus che aveva stipulato con l’ente locale l’accordo multilaterale dal quale ha poi avuto origine il progetto “La Cura”.
Salemi era anche il soggetto incaricato a mandare al Servizio sociale un prospetto riepilogativo delle sedute fatte con i minori in carico ai Servizi. Sulla base di questo documento, l’Unione calcolava il rimborso. Per quanto riguarda le fatturazioni fatte a S. i. e. srl e non ad Hansel e Gretel, Salemi ha spiegato che era stato il commercialista Cappello, a settembre 2017, a consigliare di spostare le fatturazioni delle terapie sulla Srl. Salemi ha anche smentito la vicinanza tra Monopoli e Foti, che si sarebbe concretizzata con delle docenze affidate all’assistente sociale dalla Hansel e Gretel. Monopoli ha effettuato però una sola docenza a Livorno, nel 2017, per una decina di lezioni da 6- 8 ore, a 180 euro lordi a giornata, per la formazione degli operatori. L’assistente sociale era stato invitato in quanto «formato e competente». E così come Monopoli erano stati chiamati anche altri esperti per fare corsi di formazione relativi alle altre aree di interesse della onlus.
Nessun favoritismo, dunque, stando alle parole di Salemi. Nel corso dell’udienza di ieri è stata ascoltata anche Barbara Canei, istruttore direttivo amministrativo del servizio sociale integrato dell’Unione Comuni Val d’Enza, indagata e poi prosciolta nell’inchiesta “Angeli e Demoni'. La teste ha scelto di rispondere alle domande, spiegando, innanzitutto, che il Servizio era gravato da un carico di lavoro molto importante ma anche della presenza, in provincia di Reggio Emilia, di un pedofilo seriale brasiliano, vicenda rispetto alla quale Gabriela Gildoni, neuropsichiatra dell’Ausl, avrebbe rilasciato delle dichiarazioni ritenute «superficiali» rispetto alla gravità dei fatti. Canei ha dichiarato che ciascun assistente sociale inoltrava a lei il prospetto relativo al costo mensile che lo stesso intendeva riconoscere all’affidatario come rimborso e vi era, all’interno del singolo «frontespizio mensile», anche il costo delle sedute di psicoterapia. Costo che, come chiarito anche da altri testimoni, confluiva in modo regolare nella voce «contributo affido» e non occultato, come sostiene invece l’accusa. Ma non solo: le voci da indicare per il rimborso a ciascun affidatario passavano dall’avallo del responsabile dell’Unione, Yuri Menozzi, che doveva valutare, per conto suo, eventuali incongruenze e la copertura finanziaria per i pagamenti. Canei ha inoltre confermato che il progetto “La Cura” comprendeva anche il servizio di psicoterapia e non solo l’uso dei locali, come invece afferma il capo d’imputazione.
Nell'ambito del progetto vi era anche un gruppo di lavoro al quale prendeva parte l’Ausl, nella figura del dottor Alessandro Volta. Era stata proprio Canei a stilare il verbale del primo incontro del gruppo di lavoro, dando atto della presenza di tutti coloro che facevano parte del progetto, compresi “Casina dei bimbi”, “Sentire le voci” e il dottor Volta. La fase di coprogettazione, ha spiegato la teste, era poi supervisionata dall’ufficio Appalti. Inoltre, Il Consiglio dell’Unione della Val d’Enza – a fine luglio 2016 - aveva approvato una variazione del documento unico di programmazione, dando la linea direttrice per la realizzazione del progetto La Cura. Ed è stato lo stesso presidente dell’Unione, sulla base di questa variazione, a chiedere un finanziamento ad un’importante fondazione bancaria locale, la Manodori, alla quale si era rivolto per trovare fondi anche per la psicoterapia, come dimostra la richiesta. Un dato che contrasta con la tesi secondo cui l’attività di coprogettazione era stata pensata senza spese.