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L'ergastolo per Benno Neumair è ora definitivo: la Cassazione ha infatti confermato la condanna alla massima pena per il 33enne bolzanino per il duplice omicidio e l'occultamento dei cadaveri dei genitori Laura Perselli e Peter Neumair.
Il delitto avvenne il 4 gennaio del 2021, quando il giovane uccise i genitori per poi gettarli nel fiume Isarco. Neumair era stato condannato con lo stesso verdetto sia in primo grado, nel novembre 2022, che in appello nell'ottobre 2023. Le sentenze di merito avevano escluso il riconoscimento della seminfermità previa esclusione dell'aggravante della premeditazione per l'omicidio della madre.
«La Corte di Cassazione ha confermato pienamente la bontà dell'impianto motivazionale delle sentenze di merito», ha affermato all'Adnkronos l'avvocato Carlo Bertacchi, legale di parte civile che assiste Madè Neumair, sorella di Benno. L'avvocato ha comunicato la sentenza alla sua assistita che, commossa, si è detta sollevata per la fine del processo. Mentre solo con Il Dubbio ha voluto parlare Flavio Moccia che assiste Benno, insieme al collega Angelo Polo.
Essendo stata la vicenda molto attenzionata dalla stampa in chiave colpevolista abbiamo chiesto al legale se questo abbia potuto influire sui giudici di Piazza Cavour: «Per la Cassazione – ci ha risposto - è da escludere che possa aver inciso l’impatto mediatico della vicenda. Questo era un processo molto particolare e devo ammettere che la Cassazione ha dato tutto lo spazio che ha potuto al caso, tant'è vero che hanno fissato un'udienza ad hoc solo per il nostro assistito e questo è fondamentale perché di solito a Piazza Cavour un collegio fa anche decine di processi in un giorno».
Il problema, ci spiega sempre Moccia, «è che la Cassazione ha limiti di sindacabilità, gli ermellini devono valutare soltanto se la motivazione dei giudici di merito è stata congrua o meno e se ci sono delle forti illogicità o contraddittorietà emergenti dal testo motivazionale. Le statistiche ci dicono che l’accoglimento dei ricorsi in Cassazione è bassissimo, si aggira intorno al 3 per cento». Invece la difesa puntava «sia sulla questione del giudizio abbreviato, sia sulla questione di costituzionalità dell'aggravante dell'omicidio ai danni degli ascendenti. Inoltre a nostro giudizio la premeditazione non c’era assolutamente. Tuttavia il punto fondamentale è che non si possono non concedere le attenuanti generiche ad un imputato che presenta un “mosaico di disturbi della personalità” come stabilito da ben undici periti, del tribunale, dell’accusa, della difesa e delle parti civili».
Il legale sostiene che la «vera ingiustizia è proprio questa: sulla base dell'anamnesi e di tutta la storia clinica e reale vissuta da Benno, questo è quello che ci ha più colpito e devastato». Ora il ragazzo dovrà scontare un ergastolo, quando forse sarebbe stato meglio privarlo della libertà personale ma all’interno di una Rems, se fosse stata riconosciuta la incapacità di intendere e volere: «Questa è la questione più delicata: non possiamo adagiarci sulla presenza di strutture psicologiche all'interno delle carceri: ci sono pochi specialisti per migliaia di detenuti. Vengono trattati tutti alla stessa maniera sul piano psicologico, mentre un soggetto malato come Benno avrebbe bisogno di una terapia specifica».
Poi, ci dice sempre Moccia, «anche se non hanno riconosciuto la semi-infermità o l'incapacità parziale di intendere di volere, nelle decisioni dei giudici avrebbe dovuto incidere fortemente il fattore “malattia” nella determinazione della pena: ad un malato non si può comminare l’ergastolo, questo è un principio quasi di natura costituzionale».
Abbiamo raccolto anche il parere dello psichiatra di fama mondiale Pietro Pietrini, Ordinario presso la Scuola IMT Alti Studi Lucca, consulente della difesa insieme al professor Giuseppe Sartori e alla dottoressa Cristina Carpazza. « Abbiamo ritenuto che il disturbo di personalità presentato da Benno Neumair fosse di indubbia e comprovata gravità e pertanto assolutamente idoneo a integrare il concetto di vizio di mente secondo la Sentenza a sezioni Unite della Cassazione Raso 9163/2005. Secondo questa sentenza i disturbi di personalità rilevano per l’imputabilità solamente se sono gravi. Secondo la letteratura scientifica peer-reviewed un disturbo di personalità si definisce grave se nello stesso soggetto sono presenti più disturbi di personalità in comorbidità. A nostro giudizio questo criterio era perfettamente soddisfatto nel caso di Benno Neumair, i cui disturbi di personalità narcisistico e antisociale erano presenti in comorbidità».
Essi, secondo lo scienziato, «hanno innescato l’evento omicidiario. E non era necessaria la ricerca di “quid pluris” rispetto al disturbo di personalità, ovvero un fattore scatenante per portare al riconoscimento dell’incapacità di intendere. Un paziente del genere non ne ha bisogno per scompensarsi». In pratica senza la patologia il litigio con il padre non avrebbe portato alla tragica conseguenza. «Non c’è un ambito di vita di Benno – famiglia, rapporti amorosi, contesto lavorativo - dove abbia mostrato un funzionamento nella norma», ha aggiunto il professore.
Quindi il carcere non è la sede adatta per scontare la pena? «Se vogliamo pienamente attuare l’articolo 27 della Costituzione – conclude Pietrini - Benno deve essere curato. In inglese c’è la distinzione tra bad or mad, cattivi per scelta o perché malati. Non vi è dubbio che Benno è un mad, è un malato che come tale dovrebbe essere trattato. In una REMS una persona del genere viene curata come in ospedale e affronta un serio percorso di riabilitazione; dal carcere ad un certo punto esce e casomai ha visto uno psichiatra una volta ogni tre mesi. E che succede al rientro in società?».